La storia di Wanna Marchi e delle sue televendite
Oggi compie 80 anni e dal 21 settembre su Netflix una docu-serie racconterà il suo successo, le truffe e le pesanti vicende giudiziarie
Il 21 settembre uscirà su Netflix Wanna, una docu-serie in quattro puntate che racconterà la storia di Wanna Marchi, personaggio televisivo italiano molto celebre e discusso negli anni Ottanta e Novanta: una delle prime televenditrici delle tv private italiane. Wanna Marchi, che il 2 settembre compie 80 anni, aveva uno stile esuberante: certe sue frasi e modi di dire divennero oggetto di parodie e si trasformarono in quelli che vengono comunemente definiti «tormentoni».
Per lei i giornali inventarono la definizione “teleimbonitrice”. Vendeva quelli che definiva prodotti dimagranti ma anche, in un secondo tempo, prodotti esoterici, numeri fortunati da giocare al lotto e riti magici per scacciare il malocchio. Finì, con la figlia Stefania Nobile, in seri guai giudiziari e poi in carcere. Ha detto, in un’intervista alla Stampa: «Non abbiamo mai detto di essere innocenti. La mela l’avevamo rubata ma siamo state processate anche per aver ammazzato il contadino. Secondo la mia valutazione, rischiavamo due anni di reclusione». E poi: «La galera ci ha insegnato tanto, rifaremmo tutto nel bene e nel male».
Wanna Marchi, che all’anagrafe si chiama Vanna, è di Castel Guelfo di Bologna. Iniziò, alla fine degli anni Cinquanta, a lavorare come estetista. Si sposò nel 1960 con Raimondo Nobile, benestante e più grande di lei, con cui ebbe due figli, Maurizio e Stefania. Con l’aiuto economico del marito aprì un centro estetico a Bologna che ebbe un discreto successo per tutti gli anni Sessanta e Settanta.
Nel 1978 Marchi, che nel frattempo si era separata dal marito, iniziò a commercializzare una serie di prodotti estetici che aveva ideato personalmente pubblicizzandoli su TV private dell’Emilia Romagna. Si accordò poi con Alcide Golinelli, ideatore della trasmissione Gran Bazar che fu la prima in Italia interamente dedicata alle televendite. Golinelli raccontò che a dargli l’idea era stato un attore comico e conduttore televisivo, Raffaele Pisu: «Mi raccontò di essere appena tornato dall’America, dove aveva assistito ad una televendita e aveva ordinato una cravatta, recapitata in un’ora, in una grande città. Era il 1974, rimasi affascinato da quel racconto e tempo dopo con lui iniziai le televendite».
Gran Bazar andava in onda su Telecentro, TV privata bolognese, e su altre emittenti dell’Emilia Romagna. Inizialmente a essere venduti furono soprattutto materassi, poi iniziò la promozione anche di altri prodotti. La formula delle televendite si espanse così tanto che la bassa modenese venne chiamata all’inizio degli anni Ottanta, televendite valley, con moltissime aziende in cui lavoravano centinaia di persone. Golinelli si vantò di aver venduto 4 milioni di vibromassaggiatori.
All’interno di Gran Bazar, e poi di altre trasmissioni, Wanna Marchi ebbe un successo clamoroso: urlava, si agitava, dichiarava «guerra al lardo» e diceva «signore grasse, io non ho niente contro di voi, io non vi voglio male, io vi voglio svegliare». Naturalmente proponeva come soluzione i suoi prodotti per dimagrire che definiva «miracolosi». Il suo “Scioglipancia” veniva proposto a 100mila lire per tre confezioni. In quel periodo Wanna Marchi vendeva 300 milioni di lire di prodotti al giorno. Erano prodotti essenzialmente a base di tarassaco e di alghe. Sempre nell’intervista alla Stampa Wanna Marchi e la figlia Stefania Nobile dicono che loro a quei prodotti credevano davvero: «Certo che ci credevamo. Non si vendono prodotti per 300 milioni di lire al giorno se non sono di qualità».
Divenne così famosa che le venne proposta una trasmissione tutta sua, il Wanna Marchi show, in onda su ReteA. Concludeva le sue frasi, agitate e urlate, con la domanda «d’accordo?». Incise anche un disco, dal titolo D’accordo?!, insieme a un gruppo chiamato The Pommodores. Era così celebre che venne chiamata nel 1990 dal trio Marchesini Lopez Solenghi nella parodia dei Promessi Sposi che andava in onda su Rai 1. Nella parodia Marchi vendeva un rimedio contro la peste.
