Breve storia delle parole crociate
Nacquero negli Stati Uniti a inizio Novecento ed ebbero da subito un gran successo, ma in Italia c'era stato anche qualche esperimento antecedente
A schema libero, senza schema oppure crittografate, nelle vacanze estive le innumerevoli versioni delle parole crociate sono tra i passatempi più popolari dell’enigmistica, l’attività di (comporre e) risolvere enigmi legati alle parole. Agli appassionati che vi si dedicano tutto l’anno, a luglio e agosto si aggiungono moltissime persone con un rapporto più occasionale e balneare con i cruciverba, che rimangono uno dei passatempi analogici più diffusi e resistenti sulle spiagge italiane.
Per usare un’espressione che è diventata celebre grazie anche alla Settimana Enigmistica, la più famosa rivista di enigmistica italiana, “forse non tutti sanno che” l’invenzione delle parole crociate è relativamente recente: risale a poco più di un secolo fa, e anche se generalmente è attribuita a un giornalista inglese emigrato a New York ha precedenti simili anche in Italia.
L’invenzione delle parole crociate così come siamo abituati a intenderle oggi – griglie di parole di senso compiuto che si incastrano su righe orizzontali e colonne verticali, separate da caselle, solitamente nere – si deve ad Arthur Wynne, che nacque nel 1871 a Liverpool ed emigrò negli Stati Uniti quando aveva 19 anni.
Come ha raccontato lo Smithsonian Magazine, forse Wynne aveva preso ispirazione da alcune combinazioni di parole piuttosto semplici, che potevano essere lette sia in orizzontale che in verticale e comparivano su varie riviste nell’Inghilterra del 19esimo secolo; può darsi anche che fosse stato ispirato dal “Quadrato del Sator”, una serie di cinque parole conosciuta da secoli che rappresenta un particolare tipo di palindromo. A ogni modo, il primo cruciverba moderno di Wynne fu pubblicato il 21 dicembre del 1913 su Fun, il supplemento domenicale del quotidiano New York World, che conteneva una serie di altri giochi ed esercizi mentali.
Era uno schema a forma romboidale, con uno spazio bianco al centro che serviva per separare due parole che si trovavano su una stessa riga o su una stessa colonna; in maniera del tutto simile a quello che accade oggi, le loro definizioni si trovavano sotto alla griglia, indicate dai numeri delle caselle della prima e dell’ultima lettera.
Originariamente Wynne aveva chiamato il suo gioco “Word-Cross Puzzle”, che si può tradurre come “l’enigma delle parole incrociate”. Il nome “crossword”, quello che oggi indica i cruciverba in inglese, nacque perché per errore un illustratore della rivista aveva invertito le due parole: piacque e rimase. Nella griglia c’era anche un piccolo aiuto: la prima parola orizzontale, “FUN” (divertimento), come il nome dell’inserto.
Nel giro di dieci anni, i cruciverba cominciarono a essere pubblicati su quasi tutti i principali quotidiani americani e la moda si diffuse rapidamente anche in Europa. Le prime parole crociate del Regno Unito furono quelle pubblicate nel febbraio del 1922 sul Pearson’s Magazine, ma negli anni successivi le più famose diventarono quelle del Sunday Times. Il primo cruciverba italiano invece apparve l’8 febbraio del 1925 sulla Domenica del Corriere con il titolo “L’indovinello delle parole incrociate”.
Come racconta il libro L’uomo delle parole incrociate di Giorgio Spreafico, comunque, in Italia c’era chi aveva già fatto esperimenti con indovinelli simili. Nel 1890 Giuseppe Airoldi, un impiegato del Comune di Lecco e corrispondente del Corriere della Sera, aveva presentato le sue prime “Parole incrociate” sul settimanale milanese Il Secolo illustrato della domenica. Quelle di Airoldi però non sono considerate vere e proprie parole crociate perché nella sua griglia quadrata di 16 caselle mancavano spazi o caselle nere che separassero le parole.
