L’Europa comincia a pensare a una politica comune sul gas
Dopo varie resistenze nei prossimi giorni discuterà di un tetto massimo al prezzo e di altre strategie per ridurre i costi dell'energia
Negli ultimi giorni diversi leader delle istituzioni dell’Unione Europea e capi di governo dei singoli paesi hanno aperto alla possibilità di trovare soluzioni comuni per ridurre il prezzo del gas e più in generale dell’energia elettrica, arrivati ormai a livelli esorbitanti causando enormi disagi per privati e aziende. Questi riposizionamenti sono culminati ieri con un discorso tenuto in Slovenia dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, che ha annunciato come imminenti sia «interventi di emergenza» da parte dell’Unione sia «una riforma strutturale del mercato europeo dell’energia».
Dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, cioè il principale fattore che ha determinato l’aumento dei prezzi del gas, i paesi europei hanno preferito intervenire con misure nazionali per provare a ridurre le bollette per privati e aziende. Trovare soluzioni condivise è del resto molto complicato: all’interno dell’Unione Europea ci sono paesi che comprano la propria energia in modo estremamente diverso. La Germania e i paesi dell’Est sono ancora legati al carbone e al gas naturale russo, alcuni stanno investendo pesantemente sull’energia nucleare mentre in altri (come l’Italia) sono storicamente contrari, nel Nord Europa la produzione da fonti rinnovabili è molto avanti rispetto al resto del continente, e così via.
L’aumento dei prezzi dell’energia è diventato però così ingente che diversi paesi si stanno convincendo che solo una risposta condivisa nell’ambito dell’Unione Europea possa risolvere almeno in parte il problema.
Lunedì il prezzo di un megawattora – cioè la quantità di energia consumata in media da duemila case in un’ora – ha superato i mille euro nel mercato europeo di riferimento, cioè quello tedesco. Il Financial Times ricorda che è un valore superiore di dieci volte alla media storica degli ultimi dieci anni. Anche il prezzo del gas ha registrato aumenti simili. Bloomberg ha calcolato che dall’inizio della crisi i paesi dell’Unione Europea hanno speso circa 280 miliardi di euro in sussidi per ridurre le bollette.
Questi numeri stanno costringendo anche i paesi più tradizionalmente conservatori dal punto di vista economico e dell’integrazione europea a chiedere un intervento comune. «Dobbiamo fermare la follia che sta avvenendo sui mercati dell’energia», ha detto domenica, per esempio, il cancelliere austriaco Karl Nehammer: «chiedo a tutti i 27 paesi europei di mettersi insieme e fermare immediatamente questa esplosione dei prezzi».
Il governo della Repubblica Ceca, che detiene la presidenza temporanea del Consiglio dell’Unione Europea, cioè l’organo in cui siedono i rappresentanti dei 27 governi dell’Unione, ha convocato per venerdì 9 settembre una riunione di emergenza dei ministri dell’Energia. È plausibile che alcune proposte concrete verranno avanzate prima di quella data. Il Financial Times scrive che Von der Leyen intendeva includere alcune proposte sull’energia nel suo discorso sullo Stato dell’Unione programmato per mercoledì 14 settembre, ma lunedì ha detto che per quel giorno le misure potrebbero già essere entrate in vigore.
Una prima misura di cui si discuterà sicuramente alla riunione del 9 settembre, come confermato anche dal governo della Repubblica Ceca, sarà un tetto massimo al prezzo che i paesi dell’Unione Europea sono disposti a pagare per acquistare gas naturale dalla Russia. È una proposta che circola da mesi e che è stata promossa in ambito europeo soprattutto dal presidente del Consiglio uscente, Mario Draghi. Prevede sostanzialmente di stabilire una cifra massima, più bassa dei prezzi attuali, che possa fare risparmiare i paesi europei ma che rimanga comunque conveniente alla Russia.
Finora la proposta non è mai stata considerata sul serio per via di alcune difficoltà tecniche su come applicarla concretamente, e per i timori di alcuni paesi, su tutti la Germania, che la Russia per ritorsione possa interrompere del tutto o quasi la fornitura di gas, causando enormi problemi all’economia europea e tedesca. Sembra però che negli ultimi giorni il governo tedesco abbia aperto alla possibilità di applicare un tetto massimo al prezzo del gas, anche se per ora non ci sono dichiarazioni ufficiali in merito, ma soltanto retroscena politici.
La seconda proposta di cui si discuterà, che a diversi commentatori sembra più semplice da attuare, prevede di superare il legame fra prezzo dell’elettricità e prezzo del gas attualmente in vigore nel mercato dell’energia europeo, comune e liberalizzato fra 1998 e 2000. Attualmente le norme europee prevedono un sistema noto come pay-as-clear: quando la domanda raggiunge una certa soglia, l’elettricità viene venduta al prezzo dell’ultimo scambio effettuato sul mercato.
Dato che l’elettricità prodotta attraverso il gas naturale è la più costosa, il prezzo dell’elettricità è legato a quello del gas, ancora fondamentale per soddisfare la domanda. Normalmente i produttori di energia sono incoraggiati a investire di più in fonti rinnovabili – che permettono di produrre energia a un costo più basso rispetto al gas, quindi garantiscono il margine più alto – ma il sistema salta quando il prezzo del gas raggiunge cifre altissime, come in queste settimane in cui peraltro la siccità ha ridotto la produzione di energie rinnovabili, e perfino quella di molti impianti nucleari europei, che hanno bisogno d’acqua per i sistemi di raffreddamento.
Diversi paesi europei stanno spingendo per cancellare il legame fra gas e prezzo dell’energia elettrica. Il ministro ceco dell’Energia, Jozef Síkela, ha confermato che nei prossimi giorni sarà elaborata una bozza da discutere il 9 settembre alla riunione dei ministri europei dell’Energia.
Un’altra misura citata da Von der Leyen nel discorso di lunedì è una tassa una tantum sugli extra profitti delle aziende energetiche, cioè i guadagni superiori alla media ottenuti in questi mesi per via dei prezzi molto alti dell’energia, che ricorda molto quella italiana: che però al momento ha dato risultati poco incoraggianti, e non è chiaro come possa essere replicata a livello europeo.