La CIA è sempre più interessata alla Cina
Dopo vent'anni in cui si era concentrata sull'antiterrorismo, l'intelligence americana vuole tornare allo spionaggio tradizionale
L’intelligence americana – la CIA, la principale agenzia di intelligence per l’estero, ma anche altre organizzazioni – sta progressivamente reindirizzando risorse e personale dalle operazioni di antiterrorismo a quelle di spionaggio, rivolte soprattutto alla Cina. È un cambio di orientamento che il governo americano progetta da tempo, dopo che negli ultimi vent’anni, con la cosiddetta guerra al terrore iniziata dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001, le attività dell’intelligence si erano concentrate soprattutto sulla prevenzione e il contrasto alla minaccia terroristica ed era stato trascurato lo spionaggio più tradizionale, quello verso altri paesi.
Benché le operazioni di antiterrorismo restino una priorità, come dimostrato anche dalla recente uccisione del leader di al Qaida Ayman al Zawahiri da parte della CIA, il cambio di orientamento verso lo spionaggio è stato dichiarato sia in modo programmatico sia attraverso una serie di azioni concrete. A un recente convegno sull’intelligence negli Stati Uniti David Cohen, vicedirettore della CIA, ha detto per esempio che l’agenzia ha bisogno di «rafforzare e sincronizzare i propri sforzi sulla Cina» e che a questo fine avrebbe impegnato nuovi mezzi e risorse.
Alcuni funzionari intervistati di recente sia da Associated Press che da CNN, poi, hanno confermato che diverse agenzie di intelligence americane in questi ultimi anni hanno impegnato molti dei loro membri in operazioni concentrate sulla Cina, spesso sottraendoli a quelle dell’antiterrorismo. Anche se non ci sono dettagli sui numeri e sul tipo di posizioni, Associated Press parla del trasferimento di «centinaia» di funzionari da un ambito all’altro. Cohen ha anche detto di aver intensificato i regolari incontri col direttore della CIA William Burns dedicati esclusivamente alla Cina. La presenza dell’intelligence americana in Cina è «insufficiente in modo sconfortante», scrive CNN citando alcuni funzionari americani.
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Tra gli obiettivi dell’intelligence americana sembra che ci sia soprattutto guadagnare informazioni sulle tecnologie avanzate, come quelle legate all’intelligenza artificiale, che il governo cinese ha sviluppato negli ultimi anni e in cui sta continuando a investire l’equivalente di migliaia di miliardi di dollari. Anche per questo la CIA, l’anno scorso, ha creato due nuove unità specifiche, una sulla Cina e una sulle tecnologie emergenti. Le nuove unità serviranno a centralizzare e rafforzare la raccolta di informazioni in entrambi gli ambiti. La nuova unità dedicata alla Cina, tra l’altro, è l’unica della CIA dedicata a un solo paese anziché a una regione o area del mondo.
La CIA sta anche assumendo più persone che parlano il cinese, mentre molti dei funzionari già assunti lo stanno studiando. Sembra infine che tra i piani futuri dell’agenzia ci sia anche il rafforzamento del proprio staff in luoghi geografici lontani dalla Cina ma fondamentali nel suo processo di espansione politica ed economica. Tra questi l’Africa, una delle aree in cui il governo cinese sta cercando di guadagnare più influenza, pur tra molti problemi, anche attraverso l’enorme programma di investimenti per la costruzione di infrastrutture commerciali noto come Belt and Road Initiative o “nuova via della seta”.
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A livello operativo tutto questo è in parte considerato una specie di ritorno al modo in cui alcune agenzie di intelligence lavoravano prima che iniziasse la cosiddetta guerra al terrore: «Sembra che [la CIA] stia per certi versi cercando di replicare alcune delle cose che funzionavano bene prima che la guerra al terrorismo dominasse l’attenzione di tutti», ha detto a CNN Thad Troy, ex funzionario dell’agenzia che in passato ha diretto operazioni in diverse città del continente europeo.
Il cambio di orientamento dell’intelligence americana è sostenuto da numerosi funzionari e politici americani di entrambi gli schieramenti, e molti ritengono che sia anche piuttosto tardivo rispetto alle esigenze statunitensi. Jason Crow, ex funzionario dell’esercito americano in Iraq e Afghanistan e oggi deputato Democratico del Colorado, ha detto ad Associated Press che gli Stati Uniti sono stati «eccessivamente concentrati sull’antiterrorismo negli ultimi anni» e che «una minaccia esistenziale ben più grande è rappresentata da Russia e Cina».