Negli anni seguenti alla pubblicazione del primo cruciverba di Wynne, il successo delle parole crociate negli Stati Uniti fu sensazionale. Due giovani editori, Richard Simon e Lincoln Schuster, ebbero l’idea di fare un libro di sole parole crociate, che uscì nell’aprile del 1924 in 3.600 copie. Nonostante qualche perplessità iniziale, il loro “Cross Word Puzzle Book” vendette più di 100mila copie, e portò alla nascita di uno dei più grandi editori del mondo, Simon & Schuster, appunto.
Sui treni dei pendolari si faceva a gara a risolvere i cruciverba, che intanto diventavano sempre più precisi, codificavano un linguaggio e definizioni più enigmatiche o spiritose. Era un’abitudine così diffusa che secondo un editoriale del Times di Londra del 1924 avrebbe ucciso le conversazioni e distrutto famiglie.
Ci furono perplessità anche al New York Times, il prestigioso quotidiano statunitense che oggi è noto tra le altre cose per il suo “Crossword” giornaliero, e che sempre nel 1924 aveva definito i cruciverba in un editoriale «un tipo di esercizio mentale rozzo».
Le cose tuttavia cambiarono all’inizio degli anni Quaranta, nel momento in cui gli Stati Uniti entrarono nella Seconda guerra mondiale. Uno dei caporedattori del quotidiano aveva suggerito di «procedere» con la pubblicazione di questi enigmi in modo da dare qualcosa da fare ai lettori, in un periodo particolarmente cupo: il primo cruciverba del New York Times fu pubblicato il 15 febbraio del 1942, curato dalla giornalista ed enigmista Margaret Petherbridge Farrar, che era stata assistente di Wynne; le parole crociate diventarono un elemento ricorrente del quotidiano a partire dall’11 settembre del 1950. Oggi quelle del New York Times sono probabilmente le più famose parole crociate del mondo.
– Leggi anche: Il plagio delle parole crociate
Il grande successo delle parole crociate in Italia si deve invece alla celebre Settimana Enigmistica, una delle riviste italiane più antiche, il cui primo numero uscì il 23 gennaio del 1932 in 6mila copie, al prezzo di 50 centesimi di lira l’una. In oltre novant’anni di cruciverba di ogni tipo, rubriche, rebus, indovinelli e vignette, il suo formato si è mantenuto simile a quello originale.
Fondata da Giorgio Sisini, proprietario e suo storico direttore, La Settimana Enigmistica fu un enorme successo fin da subito, e ispirò moltissimi tentativi di imitazione, come ricorda lo slogan introdotto negli anni Quaranta e che campeggia ancora oggi sopra alla testata sui suoi numeri pari (sui dispari c’è «La rivista di enigmistica prima per fondazione e per diffusione»). Insieme ai quotidiani, ai fotoromanzi, ai fumetti e alla televisione, nel secondo Dopoguerra La Settimana Enigmistica fu uno dei principali passatempi di massa, nonché uno dei grandi veicoli dell’alfabetizzazione italiana e dell’acculturazione del Paese.
– Leggi anche: Forse non tutti sanno che…
Pietro Bartezzaghi, che cominciò a collaborare con la rivista nel 1949, a 16 anni, fu per decenni l’autore dell’ultimo cruciverba della rivista, notoriamente il più difficile, preceduto da versioni sempre più innovative o complicate di parole crociate, come i cruciverba sillabici, gli incroci obbligati o le cornici concentriche. A Bartezzaghi, detto Piero, Susini affidò anche il compito di modernizzare il linguaggio dell’enigmistica: grazie alle sue definizioni, nella rivista (e quindi nella cultura italiana) cominciarono a comparire anche parole straniere, marchi e vari riferimenti all’attualità. Oggi suo figlio Alessandro dirige la rivista.
Grazie al successo della Settimana Enigmistica, nella seconda metà del Novecento le parole crociate cominciarono a comparire su moltissimi giornali e anche in radio e in televisione. Negli anni Ottanta e Novanta per esempio fu popolarissimo il cosiddetto “cruciverbone”, che diventò un classico dei quiz televisivi italiani.