Il caso del cardinale Marc Ouellet
Sulle molestie denunciate da una donna, il Vaticano ha deciso di non procedere
A metà agosto il cardinale canadese Marc Ouellet, considerato un collaboratore di papa Francesco, è stato pubblicamente accusato di aver aggredito sessualmente una donna circa dieci anni fa. Il contesto dell’accusa è quello di un’azione collettiva contro la diocesi del Québec depositata alla Corte Superiore lo scorso maggio in cui sono coinvolte 101 persone che sostengono di essere state abusate dal 1940 ad oggi da circa 90 sacerdoti o membri del personale della diocesi. Il papa, dopo aver affidato le indagini su Ouellet a un sacerdote a lui vicino, ha deciso di non avviare un’indagine canonica.
Marc Ouellet ha 78 anni. Considerato uno dei papabili agli ultimi due Conclavi, fu nominato arcivescovo del Québec nel 2002, cardinale nel 2003 e prefetto del dicastero per i vescovi nel 2010. È anche presidente della pontificia commissione per l’America Latina e, in Canada, era considerato vicino all’allora nunzio di Ottawa e poi nunzio apostolico di Francia Luigi Ventura, condannato nel 2020 da un tribunale di Parigi per aggressione sessuale.
Secondo quanto riportato dai giornali canadesi e ripreso nei dettagli in Italia da Adista, (settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religiose), la donna che ha accusato Ouellet ha detto di essere stata aggredita nel 2008 quando era un’operatrice pastorale nella diocesi del Québec. La donna, come riportano i documenti processuali depositati presso la Corte Suprema, ha raccontato di avere incontrato il cardinale nel 2008, quando aveva poco più di vent’anni, durante una cena a Beauport. Al termine della cena il cardinale avrebbe iniziato ad accarezzarle la schiena.
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La donna (chiamata “F”) aveva incontrato nuovamente il cardinale durante una festa: anche in quell’occasione aveva provato «profondo disagio» per il comportamento dell’uomo nei suoi confronti.
Al 2010 – l’anno in cui Ouellet lasciò la sua carica di arcivescovo del Québec chiamato a Roma da papa Benedetto XVI – risalgono infine altri due incontri in pubblico: la seconda volta il cardinale le avrebbe detto che «poteva baciarla di nuovo», perché «va bene concedersi un po’ di piacere». Dicono sempre i documenti processuali: «Il cardinale Marc Ouellet poi la bacia e fa scivolare la mano lungo la sua schiena fino alle natiche. Questo gesto sorprende F che non sa come reagire. Quel giorno, più che negli incontri precedenti, F. capisce che deve fuggire il più possibile dal cardinale Marc Ouellet, il disagio che sente è più presente che mai».
Da quel momento in poi la donna aveva cercato di evitare Ouellet, e secondo i documenti depositati non era stata l’unica ad aver avuto quel «tipo di problema» con il cardinale.
La donna era diventata pienamente consapevole di quanto le era accaduto durante un corso di formazione sulla violenza sessuale, nel 2020. Aveva quindi deciso di segnalare la molestia subita a un comitato consultivo indipendente del Québec che si occupa di abusi sessuali. Nel gennaio del 2021 aveva poi inviato una lettera al papa con l’intenzione di richiamare l’attenzione su quanto successo.
Un mese dopo aveva ricevuto una mail che la informava che il papa, a partire dal suo caso, aveva deciso di affidare un’indagine conoscitiva sul cardinale Ouellet a un gesuita belga: Jacques Servais.
Jacques Servais, scrive Adista e scrivono anche altri giornali, non era però la persona più adatta per indagare su Marc Ouellet, perché Servais e Ouellet si conoscevano e avevano diversi legami (continuano ad averli ancora oggi).
Servais non aveva una formazione specifica riguardo al tema delle violenze sessuali. È un teologo, specialista del teologo svizzero Hans Urs von Balthasar, molto popolare negli ambienti conservatori, ed è direttore di Casa Balthasar, «casa internazionale di discernimento e studi spirituali» con sede a Roma di cui lo stesso Marc Ouellet fa parte. Ouellet ha lavorato con Jacques Servais, insieme hanno organizzato diversi incontri e seminari, e hanno pubblicato degli articoli di teologia sulla rivista conservatrice co-fondata da Hans Urs von Balthasar chiamata Communio.
