La strumentalizzazione dello stupro di Piacenza
La diffusione di un video e la "razzializzazione della violenza sessuale" fatte da Meloni e Salvini stanno ricevendo molte critiche
Domenica mattina all’alba a Piacenza un uomo ha stuprato una donna su un marciapiede. Un residente ha sentito le grida e ha chiamato la polizia, che è intervenuta mentre la violenza era ancora in corso. Il responsabile, di 27 anni, originario della Guinea e richiedente asilo in Italia, è stato arrestato con l’accusa di violenza sessuale e la donna, una cittadina ucraina di 55 anni, è stata portata in ospedale.
Di questa aggressione e di questo stupro si sta parlando molto in queste ultime ore perché la scena è stata ripresa da una finestra con un cellulare e le immagini sono state pubblicate online, diffuse tra gli altri dalla leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, che per aver condiviso immagini così sensibili e brutali, per quanto si sa senza il consenso della vittima, è stata estesamente criticata.
Come già accaduto in passato in altri episodi in cui il responsabile della violenza non era italiano il video è stato utilizzato poi da alcuni giornali e politici di destra per stabilire un legame diretto tra criminalità e persone migranti. Molte e molti hanno criticato la strumentalizzazione politica di questa violenza e hanno chiesto il blocco della diffusione del video.
Domenica, poco dopo la pubblicazione della notizia, il segretario della Lega Matteo Salvini ha rilanciato sui social lo screenshot di un quotidiano online di Piacenza e il fermo immagine del video dello stupro. Salvini, nel suo post, ha sottolineato in rosso le parole «un richiedente asilo» e «stava violentando una donna» e ha commentato che «difendere i confini e gli italiani» per lui «sarà un dovere, non un diritto». Salvini ha anche annunciato che sarà presto a Piacenza «per confermare l’impegno della Lega per restituire sicurezza al paese». Chiedendo di votare per il suo partito alle elezioni del prossimo 25 settembre ha infine annunciato che se vincerà nel 2023 ci saranno «10.000 poliziotti e carabinieri in più», «più telecamere accese e blocco degli sbarchi clandestini. Volere è potere».
Poco dopo, lo stupro di Piacenza è stato commentato anche da Meloni che sui social ha condiviso il video che riprende la violenza, modificato in modo da nascondere dietro una sfocatura le persone coinvolte, ma lasciando integralmente l’audio nel quale si sentono distintamente i lamenti e le urla della donna. Nel tweet, il video è anticipato da un avvertimento che dice: «Attenzione, il video contiene immagini forti sconsigliate a un pubblico sensibile».
Meloni ha scritto che «non si può rimanere in silenzio davanti a questo atroce episodio di violenza sessuale ai danni di una donna ucraina compiuto di giorno a Piacenza da un richiedente asilo». Mandando «un abbraccio» alla donna coinvolta, Meloni ha dichiarato che lei farà tutto ciò che le sarà possibile «per ridare sicurezza alle nostre città». Molti altri politici di destra sono intervenuti con dichiarazioni simili: Tommaso Foti di Fratelli d’Italia ha ad esempio detto che l’episodio «attesta come la politica dell’immigrazione ad oggi perseguita faccia acqua da tutte le parti».
Nonostante la violenza contro le donne sia un fenomeno strutturale (non abbia cioè, come mostrano i dati, nazionalità, luogo, religione, o contesti sociali), e nonostante sia esercitata anche in Italia, come dicono sempre i dati, in prevalenza da partner, parenti o amici (da uomini prossimi, dunque, non soprattutto da uomini lontani per provenienza, religione o cultura), una delle principali narrazioni delle destre è che la violenza di genere sia esercitata da persone migranti che arrivano da lontano.
Questo tipo di narrazione, come denunciano da molto tempo i movimenti femministi, è strumentale alla critica alle politiche di accoglienza e trasforma la violenza contro le donne esclusivamente in un problema di ordine pubblico. Partiti politici di destra e altri movimenti contro le persone migranti, ma non solo, attuano quella che in gergo sociologico viene definita una “razzializzazione della violenza sessuale”, un’analisi cioè che considera la violenza sessuale una questione di cui occuparsi solo in alcune circostanze, valutando la gravità stessa della violenza in base alla nazionalità di chi la commette.
Questi discorsi costruiscono in sostanza una gerarchia tra stupratori, e spostano in secondo piano il fatto in sé: diventa invece rilevante il suo utilizzo per fondare politiche contro le persone migranti e per incrementare le cosiddette politiche sulla sicurezza pubblica. Da tempo, i movimenti femministi e chi si occupa di violenza di genere sostengono però come l’approccio securitario alla violenza di genere sia fallimentare: la violenza di genere non solo può colpire anche in una strada luminosa e frequentata, non solo è un problema strutturale, ma può essere compiuta da chiunque, anche e soprattutto da chi è vicino.
La strumentalizzazione dello stupro di Piacenza per fare campagna elettorale è stata segnalata dalla sindaca Katia Tarasconi («Spero che non si scada nella strumentalizzazione riguardo la nazionalità del delinquente») ma anche da altre politiche. Lia Quartapelle, responsabile Esteri del PD, ad esempio, ha scritto che la campagna elettorale «sta diventando l’occasione di mostrare sui social il video di uno stupro. Fermiamoci. La discussione democratica è un’altra cosa. Diffondere queste immagini non è dare una notizia: è illegale. Serve un intervento immediato della Polizia postale e dell’Ordine dei giornalisti». Anche Sandra Zampa, sempre del PD, rivolgendosi a Meloni ha detto: «A proposito del video choc, te lo sei chiesto se per caso non ci sia il reato di omissione di soccorso? Hai chiesto alla donna se acconsente alla diffusione delle immagini?».