Trump ha fatto causa al dipartimento di Giustizia
Accusandolo di agire per scopi politici, spera di bloccare l'indagine sui documenti sequestrati nella sua villa in Florida
L’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha fatto causa al dipartimento di Giustizia del governo americano per bloccare l’indagine in corso sui documenti sequestrati dall’FBI, l’agenzia investigativa della polizia federale statunitense, in seguito alla perquisizione della sua villa in Florida, chiamata Mar-a-Lago, nella notte tra l’8 e il 9 agosto.
Nei documenti della causa, depositati presso un tribunale distrettuale della Florida, i legali di Trump accusano il dipartimento di Giustizia di aver avviato l’indagine solo per motivi politici e di voler intralciare una possibile nuova candidatura dell’ex presidente alle elezioni presidenziali del 2024. Chiedono inoltre la nomina di un giudice terzo non dipendente dal dipartimento di Giustizia (in gergo tecnico chiamato special master, che è solitamente un avvocato o un giudice in pensione) che esamini tutti i documenti prelevati dall’FBI.
Lo special master dovrebbe valutare se con l’autorizzazione del mandato di perquisizione il dipartimento di Giustizia non abbia violato il cosiddetto “privilegio dell’esecutivo” (executive privilege), cioè il diritto presidenziale a non divulgare determinati documenti dal contenuto ritenuto sensibile, e se non siano stati violati i diritti costituzionali di Trump.
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I legali di Trump chiedono anche che, fintanto che sarà in corso la revisione dei documenti da parte dello special master, il dipartimento di Giustizia sospenda l’indagine. A decidere se accogliere o meno la richiesta sarà Aileen Cannon, giudice del Southern District della Florida, nominata proprio da Trump poco prima della fine del suo mandato presidenziale.
Il dipartimento di Giustizia ha commentato la causa con una breve dichiarazione in cui ha detto che risponderà adeguatamente in tribunale e che «il mandato di perquisizione a Mar-a-Lago era stato autorizzato da un tribunale federale».
Quella dei documenti riservati portati a Mar-a-Lago è una questione di cui si parla dallo scorso febbraio, quando la National Archives and Records Administration (NARA), un’agenzia del governo degli Stati Uniti incaricata di conservare i più importanti documenti governativi e storici del paese, aveva chiesto al dipartimento di Giustizia di indagare su un possibile uso illecito di documenti riservati da parte di Trump.
Dopo l’autorizzazione del dipartimento di Giustizia alla perquisizione della villa di Trump, l’FBI aveva pubblicato i documenti relativi al mandato. Da questi documenti era emerso che l’indagine nei confronti di Trump riguardava tre possibili crimini federali: il reato di presunto occultamento di documenti riservati, quello di ostruzione alla giustizia attraverso la distruzione, la modifica o la falsificazione di documenti e quello di presunta violazione dell’Espionage Act, la legge federale che vieta e punisce eventuali reati di spionaggio.
Nonostante buona parte del materiale prelevato dall’FBI fosse classificato come “top secret” o “altamente riservato”, in un comunicato condiviso prima della diffusione del mandato Trump aveva sostenuto che i documenti che erano stati sequestrati dall’FBI fossero già stati «tutti desecretati». Al momento comunque non è chiaro se prima di lasciare la Casa Bianca Trump avesse tolto il vincolo di segretezza da alcuni di questi documenti, come spesso aveva fatto in altri casi negli anni del suo mandato.
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