Cosa succede con il gasdotto Nord Stream 1
L'annuncio della chiusura da parte di Gazprom arriva dopo nuovi tentativi dei paesi europei di contenere l'aumento dei prezzi dell'energia
Il ritardo della riapertura di Nord Stream 1, annunciato da Gazprom nella serata di venerdì, non è stato casuale. La conferma della chiusura del principale collegamento per trasportare gas naturale dalla Russia all’Europa è arrivata al termine di una giornata in cui i paesi del G7 avevano trovato un accordo per mettere un limite al prezzo del petrolio russo (price cap) e in seguito alle parole della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, che aveva aperto alla possibilità di introdurre un tetto anche al prezzo del gas.
Da mesi Gazprom, e quindi la Russia, utilizzano il gas per fare pressione sui paesi dell’Unione Europea che in seguito all’invasione dell’Ucraina hanno imposto alla Russia pesanti sanzioni economiche.
Per la Russia, il gasdotto Nord Stream 1 si è rivelato uno strumento molto efficace per creare problemi ai paesi europei, che non possono fare a meno del gas russo fino a quando non saranno trovate altre fonti di approvvigionamento. Grazie alla possibilità di controllare direttamente le esportazioni, compreso il potere di interromperle improvvisamente, la Russia sfrutta la propria posizione di forza per ridurre i flussi, determinando un aumento dei prezzi che incide fortemente sulle attività economiche europee.
Lo fa quasi esclusivamente con quelli che esperti e commentatori giudicano pretesti. Mercoledì Gazprom aveva annunciato la decisione di interrompere le esportazioni dicendo che il gasdotto necessitava di nuove manutenzioni, ostacolate negli ultimi mesi a causa delle difficoltà economiche dovute, secondo la Russia, proprio alle sanzioni europee.
La ripresa parziale delle forniture era prevista per venerdì, con un flusso di gas pari al 20 per cento della portata massima del gasdotto, come avviene da luglio. Ma in serata Gazprom ha detto di avere un nuovo problema tecnico dovuto a una perdita scoperta durante le operazioni di manutenzione nella stazione di compressione di Portovaya, e stavolta non ha specificato quando verrà ripristinato il flusso. Siemens Energy, l’azienda che produce le turbine del gasdotto, ha detto che il guasto scoperto da Gazprom non giustifica il taglio delle forniture di gas.
Negli ultimi mesi ci sono state altre interruzioni: già a giugno infatti le forniture di gas dalla Russia erano state ridotte al 40 per cento della portata massima del gasdotto, poi bloccate per 10 giorni a causa di una manutenzione programmata, ripristinate e infine ridotte al 20 per cento: in quell’occasione le autorità europee avevano temuto un taglio definitivo.
L’annuncio di nuove manutenzioni era arrivato a metà agosto, nei giorni in cui i governi europei si erano rimessi al lavoro per trovare soluzioni per ridurre il prezzo del gas e dell’energia elettrica, arrivati ormai a livelli esorbitanti causando enormi disagi per privati e aziende. Questi riposizionamenti, dopo due mesi in cui non c’erano state grosse novità sul tema dell’energia, sono culminati con alcune dichiarazioni della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. Lunedì 29 agosto Von der Leyen ha annunciato come imminenti sia «interventi di emergenza» da parte dell’Unione sia «una riforma strutturale del mercato europeo dell’energia».
Un primo intervento è stato confermato venerdì quando i ministri delle Finanze dei paesi del G7, cioè l’organo informale che riunisce sette delle democrazie più industrializzate al mondo, hanno trovato un accordo per mettere un limite al prezzo del petrolio russo.
Nel comunicato con cui i paesi hanno annunciato l’accordo, c’è scritto che si vuole «introdurre un divieto completo dei servizi che consentono il trasporto marittimo di petrolio greggio e prodotti petroliferi di origine russa a livello globale», a meno che il greggio e i prodotti raffinati non siano acquistati a un prezzo pari o inferiore al price cap deciso dai paesi stessi. Il valore fissato non è stato ancora comunicato, ma i ministri del G7 hanno fatto sapere che sarà più alto dei costi di produzione, per garantire comunque un margine di guadagno alla Russia.
Sempre venerdì Ursula von der Leyen ha confermato l’intenzione di imporre un tetto europeo anche al prezzo del gas. «Credo fermamente che sia l’ora di mettere un limite al prezzo del gas russo», ha detto la presidente della Commissione.
È una proposta che circola da mesi e che è stata promossa in ambito europeo soprattutto dal presidente del Consiglio uscente, Mario Draghi. Prevede sostanzialmente di stabilire una cifra massima, più bassa dei prezzi attuali, che possa fare risparmiare i paesi europei ma che rimanga comunque conveniente per la Russia.
Finora la proposta non è mai stata considerata sul serio per via di alcune difficoltà tecniche su come applicarla concretamente, e per i timori di alcuni paesi, su tutti la Germania, che la Russia per ritorsione possa interrompere del tutto o quasi la fornitura di gas, causando enormi problemi all’economia europea e in particolare tedesca. Il governo della Repubblica Ceca, che detiene la presidenza temporanea del Consiglio dell’Unione Europea, cioè l’organo in cui siedono i rappresentanti dei 27 governi dell’Unione, ha convocato per venerdì 9 settembre una riunione di emergenza dei ministri dell’Energia in cui probabilmente verrà discussa la proposta del limite al prezzo del gas.
La seconda proposta di cui si discuterà, che a diversi commentatori sembra più semplice da attuare, prevede di superare il legame fra prezzo dell’elettricità e prezzo del gas attualmente in vigore nel mercato dell’energia europeo, comune e liberalizzato fra 1998 e 2000. Attualmente le norme europee prevedono un sistema noto come pay-as-clear: quando la domanda raggiunge una certa soglia, l’elettricità viene venduta al prezzo dell’ultimo scambio effettuato sul mercato.
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Nel frattempo molti paesi europei, tra cui l’Italia, sono al lavoro per riempire i depositi nazionali di gas in vista della stagione fredda, un altro fattore che contribuisce agli aumenti dei prezzi. Nel complesso, l’Unione Europea ha una capacità di stoccaggio del gas pari a circa 100 miliardi di metri cubi, ma ne consuma annualmente almeno 400 miliardi all’anno. La quota restante di gas è ottenuta soprattutto dalle forniture in tempo reale dai gasdotti, non solo russi, e per questo vari paesi come l’Italia hanno cercato nei mesi scorsi di rinegoziare gli accordi con i paesi esportatori per ottenere maggiori forniture.
Sarà molto importante capire cosa succederà ai prezzi in seguito al ritardo della riapertura di Nord Stream 1: venerdì la quotazione del gas al mercato di Amsterdam aveva chiuso a 212 euro per megawattora, in calo rispetto all’andamento degli ultimi giorni. Le conseguenze della chiusura del gasdotto, però, saranno visibili soltanto alla riapertura del Title Transfer Facility (TTF), il principale mercato per gli scambi di gas.
Maggiore domanda e incertezze nelle forniture si traducono in costi più alti, con molte aziende europee che subiscono l’alta volatilità dei prezzi e con le persone che devono fare i conti con bollette molto più care di un tempo. I governi hanno finora risposto con aiuti e compensazioni e sono al lavoro per elaborare piani di risparmio di gas per la stagione fredda, provando a ridurre i consumi.
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