L’acqua bevuta dalle buste di plastica
È un sistema che semplifica e garantisce l’accesso all’acqua potabile a milioni di persone ogni giorno, specialmente in Africa occidentale
In varie parti del mondo è piuttosto diffusa l’abitudine di bere acqua e altre bevande conservate in buste o sacchetti di plastica di vari tipi e dimensioni, anziché in bottiglie. In qualche caso è una moda, ma nella maggior parte delle circostanze è una soluzione pratica ed economica che semplifica e garantisce l’accesso all’acqua potabile a molte comunità di persone, per esempio nei paesi dell’Africa occidentale.
In Ghana, Nigeria, Costa d’Avorio o Sierra Leone l’acqua conservata nelle buste di plastica è bevuta fin dagli anni Novanta ed è conosciuta come acqua pura (“eau pure” o “pure water”). Come ha spiegato il ricercatore dell’Università di Miami Justin Stoler in uno studio realizzato nel 2017, buona parte dei governi locali la considerava un’abitudine passeggera: con il progressivo sviluppo delle aziende private che si occupano di servizi idrici però si è consolidata, spesso diventando la scelta preferita rispetto all’acqua corrente e provocando un aumento della domanda.
In Ghana per esempio quello di utilizzare buste di polietilene da 500ml, sigillate a caldo su entrambi i lati, è il metodo più comune per bere. Quella che contengono è ritenuta acqua sicura, di buona qualità e soprattutto ha un prezzo piuttosto accessibile, e per questo viene consumata anche dalle fasce più povere della popolazione.
Anche in varie parti della Nigeria le buste di plastica sigillate sono una importante fonte di acqua potabile per moltissime famiglie, sia nelle aree rurali, sia in città in grande espansione come Lagos, che con oltre 13 milioni di abitanti è la città più popolosa dell’Africa e ha una delle aree metropolitane più popolate del mondo. Generalmente in Nigeria le buste di acqua da 500ml vengono vendute e trasportate in sacchi di plastica più grandi e costano più o meno 15-17 naira ciascuna (più o meno 4-5 centesimi di euro). Nell’ultimo anno il prezzo delle confezioni che ne contengono venti però è cresciuto fino a superare anche i a 200 naira (circa 50 centesimi) a causa dell’aumento dei costi di produzione e della svalutazione della moneta locale.
Bere acqua da buste o sacchetti di plastica è piuttosto comune anche in India. In molti paesi – Italia compresa – le buste di plastica con acqua potabile sono inoltre adoperate nelle situazioni di emergenza.
Spesso nei mercati di varie zone del Messico si trovano succhi di frutta sfusi che vengono travasati in piccoli sacchetti di plastica da cui poi si beve con una cannuccia; in Thailandia il tè freddo viene servito in maniera simile. Da qualche anno invece a Tsingtao, nel nord-est della Cina, bere dal sacchetto la birra prodotta in città è diventata una moda: la birra Tsingtao, conosciuta anche in Italia, viene spillata direttamente dai fusti in sacchetti di plastica che di solito ne contengono 1,5 litri; poi si può versare in pinte o bicchieri, oppure si può bere con la cannuccia dal sacchetto.
A livello generale le buste di plastica sono più economiche da produrre rispetto alle bottiglie. In Africa molte persone tendono a sceglierle per la mancanza di acqua potabile oppure continuano comunque a preferirle, nella convinzione a volte errata che contengano acqua di qualità migliore rispetto a quella corrente, ha spiegato il professore di marketing ghanese Alexander Diani Kofi Preko in un articolo pubblicato su The Conversation.
Alcune analisi svolte su vari campioni di acqua venduta in buste di plastica in Nigeria e in Ghana hanno tuttavia riscontrato un’eccessiva presenza di vari tipi di batteri che potrebbero provocare infezioni o intossicazioni alimentari negli esseri umani. Un’indagine svolta durante la pandemia da coronavirus tra 62 rivenditori di acqua in buste nell’area di Damongo, nel nord del Ghana, ha evidenziato che nella gran parte dei casi l’acqua non veniva conservata secondo gli standard ottimali di igiene, aumentando il rischio di contaminazioni.
Nel suo studio Stoler ha osservato che la qualità dell’acqua in busta nell’Africa occidentale sembra essere migliorata con il progressivo sviluppo del settore idrico e con la maggiore regolamentazione nel tempo delle aziende che producono i sacchetti per l’utilizzo alimentare. Ha però notato che tendenzialmente le aziende che prestano più attenzione alla qualità dei prodotti sono quelle più grosse e strutturate, che sono concentrate attorno alle città più grandi, con il risultato che l’acqua venduta nelle aree urbane è di qualità migliore rispetto a quella che si trova nelle regioni rurali e più remote, dove di norma ci sono stabilimenti più piccoli.
Il consumo di acqua in busta, però, si porta dietro un prevedibile problema di rifiuti in plastica. Come aveva osservato Preko nel suo articolo su The Conversation, buona parte delle circa 2.500 tonnellate di rifiuti prodotte ogni giorno nella capitale ghanese Accra è composta dalle buste di plastica usa e getta destinate al consumo di acqua. Il loro utilizzo pertanto contribuisce ad aggravare il problema dell’inquinamento ambientale, che in Ghana ha da tempo raggiunto livelli di emergenza, con spiagge piene di rifiuti e grossi mucchi di plastica che intasano la rete fognaria.
In Ghana la produzione dell’acqua in buste di plastica è soggetta ai criteri stabiliti dall’ente che si occupa della regolamentazione di cibo e farmaci, che promuove anche il loro corretto smaltimento. Secondo Preko comunque il governo ghanese dovrebbe investire ulteriormente sulle campagne informative sull’utilizzo della plastica e rafforzare ancora di più le politiche sulla raccolta dei rifiuti. Per provare a contenere il problema dell’inquinamento alcuni paesi africani, tra cui il Senegal e la Repubblica del Congo, hanno già vietato la vendita delle buste destinate al consumo di acqua. In Nigeria, nonostante alcuni divieti sulla plastica usa e getta siano stati introdotti già nel 2014, se ne continuano a vendere circa 60 milioni al giorno.
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