La Nigeria cerca di risolvere i furti di petrolio
Sono massicci e stanno danneggiando seriamente l'economia del paese, oltre che provocando seri problemi di contaminazione
In questi giorni è entrato in funzione in Nigeria un nuovo oleodotto di 67 chilometri, per lo più interrato, definito «sicuro» e accolto con sollievo ed enfasi dal governo e dalle multinazionali petrolifere che operano nel paese. L’oleodotto era molto atteso perché è stato indicato come uno dei modi per risolvere un serio problema per l’economia e l’ambiente in Nigeria: il furto del petrolio greggio.
La Nigeria è fra i primi dieci paesi al mondo per esportazione di petrolio e per riserve certificate, ma negli ultimi mesi non è riuscita a sfruttare economicamente l’aumento dei prezzi del greggio né a rispettare le quote di produzione che le erano state assegnate dall’OPEC, l’associazione dei paesi produttori. Attualmente la sua produzione è stimata intorno a 1,2 milioni di barili al giorno, in ulteriore diminuzione rispetto al dato del 2021, quando già era stato registrato un calo. Un fattore importante nei problemi dell’industria petrolifera sono i massicci furti di greggio, che viene poi raffinato illegalmente e venduto al mercato nero o esportato.
Dal mese di luglio è stato chiuso l’oleodotto principale della zona del delta del Niger, il Trans-Niger Pipeline, che con la sua capacità di 180 mila barili al giorno trasportava circa il 15 per cento della produzione del paese. La chiusura è stata necessaria dopo che si era scoperto che fra ottobre 2021 e febbraio 2022 solo il 5 per cento del greggio pompato nell’oleodotto era arrivato a destinazione: il 95 per cento era rubato lungo il percorso o si disperdeva nel terreno e nelle acque circostanti con danni importanti per l’ambiente.
Lungo il tragitto del Trans-Niger Pipeline, che collega i pozzi dell’ovest del paese con la città di Bonny, da dove partono le esportazioni, i punti di manomissione dell’oleodotto sarebbero 150. Secondo le stime di Bloomberg, una media di 150mila barili al giorno vengono sottratti illegalmente, per una perdita pari a 4 miliardi di euro l’anno.
La mancanza di sicurezza nel settore del petrolio e del gas nigeriano, specialmente nella zona del delta del Niger, è un problema per il sistema di approvvigionamento mondiale messo in crisi dall’invasione russa dell’Ucraina. Lo scorso 23 luglio l’Unione Europea ha annunciato di voler aumentare dal 14 al 28 per cento la quota di gas naturale liquefatto (LNG) che acquista dalla Nigeria per far fronte al taglio dei rifornimenti in arrivo dalla Russia. Ma l’effettiva capacità della Nigeria di rispondere all’aumento della domanda è ancora da verificare.
I furti di greggio non hanno ripercussioni solo economiche, ma anche a livello di sicurezza e di contaminazione dell’ambiente.
Il petrolio sottratto dagli oleodotti viene raffinato in strutture illegali. Si tratta per lo più di grossi calderoni di metallo lungo alcuni dei corsi d’acqua che compongono il Delta del Niger, nascosti in mezzo alla vegetazione. Qui il greggio viene “cotto” e condensato nei vari prodotti petroliferi finali, poi incanalato in camere di raffreddamento a cielo aperto. Il gas che si produce durante il raffinamento viene bruciato e disperso nell’aria.
Come raccontato dalla BBC, per questa ragione Port Harcourt, la maggiore città della zona, è sovrastata da una costante e densa nube di fuliggine nera, che non permette di vedere a oltre trenta metri di distanza. Residui neri si depositano costantemente su persone e cose: i medici del posto hanno segnalato un aumento dei casi di pazienti con problemi respiratori.
Altre volte i problemi sono più immediati ed evidenti, come nel caso dell’esplosione di una raffineria illegale dello scorso aprile nella regione di Imo, nel sud del paese, che aveva causato oltre cento vittime.
Il governo nigeriano fatica a contrastare i furti di petrolio e la raffinazione illegale, in buona parte a causa della diffusa corruzione tra le autorità nazionali e locali. La remuneratività dei furti del greggio e un diffuso risentimento nei confronti delle multinazionali petrolifere, inoltre, rendono piuttosto popolari queste pratiche illegali fra gli abitanti della zona, nonostante gli evidenti effetti negativi.
Il nuovo oleodotto appena entrato in funzione si trova tra i centri abitati di Amukpe ed Escravos, in una zona più a nord rispetto al delta del Niger. Alcune compagnie petrolifere hanno già cominciato ad usarlo, e la sua costruzione è considerata un primo passo verso un rinnovamento delle infrastrutture e un maggior sfruttamento delle risorse del paese. La capacità dell’oleodotto rimane comunque limitata: circa 160 mila barili di greggio al giorno, contro una produzione complessiva nigeriana di 1,2 milioni di barili al giorno.