Arriva “House of the Dragon”
Che è come dire che ritorna “Game of Thrones”, dopo tre anni: un po' di cose per ricordarsi da dove si riparte, fuori e dentro Westeros
Nell’aprile 2011, quando uscì il primo episodio di Game of Thrones, le attese verso la serie tv erano moderate: sia per HBO, che l’aveva prodotta, che per molti spettatori.
Sebbene fosse una costosa serie fantasy tratta da una popolare serie di libri, quasi nessuno si aspettava che Game of Thrones potesse uscire dalla comunque grande nicchia di appassionati di fantasy, e i dirigenti di HBO nemmeno confidavano nel fatto che sarebbe stata la miglior serie dell’anno del canale: «nessuno si aspetta di fare i numeri di Boardwalk Empire», disse uno di loro con riferimento alla serie gangster ambientata ai tempi del proibizionismo.
Il primo episodio (rifatto dopo un altro primo disastroso episodio che non finì mai in onda) fu visto in diretta, sulla televisione statunitense, da circa 4 milioni di spettatori, meno della metà di quelli che in Italia guardano Sanremo. In Italia, peraltro, il primo episodio di Game of Thrones arrivò mesi dopo, a novembre.
Lunedì 22 agosto 2022 – a più di dieci anni da quel primo episodio e a più di tre dall’ultimo episodio dell’ottava e ultima stagione di Game of Thrones – arriverà su HBO e in contemporanea italiana su Sky e Now il primo episodio di House of the Dragon, la serie prequel di Game of Thrones ambientata un paio di secoli prima.
House of the Dragon racconta la storia della “Danza dei Draghi”, nome con cui è nota la guerra civile scaturita da una faida interna alla famiglia Targaryen (quella dei draghi e delle folte chiome color argento) dovuta a un problema di successione al trono. Come già si era potuto intuire da diversi indizi, questa serie avrà molti più draghi rispetto a Game of Thrones e nei suoi primi episodi è sia un dramma familiare fatto di trame e intrighi che un insieme di scene spettacolari e spesso assai violente. Ha molte ambientazioni familiari a chi ha visto Game of Thrones ma personaggi del tutto nuovi.
Le recensioni, per ora, sono piuttosto positive.
Nonostante i tre anni e il fatto che nella sua ultima stagione Game of Thrones ricevette non poche critiche, verso House of the Dragon ci sono grandi aspettative. Da parte di HBO (che è una sussidiaria di Warner Bros. Discovery, una multinazionale che di recente ha cambiato gestione e vuole profondamente riorganizzarsi), ma anche da parte degli spettatori di Game of Thrones, il cui ultimo episodio fu visto da non meno di 44 milioni di persone.
Game of Thrones fu una serie che cambiò la serialità televisiva: per i sempre più alti budget, per la cinematograficità di certi suoi episodi, per la grandezza e la profondità del mondo che seppe creare e per l’impatto culturale che riuscì ad avere.
House of the Dragon è insomma molto attesa, da tanti punti di vista. Da inizio settembre dovrà vedersela, episodio dopo episodio, con Gli Anelli del Potere, la costosissima serie Prime Video sul Signore degli Anelli.
Dovesse andare male, House of the Dragon creerebbe non pochi grattacapi a HBO e Warner Bros. Discovery, che ci hanno investito tanto e puntano moltissimo su altre serie simili. Dovesse andare bene, aprirebbe la strada alla creazione di quello che chiunque faccia televisione, cinema o streaming cerca da anni: un grande mondo narrativo di cui si controlla la proprietà intellettuale e in cui ambientare ogni tipo di serie o film, da far uscire con costanza così da convincere spettatori a pagare per vederli.
La storia della serie
HBO iniziò a pensare a un possibile sequel, prequel o spin-off (cioè una storia ambientata nello stesso mondo e più o meno allo stesso tempo, ma con diversi protagonisti) di Game of Thrones già nel 2016, l’anno in cui decise che Game of Thrones sarebbe finita nel 2019.
Viste la vastità e la profondità del mondo creato e data la grande produzione di storie di ogni tipo da parte di George R. R. Martin, 73enne autore della serie di romanzi da cui è stata tratta Game of Thrones, c’era l’imbarazzo della scelta. Ma anche, al contempo, il concreto rischio di farne una sbagliata.
