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  • Martedì 16 agosto 2022

Le responsabilità dell’Iran nell’accoltellamento di Salman Rushdie

Sono piuttosto chiare quelle indirette e legate alla fatwa, ma si indaga anche su un coinvolgimento delle Guardie Rivoluzionarie

Le immagini degli ayatollah Khomeini e Khamenei e del generale Suleimani, fra gli altri, a Yaroun, in Libano, città di origine della famiglia dell'aggressore di Rushdie (AP Photo/Mohammed Zaatari)
Le immagini degli ayatollah Khomeini e Khamenei e del generale Suleimani, fra gli altri, a Yaroun, in Libano, città di origine della famiglia dell'aggressore di Rushdie (AP Photo/Mohammed Zaatari)
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Pochi giorni dopo l’accoltellamento dello scrittore Salman Rushdie durante un evento pubblico negli Stati Uniti, il governo iraniano ha negato ufficialmente ogni implicazione con l’attentatore, benché dal 1989 Rushdie sia soggetto a una condanna a morte, una fatwa, da parte dell’ayatollah Ruhollah Khomeini, l’allora leader politico e religioso dell’Iran per il suo libro I Versi satanici. Il regime ha fatto sapere che lo scrittore, aggredito da un cittadino americano di origini libanesi venerdì a Chautauqua, nello stato di New York, «può rimproverare soltanto se stesso» per aver provocato i fedeli islamici con i suoi libri.

In realtà il regime religioso iraniano ha varie responsabilità: anzitutto di tipo indiretto e legate alla fatwa, che molto probabilmente ha ispirato Hadi Matar, l’assalitore. Inoltre, le indagini sull’aggressione potrebbero rivelare un possibile coinvolgimento diretto, anche parziale, da parte di alcuni elementi delle Guardie Rivoluzionarie, il corpo militare iraniano incaricato di difendere la rivoluzione.

L’aggressione a Rushdie, che attualmente ha iniziato un lento recupero da ferite che «ne cambieranno la vita» (secondo la definizione data dalla famiglia), arriva in un momento di particolare tensione nei rapporti fra l’Iran, gli Stati Uniti e l’Occidente in generale. La scorsa settimana il dipartimento di Giustizia statunitense ha accusato un membro delle Guardie Rivoluzionarie di aver cercato di organizzare un complotto per uccidere John Bolton, consigliere per la sicurezza nazionale dell’amministrazione Trump. Sono anche le ultime settimane del negoziato sul nucleare iraniano, che è ormai molto vicino al fallimento.

Hadi Matar, l’autore dell’attacco a Chautauqua, è nato in New Jersey da una famiglia emigrata da Yaroun, città del sud del Libano, in una zona controllata da Hezbollah, gruppo radicale sciita molto vicino all’Iran. I giornali americani hanno raccontato che i profili social di Matar raccoglievano molti post di supporto per l’Iran e i suoi leader. Matar aveva postato foto di Khomeini, del generale Qassem Suleimani, comandante delle Guardie Rivoluzionarie ucciso da un attacco con droni dagli Stati Uniti nel 2020, e di Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah.

Il segretario di Stato americano Antony Blinken domenica ha accusato il governo iraniano di essere responsabile della violenza nei confronti di Rushdie: «Le istituzioni statali iraniane per generazioni hanno incitato alla violenza verso Rushdie e giornali legati al governo hanno esultato per l’attentato».

La risposta iraniana è arrivata attraverso il portavoce del ministero degli Esteri, Nasser Kanaani. Ha detto che nessuno ha il diritto di accusare la Repubblica Islamica dell’Iran per un attacco in cui «gli unici responsabili sono Salman Rushdie e i suoi sostenitori: insultando gli argomenti sacri dell’Islam ha attraversato un confine invalicabile e provocato la rabbia e la furia di un miliardo e mezzo di persone». Il governo iraniano ha così indirettamente confermato il persistere della fatwa del 1989: la validità della condanna era peraltro stata ribadita anche nel 2017 dal successore di Khomeini, l’ayatollah Ali Khamenei.

In maniera ben più esplicita, in questi giorni la stampa iraniana ha esaltato ed elogiato l’aggressore.

Il giornale conservatore Kayhan, il cui direttore è nominato direttamente da Khamenei, ha commentato i fatti con un editoriale: «Complimenti all’uomo coraggioso e scrupoloso che ha attaccato Salman Rushdie, apostata e depravato. Vorremmo baciare la mano che ha infilzato con un coltello il collo del nemico di Dio». Khorasan, un altro giornale conservatore, ha titolato: «Satana sulla strada verso l’inferno». E solo cinque giorni prima dell’attacco di Chautauqua Iran Online aveva ricordato «la grande e indimenticabile fatwa per i musulmani di tutto il mondo».

– Leggi anche: La fatwa contro Salman Rushdie

Ma al di là delle responsabilità indirette, le autorità giudiziarie americane e i servizi di intelligence stanno indagando per capire se esistano connessioni dirette fra l’attentatore e il governo iraniano o singoli esponenti delle Guardie Rivoluzionarie.

Secondo fonti anonime dei servizi segreti europei e mediorientali contattate da Vice, Matar avrebbe avuto contatti sui social media con uno o più rappresentanti del corpo militare iraniano, che in Iran svolge compiti di difesa, di intelligence e di politica estera. Si starebbe indagando sulla natura dei contatti, anche se al momento non esistono prove di un coinvolgimento del governo iraniano. Comunque anche un eventuale sostegno da parte di esponenti delle Guardie della Rivoluzione non presupporrebbe, secondo le fonti dell’intelligence citate da Vice, l’approvazione dell’operazione ad alto livello, perché gli agenti spesso godono di una libertà di azione piuttosto ampia.

Le immagini degli ayatollah Khomeini e Khamenei all’ingresso di Yaroun, in Libano, città di origine della famiglia dell’aggressore di Rushdie (AP Photo/Mohammed Zaatari)

L’accoltellamento di Rushdie è arrivato dopo anni in cui le misure di sicurezza intorno allo scrittore, nato in India ma di cittadinanza britannica e statunitense, erano state allentate, perché la minaccia non era più considerata alta. Secondo lo stesso funzionario dei servizi segreti di un paese mediorientale intervistato da Vice è improbabile che Matar, nato in New Jersey quasi una decina d’anni dopo la fatwa, abbia considerato autonomamente lo scrittore come un obiettivo “attuale”.

Indipendentemente dalle indagini, l’accoltellamento di Rushdie potrebbe avere grosse ripercussioni sui rapporti tra l’Iran e l’Occidente. Per esempio sul complesso negoziato sul nucleare iraniano, già vicino al fallimento e da anni una delle questioni più discusse della politica internazionale.

L’accordo del 2015 per limitare il programma nucleare iraniano a uso civile in cambio di un allentamento delle sanzioni, raggiunto durante il mandato del presidente americano Barack Obama, era stato eliminato nel 2018 da Donald Trump, che aveva unilateralmente ritirato dall’accordo gli Stati Uniti. I negoziati erano ripresi con la presidenza di Joe Biden, ma sono presto entrati in un fase di stallo. Ora esponenti del Partito Repubblicano hanno chiesto all’amministrazione Biden di ritirarsi dal negoziato in seguito all’accoltellamento di Rushdie. Il governo al momento ha ribadito di voler tenere separata la questione nucleare dagli altri motivi di tensione fra i due paesi.