Il M5S si sta buttando a sinistra?
Dall'inizio della campagna elettorale sta insistendo molto su temi cari all'elettorato progressista
Negli ultimi giorni di campagna elettorale, il Movimento 5 Stelle sembra aver scelto una precisa strategia per cercare di riguadagnare almeno in parte i moltissimi voti che ha perso da quando vinse le elezioni politiche nel 2018. Nonostante il partito non faccia parte di alcuna coalizione, il suo leader Giuseppe Conte e i candidati più visibili stanno insistendo molto su temi cari all’elettorato di sinistra, a cui stanno chiedendo i voti in maniera piuttosto esplicita.
«Siamo in condizione di dire ad un elettorato genuino di sinistra: guardate che i temi della transizione ecologica, della legalità, dell’etica pubblica, dell’antimafia e della giustizia sociale sono nel nostro DNA», ha detto Conte a Repubblica giovedì.
Fin dalla sua nascita, nel 2009, il Movimento 5 Stelle rivendica di non appartenere né alla destra né alla sinistra. Nell’ultima legislatura ha governato con quasi tutti i partiti presenti in parlamento: prima in un governo con la Lega, poi in un governo col Partito Democratico – entrambi guidati da Conte – e infine nel governo di unità nazionale guidato da Mario Draghi.
A luglio però con la scissione interna voluta dall’ex capo politico Luigi Di Maio, che ha fondato il partito centrista Impegno Civico, il M5S ha perso buona parte della sua ala moderata. Secondo gli esperti di sondaggi, negli anni scorsi aveva già perso quasi tutto il suo elettorato di destra, i cui voti sono andati alla Lega e a Fratelli d’Italia. Oggi l’elettorato del M5S «è prevalentemente di centrosinistra e sinistra», ha detto al Corriere della Sera Nando Pagnoncelli, amministratore delegato dell’istituto di sondaggi IPSOS.
Sembra che Conte si stia regolando di conseguenza: dall’inizio della campagna elettorale insiste molto su temi cari a un elettorato progressista e di sinistra, promettendo un rafforzamento del reddito di cittadinanza, una legge sul salario minimo e varie riforme sui diritti civili, fra cui lo ius scholae e il matrimonio fra persone dello stesso sesso.
È una strategia che si intuisce anche dai contatti e dagli eventi pubblici a cui Conte sta partecipando. Martedì ha fatto l’intervento di chiusura dello storico festival di sinistra Fornaci Rosse, a Vicenza, domenica presenterà il libro di Stefano Fassina, economista e deputato molto di sinistra, insieme a Loredana De Petris, capogruppo uscente del gruppo di sinistra Liberi e Uguali al Senato. Conte inoltre ha contatti frequenti con l’ex segretario del PD Pier Luigi Bersani – secondo il Foglio si dice sicuro che voterà per il M5S – e con l’influente dirigente del PD Goffredo Bettini.
Secondo un retroscena pubblicato venerdì sul Foglio, inoltre, Bettini starebbe lavorando a una nuova coalizione di sinistra da mettere insieme dopo le elezioni, soprattutto se il PD dovesse spostarsi al centro: «una grande cosa rossa che unisca la sinistra dem [cioè l’ala sinistra del Partito Democratico], la vecchia “ditta” [cioè quelli di Articolo 1], i Verdi e, appunto, Conte», scrive il Foglio.
Rimane poco chiaro quanto spazio ci sia a sinistra in questo momento, per il Movimento 5 Stelle. La coalizione di centrosinistra comprende già due partiti di sinistra come Sinistra Italiana e Verdi, che dispongono di un discreto zoccolo duro di elettori e militanti. A sinistra del centrosinistra c’è Unione Popolare, guidata dall’ex sindaco di Napoli Luigi De Magistris e composta soprattutto da altri partiti piuttosto radicati come Potere al Popolo e Rifondazione Comunista.
Non è chiarissimo nemmeno quanto credito abbia Conte nell’elettorato progressista: infatti rimane il presidente del Consiglio che ha governato con la Lega promuovendo i cosiddetti “decreti sicurezza”, mai davvero rinnegati, e mantenendo una posizione discretamente filorussa dall’inizio della guerra in Ucraina. Secondo un recente sondaggio dell’istituto SWG, il suo nome non compare fra i politici che l’elettorato di centrosinistra preferirebbe alla guida del nuovo governo.
Fonti interne al PD hanno detto a Domani che secondo loro «al maquillage last minute di chi ha sempre rifiutato la classificazione destra/sinistra crede non l’elettorato di sinistra, ma una parte della base storica grillina». Ritengono, insomma, che l’elettorato progressista non si farà attrarre da uno spostamento a sinistra così recente.