Come raccontato qualche settimana fa dall’Hollywood Reporter, le possibili nuove serie prese in considerazione furono in tutto una quindicina. Una, scartata piuttosto presto, aveva a che fare con il racconto a metà strada tra il fantasy, il mistico e il supereroistico delle vicende con protagonisti i Sette Dei, le antiche divinità di una delle religioni del mondo di Game of Thrones. Alcune erano più intime, legate a piccole vicende di personaggi relativamente marginali ai fini della storia principale; altre erano di ben maggiore portata e ambizione, come quella su Aegon il Conquistatore, il re Targaryen che per primo conquistò Westeros, l’importante e da molti ambito continente occidentale di Game of Thrones.
In genere, però, HBO prese in considerazione soprattutto prequel, forse perché hanno il vantaggio di espandere l’universo narrativo senza però dover per forza portare subito avanti la storia principale, in parte schivando eventuali paragoni con la grandezza e l’importanza percepita della storia narrata nella serie principale.
Prima di House of the Dragon, la serie scelta era stata Bloodmoon, ambientata in un tempo lontano e arcaico antecedente perfino alle conquiste di Aegon. Se ne girò anche un episodio, costato 30 milioni di dollari, ma poi però fu scartata, non è ben chiaro perché. Quell’episodio, ha scritto l’Hollywood Reporter, è stato «chiuso a doppia mandata in una cella così profonda che nemmeno a Martin è mai stato concesso di vederlo».
Si è poi arrivati a House of the Dragon, serie tratta da una storia raccontata in Fuoco e sangue, libro del 2018 in cui Martin, fingendo che a narrarla fosse uno storico interno a quel mondo fantasy, raccontò la lunga storia della famiglia Targaryen.
– Leggi anche: La lunga storia di House of the Dragon
La storia nella serie
House of the Dragon è ambientata circa un secolo dopo la conquista di Aegon, a partire dalla quale a Westeros si conta il tempo in modo progressivo secondo la dicitura C.A., e quindi circa due secoli prima delle vicende di Game of Thrones.
La prima differenza che salta all’occhio è che i draghi sono tanti, grandi e parte di un mondo che, per quanto possibile, riesce a gestirli. I Targaryen regnano incontrastati (in questo senso i draghi aiutano), non fosse per i pressanti problemi di successione a cui vanno incontro.
Rispetto alla serie di cui è prequel, House of the Dragon coprirà un arco temporale di alcuni decenni. Nelle parole di Miguel Sapochnik, che ne ha diretto molti episodi, «i protagonisti principali sono due donne e due uomini: c’è il re (Viserys), c’è suo fratello (Daemon), c’è la figlia del re (Rhaenyra) e c’è la sua migliore amica (Alicent). Poi la migliore amica diventa la moglie del re e quindi la regina. E le cose si complicano, quando la tua migliore amica sposa tuo padre».
Ma queste sono solo le premesse, e come in Game of Thrones le cose sono parecchio più complicate e sfaccettate. A complicarle ancora di più c’è il fatto che la famiglia Targaryen ha un albero genealogico fitto e ingarbugliato, peraltro con molti personaggi con nomi assai simili l’uno con l’altro: sarebbe una delle regole principali di un libro o di una serie evitare che ciò succeda, ma Martin e Game of Thrones hanno ampiamente dimostrato che le si può infrangere.
Sempre guardando i libri di Martin, House of the Dragon ha alcune peculiarità rispetto a Game of Thrones. Anzitutto è tratta dalle circa 250 pagine di Fuoco e Sangue, in cui per di più si raccontano diversi decenni: quindi, secondo un calcolo fatto da The Ringer, mentre ogni anno di Game of Thrones si basava (nelle sue prime stagioni) su circa 1.400 pagine di fonti scritte, nel caso di House of the Dragon quelle pagine «diventano meno di 10».
Peraltro, Fuoco e Sangue è scritto come fosse un resoconto storico e non un romanzo, quindi senza dialoghi, sogni o lunghi monologhi interiori. Significa che insieme a Martin – al quale è stato accordato un importante ruolo nella produzione della serie – gli sceneggiatori hanno dovuto e potuto prendersi parecchie libertà nel creare la storia.