Nel 1990 fu accusata di bancarotta fraudolenta per il fallimento della sua società, la Wanna Marchi: venne condannata a un anno e un mese di reclusione. Non rimase però ferma a lungo. Negli anni Ottanta aveva conosciuto Attilio Capra De Carré, molto ricco e con molte conoscenze, iscritto tra l’altro alla loggia segreta P2. Fu lui a introdurre nuovamente Wanna Marchi in alcune televisioni locali dove, questa volta accompagnata dalla figlia, ricominciò, con successo, a vendere i suoi prodotti.
L’idea di affiancare ai prodotti per dimagrire quelli per scacciare il malocchio e attrarre la fortuna venne quando a casa di De Carré, a Milano, Marchi e sua figlia conobbero Mario Pacheco do Nascimento, brasiliano, che in quella casa faceva il cuoco. Lo presentarono in televisione come il “Maestro di vita” do Nascimento, descrivendolo come un santone, esperto di arti magiche. Raccontavano che era stata Stefania Nobile a conoscerlo, durante un viaggio in Brasile: dopo una cena il “Maestro di vita” le avrebbe infilato sotto la porta una lettera in cui aveva descritto cosa le sarebbe successo nei due anni successivi. Naturalmente do Nascimento aveva indovinato tutto.
L’idea ebbe grande successo, fu creata una nuova società, la Asciè, le trasmissioni si trasformarono: da semplici televendite a veri spettacoli. Lo schema messo in scena era sempre lo stesso. La trasmissione iniziava con Wanna Marchi e la figlia che raccontavano le disavventure di qualche conoscente, parente, protagonista di fatti di cronaca, incappato in qualcosa di spiacevole. E quindi, nel linguaggio della Marchi, persone «sfigate» ma anche «inette», «stupide», «sprovvedute». A quel punto entrava in scena do Nascimento che forniva numeri fortunati personalizzati per giocare al lotto, formule magiche per attirare la fortuna, ma anche talismani da tenere sotto il cuscino, sacchetti contenenti prodotti misteriosi da avere sempre con sé.
Tutto questo mentre in trasmissione telefonavano “testimonial” entusiasti che raccontavano di aver vinto, grazie al mago, moltissimi soldi alla lotteria, di aver incontrato l’amore della vita, di essere finalmente felici.
Durante la trasmissione andava spesso in scena un’altra gag, con do Nascimento che diceva di non voler essere pagato perché per lui l’importante era fare del bene agli altri, e le due donne che fingevano di scandalizzarsi sostenendo che invece la sua arte dovesse essere ricompensata. Per ricevere i numeri fortunati del “Maestro di vita” bisognava comunque inviare almeno 100mila lire per le spese postali. Intanto, parallelamente, continuavano anche le vendite di prodotti dimagranti.
Il successo anche economico fu consistente. I prodotti per la fortuna si vendevano meglio di quelli dimagranti.
Andò tutto avanti fino al 2001 quando una donna, Fosca Marcon, fu contattata dalla Asciè. Anni prima aveva comprato prodotti dimagranti da Wanna Marchi e per questo la società aveva il suo numero di telefono. Fu contattata da un individuo che le disse che il maestro do Nascimento aveva sognato, proprio per lei, dei numeri fortunati da giocare al lotto. Per averli, Fosca Marcon avrebbe dovuto pagare 300mila lire.
La donna rifiutò l’offerta ma contattò subito il programma televisivo Striscia la Notizia. Il programma di Canale 5 decise quindi di organizzare una sorta di trappola: la signora Marcon ricontattò la Asciè dicendo di aver cambiato idea e comprò per 300mila lire i numeri fortunati. Assieme ai numeri arrivò una busta di sale che secondo le istruzioni doveva essere messo in un bicchiere d’acqua e posizionato in un posto buio. La donna quindi giocò i numeri per un certo numero di volte senza vincere nulla. Quindi richiamò la Asciè, questa volta ripresa dalle telecamere di Striscia la Notizia.
