È vero che Fratelli d’Italia non ha votato il Recovery Fund?
Nel voto decisivo per approvarlo, al Parlamento Europeo, il partito di Giorgia Meloni si era astenuto con toni polemici
In questi giorni il Partito Democratico ha accusato spesso Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni, di non avere mai votato a favore del Next Generation EU, detto anche Recovery Fund, cioè il serbatoio di fondi dell’Unione Europea per contrastare la crisi economica causata dalla pandemia.
Per il PD è un modo di contrastare la narrazione che Meloni sta cercando di imporre ormai da mesi, e cioè che Fratelli d’Italia sia un partito affidabile e istituzionale, a tutti gli effetti pronto per governare, e che non è euroscettico come gli altri partiti sovranisti di destra, come la Lega, di cui è alleato.
In effetti se si esclude un voto favorevole a un fondo laterale, chiamato REACT-EU, nei voti più significativi sul Next Generation EU Fratelli d’Italia si è sempre astenuta, spesso con toni molto critici. Oggi che il Next Generation EU è trasversalmente considerato un successo e una misura assai positiva per l’Italia, l’astensione e le critiche di Fratelli d’Italia sono fonte di un certo imbarazzo. Lo ha dimostrato per esempio la recente risposta stizzita di uno dei leader del partito, Guido Crosetto, a un giornalista del Tg1 che gli aveva ricordato l’iniziale contrarietà di Fratelli d’Italia al Next Generation EU.
Il Next Generation EU è stato elaborato dalle istituzioni dell’Unione Europea nella seconda metà del 2020, e la sua approvazione definitiva è avvenuta nei primi mesi del 2021. In particolare il Dispositivo per la ripresa e resilienza, il fondo principale del Next Generation EU, i cui soldi sono spesi in base ai Piani nazionali di ripresa e resilienza (PNRR), è stato approvato dal Parlamento Europeo il 9 febbraio.
In quell’occasione il Dispositivo per la ripresa e resilienza fu approvato a larga maggioranza, con 582 voti a favore, 40 contrari e 69 astenuti. A favore votò anche la Lega, che da pochi mesi era entrata nella maggioranza che sosteneva il governo filoeuropeista di Mario Draghi.
I sei europarlamentari di Fratelli d’Italia che parteciparono al voto, invece, si astennero: Sergio Berlato, Carlo Fidanza, Raffaele Fitto, Pietro Fiocchi, Nicola Procaccini e Raffaele Stancanelli. Il gruppo parlamentare a cui appartiene Fratelli d’Italia, quello dei Conservatori e dei Riformisti (ECR), votò in maniera molto diversa: gli svedesi e gli olandesi votarono contro, i polacchi a favore, i cechi e gli spagnoli si astennero insieme a Fratelli d’Italia. Cosa che fa pensare che la decisione su comportarsi fu presa dalle singole delegazioni nazionali, e non dal gruppo parlamentare.
Nella discussione che aveva preceduto il voto l’unico esponente di Fratelli d’Italia che aveva preso la parola si era espresso con toni estremamente critici contro il Next Generation EU, tanto che secondo Repubblica «più che un’astensione sembrava [annunciare] un voto contrario». L’europarlamentare in questione era Carlo Fidanza, allora capogruppo di Fratelli d’Italia al Parlamento Europeo e considerato molto vicino a Meloni. Sette mesi dopo si è autosospeso dal partito perché coinvolto nell’inchiesta di Fanpage sui finanziamenti in nero alla campagna elettorale di una candidata di Fratelli d’Italia al consiglio comunale di Milano, oltre che sulle diffuse apologie di fascismo e nazismo nel partito.
Nel suo intervento Fidanza sosteneva che il Next Generation EU avrebbe rischiato di creare «nuove tasse dirette o indirette su cittadini e imprese europee», oltre che di «far rientrare dalla finestra le regole dell’austerità». «Nel corso dei mesi quello che doveva essere un piano per la ripresa è diventato qualcosa di diverso», spiegava Fidanza: «ci asterremo e continueremo a vigilare senza sconti». Un mese dopo Fratelli d’Italia si è di nuovo astenuta in una votazione al Parlamento Europeo sulla cosiddetta riforma delle “risorse proprie”, che riguardava modi nuovi e creativi per finanziare il Next Generation EU.
Nei mesi successivi Fratelli d’Italia ha mantenuto toni critici sul Next Generation EU. Poi in una fase successiva le sue attenzioni si sono spostate sul PNRR elaborato dal governo Draghi. In occasione del voto finale alla Camera sul PNRR, tenuto il 27 aprile, è stata la stessa Meloni ad annunciare l’astensione di Fratelli d’Italia.
Nel suo intervento Meloni concentrò le sue critiche sul fatto che il Parlamento avesse avuto a disposizione troppo poco tempo per esaminare il piano, ma aggiunse anche che nel documento c’erano «troppe risposte che rimangono drammaticamente inevase». A un certo punto commentò con tono sarcastico il fatto che la Commissione Europea fosse stata coinvolta più direttamente dal governo nelle varie fasi della stesura del piano. «Loro il piano l’hanno potuto leggere, speriamo che non l’abbiano scritto direttamente», disse Meloni.
Nel programma della coalizione di destra reso pubblico in questi giorni, fra le altre cose, c’è anche la «revisione del PNRR in funzione delle mutate condizioni, necessità e priorità».