– Leggi anche: Game of Thrones, le basi
Le prime recensioni
House of the Dragon è composta da dieci episodi, ognuno dei quali è costato non più di 20 milioni di euro e l’ultimo dei quali sarà disponibile a fine ottobre. In questi giorni, alcuni critici hanno potuto vedere i primi sei, in genere parlandone tra il bene e il molto bene. Molti hanno evidenziato che mentre Game of Thrones raccontava tante storie insieme, House of the Dragon ne racconta solo una, ma che nel farlo non si risparmia né la grandiosità di certe scene e nemmeno la violenza di altre con cui Game of Thrones si era fatta notare.
L’opinione prevalente è che la nuova serie riesca a essere coerente con la precedente, aggiornandosi però a una storia diversa, in cui gran parte di quel che conta davvero succede dentro le mura di un solo castello e tra personaggi con un solo cognome. La sintesi delle recensioni più positive è che House of Dragon sembra poter essere una sorta di versione monografica di Game of Thrones, con gli stessi intrighi delle prime stagioni di quella serie accompagnati agli effetti speciali delle ultime.
Una critica che torna più volte riguarda invece il fatto che, almeno per ora, risulti difficile affezionarsi, o quantomeno appassionarsi, ai personaggi tanto quanto lo si riusciva a fare in Game of Thrones.
Più di una recensione ha notato inoltre come sembrino mancare certe battute o certe frasi argute presenti nella serie precedente. In breve, sembra sia solo un pezzo di quel che era Game of Thrones, meno divertente e meno avvincente, in cui quasi tutti sembrano prendersi un po’ troppo sul serio.
Misurare House of the Dragon
Casey Bloys, capo dei contenuti di HBO Max, la piattaforma di streaming di HBO, ha detto a Vulture che così come per ogni altra serie anche nel caso di House of the Dragon il successo sarà valutato su una serie di parametri («genera interesse? le persone si abbonano apposta per vederlo? come sono le recensioni? quanto se ne parla?») e che, essendo una serie prequel sarà anche interessante vedere come e quanto porterà vecchi e nuovi spettatori a riguardare o guardare per la prima volta Game of Thrones, una cosa che secondo Boys «sta già succedendo».
Oltre che nei soliti numeri e parametri (molti dei quali non saranno resi pubblici), House of the Dragon sarà anche valutata per come uscirà dal confronto con Il Signore degli Anelli – Gli Anelli del Potere, che inizierà il 2 settembre su Prime Video, è già ora la serie più costosa mai realizzata e che è tratta dalla famosissima serie di libri che salta spesso fuori quando si parla del perché Martin iniziò a scrivere i suoi libri e del perché HBO ci fece una serie.
A proposito del Signore degli Anelli, di J.R.R. Tolkien e dei suoi personaggi, Martin disse:
«Governare è difficile. È una cosa che contesto a Tolkien, per quanto io lo ammiri. Il Signore degli Anelli aveva una filosofia medievale, secondo cui se il re è un brav’uomo il regno ne giova. Ma se guardiamo la storia vera, non è così facile. Tolkien può dire che Aragorn divenne re e regnò per cent’anni e fu buono e saggio. Ma Tolkien non risponde ad altre domande: qual era la politica fiscale di Aragorn? Aveva un esercito regolare? Cosa faceva se c’erano alluvioni o carestie? E gli orchi? Alla fine della guerra, quando Sauron non c’è più ma gli orchi sono ancora sulle montagne, Aragorn attua una politica di genocidio sistematico e li uccide tutti? Anche i piccoli orchi innocenti nelle culle?»
Martin parlava ovviamente dei suoi libri, dal suo punto di vista. Cosa ben diversa sono le serie, e ben diverso è il fatto che mentre House of the Dragon è una serie prequel, volendo una fra le tante possibili, Gli Anelli del Potere è la prima stagione di una serie con cui Prime Video vuole iniziare qualcosa che possa essere il suo Game of Thrones.
Nonostante queste differenze, l’uscita ravvicinata delle due serie ha portato l’Hollywood Reporter a parlare di un imminente «Super Bowl della serialità fantasy».
Bisogna però dire che non è detto che le due serie non possano andare entrambe benissimo o entrambe male, e soprattutto che deludenti risultati per House of the Dragon sarebbero senz’altro un brutto colpo, ma che difficilmente porterebbero HBO a rinunciare ai tanti possibili tentativi di ampliare il mondo aperto con Game of Thrones.