La persona al telefono le disse di andare a controllare il bicchiere d’acqua e di appurare se il sale si fosse sciolto. Il sale non si era sciolto del tutto perché l’acqua di un bicchiere può scioglierne solo una quantità limitata prima di diventare satura. Questa era però la prova, secondo l’impiegata della Asciè, che la signora era stata colpita dal malocchio. Fosca Marcon era quindi, secondo quanto disse l’impiegata, in grave pericolo ma con 4 milioni di lire avrebbe potuto ottenere il rituale magico del maestro do Nascimento per salvarsi. La donna finse ancora una volta di accettare l’offerta ma quando arrivò il pacco con il rituale magico lo rifiutò e telefonò alla Asciè dicendo di averci ripensato.
L’impiegata a quel punto passò il telefono a Stefania Nobile che minacciò la donna dicendole che non avrebbe mai più dormito in vita sua.
Il servizio di Striscia la Notizia andò in onda, e per molte settimane la trasmissione insistette sulla vicenda a cui si interessarono anche altri programmi e giornali. La Guardia di Finanza iniziò a indagare, la procura di Milano scoprì che i rametti di erba “magici” inviati alle persone “colpite da malocchio” erano semplicemente edera presa da una pianta che si trovava nel cortile dov’era la sede della Asciè.
Wanna Marchi, la figlia Stefania Nobile e altre cinque persone legate alla società furono arrestate il 24 gennaio 2002 (i rapporti con Capra De Carrè si erano interrotti da tempo). L’operazione della Guardia di Finanza fu chiamata in codice “Tapiro salato”: un riferimento al tapiro d’oro che viene consegnato ironicamente come premio da Striscia la Notizia. Do Nascimento scappò in Brasile, la Guardia di Finanza intercettò e sequestrò al porto di Genova un container con i suoi mobili ed effetti personali in partenza: c’erano anche 200 chili di carta igienica.
Marchi e Nobile rifiutarono il patteggiamento e il processo con rito abbreviato, e chiesero che il processo venisse svolto davanti alle telecamere. Striscia la Notizia lo seguì e mandò in onda ampi resoconti con ottimi ascolti. Furono 132 le persone che sporsero denuncia contro Wanna Marchi, la figlia e le altre persone coinvolte nella società. Secondo la Guardia di Finanza le truffe avevano fruttato negli anni oltre 60 miliardi di lire.
Le due furono condannate a dieci anni di carcere per associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata. Dovettero risarcire una sessantina di persone che si erano presentate come parti civili, cioè persone danneggiate che chiedevano un risarcimento. Dopo la condanna e in attesa del processo d’appello, Wanna Marchi aprì un centro estetico a Carpi, in provincia di Modena. Nel marzo 2008 il processo d’appello ridusse la pena a nove anni e sei mesi per Wanna Marchi e nove anni e quattro mesi per Stefania Nobile. Do Nascimento era stato condannato nel 2003 a quattro anni con rito abbreviato.
La Corte di Cassazione confermò le condanne nel 2009. Dice oggi Wanna Marchi: «Colpendo Wanna Marchi che fatturava miliardi di miliardi hanno creato un effetto domino e distrutto una metodologia di vendita». E Nobile aggiunge: «Il resto del sistema televisivo ha preso possesso delle piccole emittenti che vivevano di televendite. Il 21 novembre del 2001 ci fu il primo servizio di Striscia, il 24 gennaio del 2002 ci hanno arrestate, e il fatto che si fosse mossa Striscia la Notizia non è casuale». E comunque, secondo Stefania Nobile, «Sgarbi ha detto la verità più grande, che in Italia un ignorante deve pagare. Ma sei cretino tu a credere che il sale tolga il malocchio».
Dal 2015, tornate in libertà, Wanna Marchi e la figlia sono comparse spesso in televisione, soprattutto come ospiti di varie trasmissioni. Nel 2017 fu annunciata la loro partecipazione all’Isola dei famosi, programma delle reti Mediaset. Ci furono molte polemiche e le due furono escluse prima dell’inizio della trasmissione. Disse allora Wanna Marchi: «Ci hanno pagato per restare a casa». Nello stesso anno erano state contattate da un istituto di Bari dove avrebbero dovuto tenere un corso di formazione per aspiranti venditori ma anche la scuola, dopo le polemiche, decise di annullare l’accordo.
Nel 2006 Mario Pacheco do Nascimento fu trovato in Brasile, a Salvador de Bahia, dalla trasmissione Striscia la notizia. Si disse dispiaciuto e assicurò che sarebbe tornato in Italia per scontare la sua pena. Nel 2006, grazie all’indulto, la pena fu ridotta a un anno. Non è mai tornato in Italia.