Fratelli d’Italia si sta preparando a contare molto di più
Fra qualche settimana un partito che non è mai stato al governo potrebbe ritrovarsi a esprimere decine di parlamentari e ministri
di Luca Misculin
Da mesi Fratelli d’Italia viene considerato dai sondaggisti il più popolare partito italiano, e secondo le previsioni nel prossimo parlamento potrebbe eleggere più o meno il triplo dei 60 parlamentari di cui dispone oggi, esprimere ministri di peso, se non addirittura il presidente del Consiglio, e indicare decine di persone alla guida delle aziende partecipate dallo stato. Sarà una condizione assolutamente nuova per il partito. Dalla sua nascita, dieci anni fa, non è mai entrato in una maggioranza di governo: caso rarissimo fra i partiti italiani di oggi.
Nelle scorse settimane sui giornali sono stati pubblicati vari nomi di imprenditori, manager e intellettuali che sarebbero stati avvicinati dalla leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, per concordare un posto nelle liste elettorali del partito o in un eventuale governo di destra. Fra i nomi circolati con più insistenza ci sono quelli di Fabio Panetta, membro del Comitato esecutivo della Banca centrale europea e da molti ritenuto il prossimo governatore della Banca d’Italia; Claudio Descalzi, amministratore delegato di ENI; Carlo Messina, CEO di Banca Intesa Sanpaolo. Oltre a diversi altri economisti, funzionari di stato, scrittori, ex ministri dei governi di Silvio Berlusconi.
La tesi di fondo di questi retroscena è che Meloni si fidi poco di attivisti storici e dirigenti del proprio partito. «In lunghi anni di opposizione non è stata in grado di creare una classe dirigente degna di nota all’interno del partito, che possa gestire la macchina del governo. Meloni ne è consapevole», hanno scritto i giornalisti Giovanni Tizian ed Emiliano Fittipaldi in una lunga inchiesta per Domani. Sul Foglio, Dario Di Vico sostiene che Fratelli d’Italia «non ha un gruppo dirigente sufficientemente largo e competente», e che Meloni ha avviato da tempo una «campagna di reclutamento».
Diversi casi di cronaca degli ultimi anni hanno mostrato per esempio che alcuni membri del partito provano una certa nostalgia per il fascismo. Fratelli d’Italia è nato dalle ceneri di Alleanza Nazionale, che a sua volta era l’erede del Movimento Sociale Italiano, il partito di estrema destra che raccolse diverse figure di rilievo che avevano lavorato nel regime fascista o lo avevano sostenuto fino alla fine. Ma Meloni da anni sta cercando di distanziare Fratelli d’Italia dal suo passato: negli ultimi giorni ha pubblicato un video in inglese, francese e spagnolo in cui spiega che la destra italiana «ha consegnato il fascismo alla storia ormai da decenni».
Aveva ripetuto cose simili anche l’anno scorso, quando l’europarlamentare Carlo Fidanza e alcuni attivisti del partito di Milano erano rimasti coinvolti in un caso di fondi neri per finanziare la campagna elettorale di una candidata consigliera a Milano. Un’inchiesta di Fanpage sul caso aveva documentato diffuse apologie di fascismo e nazismo all’interno del partito. Dentro Fratelli d’Italia «non c’è spazio per le nostalgie, non c’è spazio per il razzismo, per l’antisemitismo, per il folklore, per le imbecillità», aveva commentato Meloni in quell’occasione.
In altre occasioni alcuni eletti locali di Fratelli d’Italia sono stati indagati per corruzione e riciclaggio. Qualche mese fa un candidato consigliere del partito a Palermo, Francesco Lombardo, era stato arrestato con l’accusa di voto di scambio politico-mafioso. All’epoca il partito commentò che «chiunque si avvicini a Fratelli d’Italia deve sapere che la criminalità organizzata è il nostro primo nemico».
Diverse persone che orbitano intorno a Meloni e al partito ritengono che farà di tutto per evitare scandali e figuracce del genere, ma anche che il partito continuerà a fidarsi della propria classe dirigente, composta da migliaia di persone in tutta Italia.
«In questa fase Fratelli d’Italia non ha alcun interesse ad avere candidati che magari hanno problemi giudiziari o non sono completamente spendibili», spiega Francesco Giubilei, editore e presidente della Fondazione Tatarella, vicina agli ambienti del partito. «Senza dubbio cercheranno di avere dei candidati ben presentabili». Secondo il Fatto Quotidiano Meloni ha esplicitamente incaricato il responsabile dell’organizzazione di Fratelli d’Italia, Giovanni Donzelli, di «fare pulizia nel partito».