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Jacques Servais aveva ascoltato la testimonianza di “F” durante un incontro online nel marzo 2021, un incontro durante il quale, come ha raccontato la donna, le erano state fatte domande molto generiche che riguardavano non tanto il suo caso: Servais voleva capire quali fossero le sue intenzioni e soprattutto se “F” fosse a conoscenza di altri episodi simili che coinvolgevano Ouellet.
Lo scorso agosto, “F” era venuta a sapere da un comunicato della sala stampa della Santa Sede che non sarebbe accaduto nulla perché non c’erano i «presupposti» per l’avvio di un’indagine nei confronti di Ouellet: «A seguito di ulteriori pertinenti consultazioni, papa Francesco dichiara che non sussistono elementi sufficienti ad aprire un’indagine canonica per aggressione sessuale da parte del cardinale Ouellet nei confronti della persona F.».
Dopo la pubblicazione di questa nota, Ouellet stesso era intervenuto dicendo: «Avendo preso conoscenza delle false accuse mosse contro di me dalla denunciante, nego con fermezza di avere compiuto gesti inappropriati sulla sua persona e considero diffamatorie l’interpretazione e la diffusione di queste accuse in quanto aggressioni sessuali. Se una inchiesta civile dovesse essere aperta, intendo parteciparvi attivamente affinché la verità sia stabilita e la mia innocenza sia riconosciuta».
La decisione del papa di non avviare un’indagine, hanno scritto diversi commentatori tra cui Gino Hoel sull’edizione francese di Slate, è sembrata essere in contrasto con alcune sue decisioni precedenti.
Nel maggio del 2019, il papa aveva infatti promulgato un motu proprio intitolato “Vos estis lux mundi” (“Voi siete la luce del mondo”) in cui stabiliva nuove procedure per segnalare molestie e violenze, per assicurare che vescovi e superiori religiosi fossero costretti a rendere conto di quel che avevano fatto, e per tutelare le vittime o chi presentava le segnalazioni.
Nel caso Ouellet nulla di tutto questo è stato rispettato: «La vicinanza del cardinale al suo investigatore ha messo subito in evidenza un conflitto di interessi nonché la mancanza di indipendenza che la denunciante aveva il diritto di vedersi assicurata. La relazione su cui si è basato il papa per scagionare Marc Ouellet era di parte fin dall’inizio».
Molti di coloro che fanno parte della rete di Casa Balthasar e del giornale Communio, e che sono dunque vicini sia a Servais che a Ouellet, sono inoltre i firmatari di una controrelazione al dettagliato rapporto della Commissione indipendente sugli abusi sessuali nella Chiesa (CIASE) che, nel 2021, aveva dimostrato come negli ultimi settant’anni in Francia vi fossero state oltre 330mila vittime di violenze da parte della Chiesa. I firmatari, nel loro testo, rifiutavano tra le altre cose il carattere sistemico degli abusi e delle molestie all’interno della Chiesa e si opponevano a che fosse una commissione indipendente, e dunque esterna alla Chiesa, a proporre riforme e suggerire azioni per far fronte alla questione.
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Il papa era già stato accusato di avere avuto un approccio simile in un altro caso che aveva coinvolto un vescovo molto vicino a lui: l’argentino Gustavo Óscar Zanchetta, accusato di aver abusato sessualmente di due seminaristi e condannato di recente da un tribunale argentino a quattro anni e mezzo di carcere. Zanchetta si era dimesso nel 2017, ma nel frattempo era stato trasferito in Vaticano per ricoprire un incarico appositamente creato per lui.
Secondo Slate, i casi di Zanchetta e Ouellet non vanno molto a favore del papa, per il quale la “tolleranza zero” sostenuta negli ultimi anni nei casi di molestie e aggressioni sessuali si applica, di fatto, in modo differente a seconda di chi coinvolge: «Questa visione della giustizia scredita la Chiesa e i discorsi di Francesco sulle aggressioni e gli stupri commessi dagli ecclesiastici», ha concluso Hoel.
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