Perché si indaga sulla diffusione del video dello stupro di Piacenza
In caso di video di violenze sessuali la legge è particolarmente rigida, soprattutto per chi non ha oscurato il volto della vittima
La procura di Piacenza ha aperto un fascicolo d’indagine contro ignoti per la diffusione su alcuni siti – anche di testate giornalistiche – e sul profilo Twitter e Facebook della leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, del video dello stupro avvenuto alle 6.30 di domenica in via Scalabrini. La procuratrice della repubblica Grazia Pradella ha comunicato, come reso noto da Rainews, che «sono in corso approfonditi accertamenti, trattandosi di un fatto astrattamente riconducibile ad ipotesi di reato». Il reato ipotizzato è “divulgazione delle generalità o dell’immagine di persona offesa da atti di violenza sessuale”.
Il video della violenza avvenuta a Piacenza è stato girato domenica mattina all’alba e mostra un uomo di 27 anni, originario della Guinea, richiedente asilo, aggredire sessualmente una donna, cittadina ucraina di 55 anni. A girare il video sarebbe stato lo stesso uomo che ha chiamato la polizia, un residente della strada in cui è avvenuta la violenza che si è affacciato alla finestra richiamato dalle grida. La procura di Piacenza però deve ancora accertare se sia stato lui a diffonderlo o se l’abbia inviato a qualcuno che poi lo ha pubblicato.
Il video è stato inizialmente pubblicato, sfocando il volto sia della vittima sia dell’aggressore, dal quotidiano Il Messaggero, che poi lo ha rimosso; quindi, sul sito del Gazzettino Veneto e poi su quello di Libero: in quest’ultimo caso i volti sono stati lasciati senza sfocatura. Giorgia Meloni ha pubblicato a sua volta il video del Messaggero, con i volti oscurati. Contemporaneamente altri siti hanno ripostato le immagini.
Al sito di Libero la procura di Piacenza ha notificato un decreto di sequestro del video. Lo stesso provvedimento è stato preso per Rassegna Italia, Voxnews e Stopcensura, siti di tendenza populista e di destra, che avevano pubblicato le immagini senza oscurare il volto della vittima.
La legge a cui fa riferimento la procura di Piacenza è l’articolo 734 bis del Codice penale. La norma dice:
Chiunque divulghi, anche attraverso mezzi di comunicazione di massa, le generalità o l’immagine della persona offesa senza il suo consenso, è punito con l’arresto da tre a sei mesi.
La legge è stata fatta per tutelare la riservatezza delle vittime di alcuni gravi reati, specificatamente a sfondo sessuale.
Anche il Garante della privacy ha avviato un’istruttoria e ha poi divulgato una nota:
Con riferimento alla diffusione del video relativo all’episodio di violenza sessuale di Piacenza, il Garante per la protezione dei dati personali ha avviato un’istruttoria per accertare eventuali responsabilità da parte dei soggetti che a vario titolo e per finalità diverse vi hanno proceduto e avverte tutti i titolari del trattamento a verificare la sussistenza di idonee basi giuridiche legittimanti tale diffusione. Il garante si riserva di adottare eventuali provvedimenti di sua competenza.
C’è, secondo la legge, una netta differenza tra chi ha pubblicato il video oscurando il volto della vittima e chi invece ha fatto in modo che l’immagine della donna comparisse senza sfocatura. La legge infatti parla di «diffusione di generalità e di immagini». Sia nel caso della pubblicazione da parte del Messaggero e del Gazzettino che nel caso dei post di Giorgia Meloni, il volto della vittima era oscurato e le generalità, cioè di fatto il nome e il cognome, non sono state rivelate. Non sarebbe quindi stato commesso il reato.
Diverso il caso dei siti che hanno pubblicato il video senza oscurare il volto della donna: poiché l’immagine della vittima di violenza è stata mostrata, la procura può procedere d’ufficio senza bisogno di una denuncia da parte della donna.
Le testate giornalistiche potrebbero far riferimento al diritto di cronaca, e cioè alla libertà di pubblicare informazioni di pubblico interesse. In casi di violenza sessuale, però, viene per lo più escluso che possa esserci un bilanciamento tra il diritto alla riservatezza della vittima e l’interesse della collettività a essere informata. Per la legge italiana, in pratica, il diritto di cronaca passa in secondo piano rispetto al diritto della vittima di essere tutelata.
Il Garante della privacy invece potrà prendere provvedimenti nei confronti di tutti coloro che hanno pubblicato le immagini. Nel video pubblicato infatti si sente distintamente la voce della donna vittima di violenza: viene quindi reso noto un dato personale. Sono infatti considerati dati personali, secondo il Garante, «le informazioni che identificano o rendono identificabile, direttamente o indirettamente, una persona fisica e che possono fornire informazioni sulle sue caratteristiche, le sue abitudini, il suo stile di vita, le sue relazioni personali, il suo stato di salute, la sua situazione economica…».
La vittima, secondo quanto riportato dall’agenzia Agi, avrebbe detto agli inquirenti di «essere disperata per essere stata riconosciuta per colpa di quelle immagini». È anche possibile che intenti una causa civile con una richiesta di risarcimento dei danni nei confronti di coloro – siti, testate giornalistiche e profili di social network – che hanno pubblicato quel video.
La procura di Piacenza ha anche chiesto alle società Google, Meta, Yahoo, Bing e Twitter la rimozione del video, cosa che le piattaforme avevano già fatto autonomamente. Meta, società che controlla Facebook e Instagram, ha spiegato che la pubblicazione del video ha violato le norme relative allo sfruttamento sessuale di adulti, mentre Twitter ha spiegato che sono state violate le disposizioni che regolano la pubblicazione.
La pubblicazione del video, soprattutto da parte di Giorgia Meloni che lo ha utilizzato ai fini della campagna elettorale, ha prodotto numerose polemiche. Meloni ha replicato alle critiche dicendo di aver pubblicato il video dopo averlo preso da un importante quotidiano nazionale che aveva oscurato il volto della vittima in modo da renderla irriconoscibile. L’audio però è stato lasciato integralmente e le urla e i lamenti della donna si sentono distintamente. Nel tweet le immagini sono accompagnate dall’avvertimento: «Attenzione, il video contiene immagini forti sconsigliate a un pubblico sensibile». Sotto al video Giorgia Meloni ha poi annunciato l’intenzione di aumentare la sicurezza per le strade e un approccio più rigido sull’immigrazione.
Poco prima anche il segretario della Lega, Matteo Salvini, aveva pubblicato sui suoi profili social un fermo immagine tratto da un quotidiano online di Piacenza e aveva sottolineato in rosso la frase in cui si specificava che la violenza era stata commessa da un richiedente asilo. Enrico Letta, segretario del Partito democratico, ha detto: «Il video postato da Giorgia Meloni su uno stupro è un video indecente e indecoroso. C’è il rispetto delle persone che deve venire prima di tutto». Anche Carlo Calenda era intervenuto scrivendo a sua volta un tweet: «Denunciare uno stupro è un atto dovuto. Mostrarlo per fini di campagna elettorale è un atto immorale e irrispettoso, in primo luogo per la donna che lo ha subito, che certamente non vorrebbe essere esposta sui social in questo modo».