La casa di cura giapponese in cui “lavorano” anche i bambini
Che interagiscono con quelli che potrebbero essere i loro nonni o bisnonni, rallegrando l'ambiente
A Kitakyushu, una città di quasi un milione di abitanti nella provincia di Fukuoka, nel sud del Giappone, esiste una residenza per anziani in cui assieme agli operatori sanitari “lavorano” anche bambini piccoli, molto piccoli. Ricompensati con pannolini e latte in polvere, servizi fotografici gratuiti e buoni che i loro genitori possono spendere in una caffetteria vicina, questi bambini fanno compagnia ai 120 anziani che vivono nella residenza, in un progetto che a detta di chi ne è coinvolto migliora l’ambiente e l’umore di tutti.
La residenza per anziani Ichoan viene visitata di tanto in tanto da 32 bambine e bambini di età compresa tra i due mesi e i 4 anni che passano il tempo con gli anziani, la maggior parte dei quali ha più di 80 anni. I bambini sono sempre accompagnati da un genitore (di solito la madre) o da un educatore e vengono incoraggiati a gattonare o andare in giro per la struttura per interagire con gli anziani, parlandoci, giocandoci e, se lo desiderano, abbracciandoli.
I bambini comunque possono presentarsi «quando vogliono», così come possono prendersi una pausa «se hanno fame, sonno oppure in base al loro umore», dice il contratto che regola il progetto, citato dal Japan Times.
Con quasi un terzo degli abitanti sopra i 65 anni, il Giappone è il paese con la popolazione più anziana del mondo, seguito dall’Italia. Dal 1975 la popolazione del paese è stata quasi sempre in calo costante a causa della diminuzione delle nascite e delle rigide limitazioni all’immigrazione, e negli ultimi anni la situazione non è cambiata molto. A mano a mano che la popolazione invecchia, le residenze per anziani si riempiono sempre di più: secondo i dati del governo giapponese, dal 2005 al 2020 il numero delle persone che vivono in queste strutture è più che raddoppiato, arrivando a 1,8 milioni (su una popolazione totale di circa 126 milioni di abitanti).
Con famiglie sempre meno numerose, il rischio è che le persone anziane vengano lasciate da sole o comunque si sentano isolate. La residenza Ichoan ha provato a trovare una soluzione proprio a questo problema, favorendo il contatto tra persone estranee e soprattutto mettendo insieme generazioni distanti.
Come ha detto Kyoko Nakano, che ha 85 anni e vive nella residenza da un anno, l’energia dei bambini «è diversa». Nella gran parte del suo tempo Nakano lavora a maglia e guarda la tv, ma dal momento che non vede i suoi nipoti molto spesso quando arrivano i bambini lascia da parte tutte le sue attività per passare un po’ di tempo con loro: «sono così carini, e poi rendono l’ambiente più gioioso».
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Alcuni studi citati dal New York Times hanno evidenziato che l’interazione sociale non contribuisce solo a limitare il problema della solitudine, ma anche a rallentare il declino delle funzioni cognitive; interagire con persone di generazioni diverse inoltre sprona gli anziani a parlare e a sorridere di più. Secondo queste ricerche, rapportarsi con persone di diverse generazioni è positivo anche per lo sviluppo dei bambini piccoli.
La direttrice della residenza, Kimie Gondo, ha detto di aver pensato di avviare il progetto dopo aver notato che gli anziani della struttura erano rimasti entusiasti della presenza della sua nipotina appena nata, che un giorno aveva portato con sé al lavoro. Oltre ai residenti sembrano essere contenti dell’esperienza anche i genitori, alcuni dei quali hanno spiegato di aver trovato un modo per far relazionare i loro figli in maniera sicura con altre persone durante la pandemia da coronavirus, con le dovute precauzioni.
La residenza di Kitakyushu non è la prima ad aver avviato un programma di questo tipo: a Seattle per esempio dal 1991 esiste la Providence Mount St. Vincent, una struttura per anziani che ospita nella propria sede numerose attività dedicate sia ai bambini di varie età che ai propri ospiti.
Come dimostra un annuncio di lavoro che è appeso su una parete della struttura, la residenza giapponese sta cercando altri bambini che possano unirsi al programma. Finora l’esperienza ha portato risultati eccellenti, ha detto Gondo: alcuni di loro «vanno così d’accordo con i nostri residenti che adesso sembrano quasi nonni e nipoti veri», ha concluso.
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