Anche in un recente rapporto della principale commissione parlamentare statunitense che si occupa di intelligence si dice che «con l’espansione della missione antiterrorismo, […] l’IC [la United States Intelligence Community, l’entità federale che racchiude le 17 agenzie e organizzazioni di intelligence del governo federale americano] ha trattato le tradizionali missioni di intelligence tradizionali come secondarie». Secondo il rapporto, una delle conseguenze è che c’è ancora molta «disattenzione» nei confronti di altre minacce emergenti.
La decisione degli ultimi vent’anni di dare la priorità alle attività antiterrorismo a scapito dello spionaggio ha anche avuto gravi conseguenze sulle agenzie d’intelligence americane.
Qualche anno fa, per esempio, un’inchiesta del New York Times aveva raccontato di quando, tra il 2010 e il 2012, il governo cinese era riuscito a «smantellare sistematicamente» le operazioni di spionaggio della CIA in Cina, in quello che alcuni funzionari americani avevano poi definito uno dei peggiori fallimenti dell’intelligence degli Stati Uniti degli ultimi decenni. Qualsiasi fossero i metodi usati, in quell’occasione la Cina era riuscita a ottenere informazioni sulle identità delle fonti usate dalla CIA sul territorio, per poi incarcerarle e ucciderle, riducendo così drasticamente il flusso di informazioni che l’agenzia stava riuscendo a ottenere dall’interno dello stato cinese.
L’anno scorso, poi, tutte le sedi e tutti gli agenti della CIA avevano ricevuto una nota in cui si diceva che negli ultimi anni decine di informatori stranieri erano stati scoperti, catturati oppure uccisi. Molti di quegli informatori erano in Cina, oppure in Russia, e individuarli e seguire i loro spostamenti era diventato sempre più facile grazie alle nuove tecnologie, per esempio attraverso le impronte biometriche e il riconoscimento facciale, ma anche con sistemi di intelligenza artificiale e attacchi informatici. Commentando la perdita degli informatori, alcuni funzionari l’avevano ricondotta anche al fatto che negli ultimi anni la CIA aveva dedicato gran parte della sua attenzione alle operazioni antiterrorismo.
Queste difficoltà non implicano che l’intelligence americana abbia del tutto perso la sua efficacia, anzi: negli ultimi mesi ha ottenuto vari importanti successi in Russia, anzitutto prevedendo correttamente l’invasione dell’Ucraina, e poi fornendo un aiuto fondamentale alla resistenza ucraina nel corso della guerra.
Ma molti esperti ritengono che nonostante tutto sia necessario un grosso cambio di paradigma.
Al cambio di orientamento si ritiene che abbia contribuito soprattutto l’espansione politica ed economica della Cina, a cui si è affiancata una politica estera sempre più decisa e assertiva da parte del Partito comunista cinese. Negli ultimi anni l’intelligence americana ha inoltre accusato la Cina di aver tentato di influenzare la politica interna statunitense, avviato campagne di cyberspionaggio contro gli Stati Uniti e più recentemente trattenuto importanti informazioni su una questione di interesse globale come la diffusione del coronavirus.
Anche la crisi in corso a Taiwan, isola indipendente che la Cina considera propria ma con cui gli Stati Uniti hanno rapporti strettissimi, benché informali, ha fatto capire quanto sia importante per gli Stati Uniti avere tutti i mezzi necessari per prevedere eventuali azioni future del governo cinese.
Ma spiare paesi che hanno a loro volta intelligence potenti e sofisticate, come la Cina, è tutt’altro che semplice, e ci vorrà molto tempo per riorientare il lavoro delle agenzie di intelligence e per radicarlo in una nuova area geografica. Non dovrà cambiare solo la quantità di risorse o di personale impegnato, ma anche la cultura delle stesse agenzie, che per vent’anni si sono concentrate su missioni piuttosto diverse: «Per decenni ci siamo occupati di antiterrorismo: ora dobbiamo mettere a punto un piano per attuare questo adattamento, e fare in modo di non metterci un’era glaciale che i nostri nemici possano sfruttare», ha detto ad Associated Press Douglas Wise, ex vicecapo delle operazioni della divisione antiterrorismo della CIA.
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