San Marino ha depenalizzato l’aborto
Dopo il referendum che si era tenuto lo scorso settembre: era uno dei pochissimi stati in Europa in cui era ancora reato abortire
Mercoledì sera il parlamento di San Marino ha approvato una legge per depenalizzare l’aborto: era uno dei pochissimi stati in Europa in cui l’interruzione volontaria di gravidanza era ancora reato e tutti i tentativi di depenalizzarla erano finora falliti (gli altri stati europei dove abortire è illegale o comunque fortemente limitato sono Città del Vaticano, Malta, Andorra, Liechtenstein e Polonia).
Alla legge si è arrivati dopo un referendum che si era tenuto lo scorso settembre e che era stato voluto e promosso dai movimenti femministi, come l’Unione Donne Sammarinesi. Il referendum si era tenuto dopo 18 anni di tentativi di depenalizzare l’interruzione volontaria di gravidanza: con una maggioranza larghissima (77,3 per cento) e un’affluenza del 41 per cento, gli abitanti di San Marino avevano espresso un voto favorevole alla depenalizzazione, costringendo quindi il parlamento a modificare il codice penale e a disciplinarla con una legge.
Non solo: il quesito referendario era di tipo propositivo o di indirizzo, vale a dire che il suo obiettivo era determinare principi e criteri direttivi a cui il parlamento avrebbe dovuto attenersi per formulare una legge che regolamentasse l’aborto.
La legge è stata approvata con 32 voti a favore, 7 contrari e 10 astenuti e prevede proprio questo: ora sarà possibile abortire «senza obbligo di fornire alcuna motivazione» entro la dodicesima settimana di gestazione. Si potrà interrompere la gravidanza anche dopo, in caso di pericolo per la vita o grave rischio di salute della donna, anomalie del feto, stupro o incesto.
Prima dell’approvazione di questa legge, a San Marino gli articoli 153 e 154 del codice penale prevedevano il carcere da sei mesi a tre anni per la donna che abortiva, e pene fino a sei anni per chi l’aiutava o eseguiva materialmente l’aborto.
La legge prevede l’istituzione di consultori in cui le minorenni potranno accedere alla contraccezione di emergenza senza l’autorizzazione dei genitori o la ricetta, l’inserimento di programmi di educazione sessuale nelle scuole, il divieto di effettuare interventi di interruzione volontaria di gravidanza in libera professione per il personale che scelga l’obiezione di coscienza, la perseguibilità di professionisti che forniscano informazioni false al fine di dissuadere la donna dal richiedere l’interruzione di gravidanza.
La legge impone anche la tutela della «dignità della donna da qualsiasi giudizio morale o pressione psicologica in relazione alla scelta personale o all’intenzionalità della stessa di fare ricorso alle procedure o agli interventi previsti» dalla legge.
Il testo definitivo sarà disponibile a breve. Karen Pruccoli, presidente dell’Unione Donne Sammarinesi, spiega al Post che rispetto all’ultima versione diffusa, quella approvata lo scorso 27 luglio dalla Commissione che, tra le altre cose, si occupa di sanità, sono state fatte modifiche minime, ma importanti: «È stato rimosso per esempio l’enunciato che all’articolo 1 affermava la tutela della vita umana “dal suo inizio” così come quello che definiva il ricorso all’interruzione di gravidanza una scelta da considerarsi extrema ratio: due enunciati: in contrapposizione con la tutela della libertà di autodeterminazione della donna».
La legge prevede inoltre misure per limitare gli effetti di eventuali obiezioni di coscienza sulla donna che scelga di abortire, con un obbligo per l’Istituto per la Sicurezza Sociale, quello che garantisce il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza, di «attivare appositi contratti a convenzione con professionisti non obiettori» in caso di impossibilità a ricorrere all’aborto in una struttura in cui è previsto.
Concretamente sarà possibile usufruire della legge già dalla sua entrata in vigore, prevista il quinto giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
– Leggi anche: I limiti della legge 194 sull’aborto