Il meccanismo di selezione dei candidati da inserire nelle liste si è già messo in moto. I coordinatori regionali hanno raccolto le candidature dai gruppi cittadini, le hanno selezionate e sottoposte alla dirigenza nazionale, che farà le sue scelte oltre a riservare una quota di candidature dalla società civile sia nei collegi uninominali sia nei listini proporzionali della legge con cui andremo a votare, il cosiddetto “Rosatellum”.
La composizione delle liste elettorali coordinandosi con le proprie strutture locali è un’operazione quasi novecentesca, ma che Fratelli d’Italia pratica fin dalla sua nascita. «È un partito relativamente nuovo ma prosegue la storia dei partiti di destra che hanno un forte radicamento sul territorio», spiega Giubilei. «Fratelli d’Italia ha una struttura, un movimento giovanile forte, sezioni fisiche: insieme al Partito Democratico è il partito più radicato in Italia, e finora ha sempre ascoltato le istanze che provenivano dalla base», anche in termini di candidature.
Riccardo Truppo, avvocato e capogruppo di Fratelli d’Italia nel consiglio comunale di Milano, sostiene che il partito sia pronto «da tantissimo tempo» per assumere un ruolo di primo piano nella politica italiana, e che in questi anni abbia cercato di fare crescere senza troppi clamori una classe dirigente nuova. «Ci sono moltissimi dirigenti giovani ma in un certo senso già vecchi, che si sono formati quando i sondaggi ci davano al 2 per cento e quindi scevri da qualsiasi velleità o opportunismo: io ho 39 anni e mi sono candidato per la prima volta nel 2001 con Alleanza Nazionale, e come me ce ne sono tanti altri».
Anche il circolo ristretto di Meloni è composto soprattutto da persone che hanno questo profilo: una lunga carriera nel partito, ma pochi anni nella politica ad alti livelli. Francesco Lollobrigida, cognato di Meloni e capogruppo del partito alla Camera, ha 50 anni ed è alla sua prima legislatura da deputato. Esattamente come Giovanbattista Fazzolari, senatore e responsabile del programma. Donzelli di anni ne ha 46. Tutti e tre provengono dalla sezione giovanile del Movimento Sociale Italiano.
Fra i consiglieri più in vista di Meloni c’è anche Guido Crosetto, che invece ha una storia un po’ diversa: 58 anni, imprenditore e manager nel settore della difesa, cresciuto politicamente in Forza Italia. Si definisce un «cattolico democratico» ma fu tra i primi a intravedere il potenziale di Meloni e di Fratelli d’Italia, che contribuì a fondare nel 2012. È considerato il dirigente più “istituzionale” del partito, ed è noto che abbia buoni rapporti e goda di una certa stima anche tra gli avversari politici.
Nelle ultime settimane è stato tra i più citati esponenti di Fratelli d’Italia, e circolano varie ipotesi su un suo possibile coinvolgimento in un eventuale governo, con ruoli importanti. Attualmente però non fa politica attiva, si era dimesso da deputato nel 2019 per fare il presidente della Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza. Alle ultime elezioni del presidente della Repubblica fu il candidato di bandiera di Fratelli d’Italia, e al terzo scrutinio raccolse ben 114 voti.
Di recente Fazzolari ha detto al sito di news Formiche che «Fratelli d’Italia ha in tutto il territorio nazionale sindaci, amministratori, professionisti, persone che provengono da una lunga esperienza politica», e che «fino a oggi abbiamo molto più personale politico di alta qualità che non posizioni politiche nelle quali rappresentarlo», lasciando intendere che per le candidature e un eventuale arrivo al governo il partito pescherà soprattutto dal proprio interno.
È innegabile, però, che da qualche tempo Meloni stia cercando di far parlare Fratelli d’Italia con mondi con cui fino a pochi anni fa non comunicava, che hanno come prospettiva più un eventuale governo che una rappresentazione più ricca in parlamento. «È importante che ci sia stata un’apertura alla società civile attingendo da mondi e realtà che in questi anni sono stati vicini al partito: sia nella composizione delle liste sia in futuri eventuali incarichi di governo», dice Giubilei.
All’evento di tre giorni che ha tenuto ad aprile a Milano erano state invitate persone che realisticamente non compariranno nelle liste elettorali del partito, ma che potrebbero tornare utili in un nuovo governo. Fra gli altri c’erano il magistrato Carlo Nordio, l’ex ministro Giulio Tremonti, l’intellettuale di destra ed ex presidente del Senato Marcello Pera, ma anche figure meno scontate come il sociologo e commentatore Luca Ricolfi e il presidente di Confindustria Veneto, Matteo Zoppas.
Meloni dovrà comunque fare delle scelte: premiare i dirigenti e gli eletti locali del partito, proseguendo nella tradizione della destra, oppure affidarsi a persone che vengono da fuori. Verosimilmente farà entrambe le cose: va capito solo in quale misura.