Il problema delle bollette nel Regno Unito
Il sistema introdotto nel 2019 per renderle più eque sta creando molti problemi, sia ai fornitori di energia che ai consumatori
Da diversi mesi nel Regno Unito si discute molto dell’aumento delle bollette di gas ed energia elettrica e del cosiddetto energy price cap, un limite al prezzo dell’energia stabilito da un’agenzia del governo e che avrebbe dovuto rendere più equo il mercato dell’energia ma sta creando problemi a molti fornitori e consumatori.
L’energy price cap è il “limite dei prezzi dell’energia” in vigore in Inghilterra, Scozia e Galles (non in Irlanda del Nord), ed è un meccanismo con cui l’Ofgem – l’ente governativo che regola il mercato di gas ed elettricità nel Regno Unito – impone un prezzo massimo al kWh di energia fornita.
Il limite fu introdotto nel 2019 per rendere più equo il mercato dell’energia, dopo che alcuni studi avevano scoperto che i principali fornitori del paese applicavano ai loro clienti di lungo periodo tariffe più alte di quelle che offrivano a clienti potenziali per convincerli a cambiare fornitore.
Quando fu applicato per la prima volta, il price cap fissò la bolletta per il consumo medio di una famiglia “tipica” intorno ai 1.350 euro all’anno, ma da allora è stato modificato diverse volte per adeguare il prezzo di vendita dell’energia al pubblico al prezzo di vendita dell’energia all’ingrosso. Quando il prezzo all’ingrosso scende il limite viene abbassato per permettere agli utenti finali di risparmiare, quando il prezzo dell’energia all’ingrosso sale, il limite viene alzato per permettere ai fornitori di energia di rifarsi di costi di acquisto maggiori.
Il ricalcolo viene fatto dall’Ofgem ogni sei mesi e in assenza di enormi fluttuazioni nei prezzi dell’energia all’ingrosso nei primi anni dalla sua introduzione il sistema ha funzionato (nonostante abbia sempre ricevuto alcune critiche). L’aumento dei prezzi dell’energia che ci sono stati in Europa nell’ultimo anno, e ancora di più quelli successivi all’inizio della guerra in Ucraina, hanno però reso l’energy price cap un grosso problema, sia per i fornitori di energia che per moltissimi consumatori.
Il sistema di ricalcolo semestrale del price cap, nel caso in cui i prezzi di acquisto dell’energia all’ingrosso aumentino molto rapidamente, obbliga per alcuni mesi i fornitori di energia a farsi carico delle maggiori spese senza poter contare su maggiori guadagni, magari andando in perdita per milioni di sterline – ovviamente è vero anche il contrario, in caso di crollo del prezzo. Questo meccanismo ha fatto sì che tra il luglio 2021 e il maggio 2022, quando i prezzi dell’energia all’ingrosso sono raddoppiati, 29 piccoli e medi fornitori di energia del Regno Unito siano falliti perché sprovvisti dei capitali necessari per assorbire le variazioni dei prezzi all’ingrosso.
L’ultimo aggiornamento del limite di Ofgem è stato fatto ad aprile e ha comportato un aumento dei costi dell’energia del 54 per cento per le circa 22 milioni di famiglie del Regno Unito soggette alle tariffe bloccate. L’Ofgem ha poi deciso di rendere più frequenti gli aggiornamenti del price cap, passando a ricalcoli trimestrali per permettere ai fornitori di adeguare più rapidamente i loro prezzi di vendita. Questo, naturalmente, porterà ad altri significativi aumenti delle bollette.
Secondo la Cornwall Insight, una società britannica che fornisce analisi e informazioni sul mercato dell’energia, a ottobre la bolletta annuale “tipica” di una famiglia britannica potrebbe arrivare a circa 4.150 euro, e superare i 5.000 euro a gennaio del 2023. Sono aumenti che potrebbero diventare difficilmente gestibili specialmente per le famiglie più povere, che spesso nel Regno Unito hanno contratti attivati con chiavette prepagate, che vanno ricaricate affinché i contatori continuino a funzionare e che però rendono i consumatori più soggetti a repentini cambi nei prezzi dell’energia.
Per questi motivi, negli ultimi mesi si sta discutendo di come riformare l’energy price cap. C’è chi lo critica per aver introdotto storture nel mercato e averlo reso meno competitivo e chi chiede che vengano introdotti sistemi per mitigare gli effetti dell’aumento dei prezzi per i consumatori più deboli.
Nelle ultime settimane i giornali hanno dato diverso spazio alla campagna “Don’t Pay UK” (“non pagare, Regno Unito”), che con la minaccia di non pagare in massa le bollette dell’energia di ottobre vuole convincere il governo a farsi carico degli aumenti del costo dell’energia. Per ora hanno aderito all’iniziativa poco più di 100.000 persone sul milione fissato come obiettivo dagli organizzatori per procedere con l’iniziativa, che ha comunque contribuito a ravvivare il dibattito sul prezzo dell’energia.
Le aziende da parte loro hanno suggerito come parziale soluzione quella di spostare una parte del costo delle bollette nella tassazione generale. Le bollette infatti dipendono solo per il 57 per cento dai costi di gas ed elettricità, e sul prezzo finale gravano altre spese e tasse. Se questi costi fossero spostati sulle tasse generali, inciderebbero sulle famiglie in base al loro reddito come il resto delle tasse progressive, mentre attualmente le famiglie benestanti e quelle meno abbienti pagano sostanzialmente la stessa quota, che concorre a formare il prezzo delle bollette.
Per ora il governo ha annunciato che garantirà alle famiglie uno sconto complessivo di 400 sterline (circa 475 euro) sulle bollette distribuito tra ottobre 2022 e marzo 2023, oltre ad altri aiuti per le famiglie a basso reddito, per le persone con disabilità e i pensionati. Sono misure considerate da molti non sufficienti, ma la situazione è complicata dal fatto che il governo britannico è in una fase di transizione politica, in attesa che a settembre venga eletto il nuovo leader dei Conservatori e primo ministro.
Il governo uscente ha rimandato ad allora decisioni su iniziative più corpose e i rincari sui prezzi delle bollette sono diventati uno dei maggiori temi della campagna elettorale tra i due candidati per la guida del Partito Conservatore e del paese, Liz Truss e Rishi Sunak.
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