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Imran Khan, ex primo ministro del Pakistan, è stato accusato di aver violato le leggi antiterrorismo del paese per avere minacciato, durante un comizio tenuto sabato, di intraprendere azioni legali contro la polizia e contro una giudice, colpevoli secondo lui di avere arrestato e torturato un suo stretto collaboratore.
Nel comizio Khan non aveva usato toni violenti, e aveva solo minacciato di fare causa contro i responsabili delle presunte torture, dicendo loro «non vi risparmieremo». Secondo la polizia di Islamabad, che ha presentato la denuncia, con quelle parole Khan avrebbe però violato le leggi antiterrorismo del paese, «terrorizzando e minacciando alti funzionari di polizia e una rispettata giudice» con l’obiettivo di impedire loro di svolgere le loro funzioni.
Khan, che ha 69 anni, è stato primo ministro dal 2018 allo scorso aprile: aveva dovuto abbandonare l’incarico dopo una grossa crisi politica dovuta anche alla perdita del sostegno dell’esercito, molto potente e assai influente nel paese, che era culminata con la decisione del parlamento di togliergli la fiducia.
Al posto di Khan, il parlamento aveva nominato primo ministro Shehbaz Sharif, leader dell’opposizione e del partito liberal-conservatore Lega musulmana. Sharif aveva formato un governo di coalizione con diversi partiti, alcuni dei quali in precedenza sostenevano Khan, e rimarrà in carica fino alle prossime elezioni generali, previste per l’agosto del 2023. Sharif è anche il fratello minore di Nawaz Sharif, tre volte primo ministro del Pakistan, condannato nel 2018 per corruzione.
Da allora Khan, che è un ex campione di cricket e guida il partito nazionalista e populista Movimento per la Giustizia, aveva organizzato numerose proteste contro l’attuale governo e l’esercito.
In un comizio organizzato sabato a Islamabad aveva accusato il capo della polizia locale e una giudice di aver torturato Shahbaz Gill, suo collaboratore che era stato arrestato il 9 agosto per sedizione. In un’intervista televisiva, Gill aveva infatti esortato i ranghi inferiori dell’esercito a disobbedire ai comandi dei propri superiori. Delle torture nei confronti di Gill, comunque, per ora non ci sono prove.
Nel comizio di sabato Khan aveva inoltre accusato la polizia e la giudice che aveva approvato la custodia cautelare per Gill, Zeba Chaudhry, di aver agito senza prove, e aveva sostenuto che le accuse contro il suo collaboratore fossero state inventate per screditare il suo partito tra i militari pakistani.
Per questi motivi Khan aveva minacciato la polizia e la giudice di intraprendere azioni legali contro di loro. Il ministro dell’Interno, Rana Sanaullah, aveva subito commentato molto duramente le parole di Khan, dicendo che l’ex capo del governo avrebbe dovuto rispondere legalmente delle frasi usate nel comizio. Domenica la polizia ha infine depositato una denuncia contro Khan, con l’accusa di avere violato le leggi antiterrorismo del paese.
Il sistema giudiziario pakistano prevede che, dopo la deposizione della denuncia, un giudice decida se avviare un’indagine ed eventualmente disporre misure di custodia cautelare. Al momento non è chiaro se l’indagine sia stata avviata, anche se molto probabilmente lo sarà, ma nel frattempo centinaia di sostenitori di Khan si sono diretti verso la sua casa circondandola, per impedire alle forze dell’ordine un eventuale arresto dell’ex primo ministro.