Le condizioni di Salman Rushdie sono migliorate
Lo scrittore era stato accoltellato venerdì vicino a New York e sabato il suo agente ha fatto sapere che ora è in grado di parlare e respirare in autonomia
Le condizioni di salute dello scrittore Salman Rushdie, accoltellato venerdì durante un evento pubblico nello stato di New York e subito ricoverato in ospedale, sono migliorate: sabato sera il suo agente, Andrew Wylie, ha fatto sapere che adesso lo scrittore riesce a respirare senza il bisogno di una macchina per la ventilazione ed è anche in grado di parlare. Domenica, in un nuovo aggiornamento, ha detto che Rushdie ha cominciato la «strada verso la guarigione», che però sarà «lunga»: le lesioni che ha subìto sono «gravi», ma la situazione «sta andando dalla parte giusta», ha commentato Wylie.
Poco dopo il ricovero, Wylie aveva detto che a causa delle ferite di arma da taglio Rushdie aveva i nervi di un braccio recisi, aveva subìto danni al fegato e rischiava di perdere un occhio.
L’uomo che aveva aggredito Rushdie – poco prima che cominciasse un intervento in un festival letterario organizzato a Chautauqua – si chiama Hadi Matar, ha 24 anni ed era stato arrestato subito dopo l’attacco: sabato è stato accusato di tentato omicidio e aggressione, ma durante una prima udienza in tribunale si è dichiarato non colpevole tramite un avvocato assegnato d’ufficio.
Secondo la procura dello stato di New York, Matar avrebbe colpito Rushdie circa 10 volte al volto, al collo e all’addome, in un attacco che si ritiene essere stato mirato e premeditato. I motivi del gesto non sono ancora noti: Matar continua a essere in stato di fermo senza possibilità di rilascio su cauzione; la prossima udienza è fissata per il 19 agosto.
Oltre che per la sua carriera di scrittore, Rushdie, che ha 75 anni, è noto anche perché nel 1989 fu oggetto di una condanna a morte da parte dell’ayatollah Ruhollah Khomeini, l’allora leader politico e religioso dell’Iran. La colpa di Rushdie era aver scritto I versi satanici (The Satanic Verses), un romanzo in cui – secondo Khomeini – Rushdie insultava la religione islamica e il suo profeta. Quella dell’ayatollah Khomeini era una fatwa, ovvero una sentenza emessa da un’autorità religiosa e teoricamente vincolante per tutti i musulmani: non era rivolta solo a Rushdie, ma anche agli editori e alle persone che avevano reso possibile la pubblicazione del libro.
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