La pessima estate delle vongole nel delta del Po

La siccità ha alterato l'equilibrio delle lagune causando una moria dei molluschi fondamentali per l'economia locale

(AP Photo/Luca Bruno)
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Ogni giorno, sabato e domenica compresi, Fausto Gianella deve ripulire i suoi allevamenti di vongole e cozze da quintali di alghe rastrellati nell’acqua della laguna di Goro, nel delta del fiume Po: in una giornata di lavoro si possono riempire fino a 700 ceste. È un lavoro faticoso e frustrante perché non sempre gli sforzi pagano. «Non si può mollare neanche un giorno, altrimenti muore tutto», dice Gianella, presidente di una delle cooperative di vongolari più importanti della zona. Qui in tanti anni di lavoro non si erano mai viste condizioni così estreme: la grande siccità degli ultimi mesi ha provocato una serie di effetti che incidono in modo significativo sull’allevamento di vongole e cozze, da cui dipende buona parte dell’economia del territorio.

Alla fine di giugno la Coldiretti, una delle associazioni che rappresenta agricoltori e allevatori, aveva stimato una perdita del 20 per cento della produzione, ma la situazione è peggiorata e secondo diverse cooperative la moria di molluschi è aumentata fino al 30 per cento su una produzione totale di 95mila tonnellate l’anno. C’è chi ha perso meno e chi ha perso tutto. Il rischio, segnala Coldiretti, è che il mercato si rivolga sempre più all’estero: le importazioni, che rappresentano un terzo dei consumi totali, erano già aumentate del 50 per cento nei primi tre mesi dell’anno.

La cosiddetta sacca di Goro, in Emilia-Romagna, è un luogo ideale per l’allevamento di vongole, cozze e ostriche, non a caso è stata definita la capitale europea della vongola verace: qui si concentra il 28 per cento della produzione nazionale. È un’ampia laguna tra il Po di Goro e il Po di Volano, due diramazioni del Po nel suo delta, in continua trasformazione per via delle correnti marine e della formazione di canneti. I suoi fondali sono profondi in media tra i 60 e i 70 centimetri ed è separata dal mare da una striscia di sabbia chiamata scanno. Le vongole vengono prodotte tra la terraferma e lo scanno, nelle zone dove l’acqua circola molto ed è ricca di fitoplancton di cui si cibano i molluschi.

La vongola verace, in particolare la vongola verace filippina introdotta nel 1986, riesce a sopportare bene gli sbalzi di salinità dell’acqua tipici delle lagune del delta. Resiste anche a brevi periodi di emersione e si riproduce generalmente nei mesi di luglio e agosto. La pesca, che avviene durante tutto l’anno, viene praticata con attrezzi tradizionali come rasche e rastrelli, con un impatto ambientale limitato nonostante la significativa crescita di produzione avvenuta negli ultimi anni. Tra le altre cose, l’allevamento dei molluschi consente di assorbire le emissioni di anidride carbonica (CO2) perché vongole, cozze e ostriche hanno la capacità di rimuovere quella che è disciolta nell’acqua: il carbonio (C) è infatti uno degli elementi essenziali per la formazione del guscio.

La siccità non è un problema diretto per gli allevamenti, ma innesca una serie di gravi effetti che influiscono in diversi ecosistemi fino a compromettere la crescita dei molluschi. Negli ultimi mesi le scarse precipitazioni e le alte temperature hanno causato la siccità piuttosto eccezionale del Po, la cui acqua contribuisce all’equilibrio salino della sacca di Goro.

In alto mare ci sono solitamente 35 grammi di sale in un chilo d’acqua, mentre la salinità media della laguna è di 25 grammi ogni chilo, con possibili variazioni molto rapide a seconda della portata del fiume, dei venti e delle maree: quando la portata del Po è significativa, l’acqua dolce del fiume contribuisce ad abbassare la salinità.

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Edoardo Turolla, biologo marino, responsabile del centro ricerche molluschi di Goro, misura la salinità della laguna da 20 anni. Due volte al giorno, la mattina e la sera, Turolla preleva un campione nello stesso punto di derivazione all’interno del suo laboratorio e controlla la quantità di sale nell’acqua. Negli ultimi mesi il livello di salinità è stato piuttosto alto e costante, vicino ai 30 grammi ogni chilo di acqua. «La vongola però non muore per l’alta salinità», dice Turolla. «È una bella bestiaccia, lo dico in modo affettuoso, perché ha grande capacità di adattarsi».

Il problema è più complesso. A causa dello scarso apporto di acqua da parte del fiume, negli ultimi due mesi sono venuti a mancare sbalzi di salinità che contribuiscono a rallentare la crescita di alghe come l’ulva e la gracilaria. Le alghe sono quindi cresciute a dismisura, facendo diminuire la circolazione dell’acqua e la concentrazione dell’ossigeno.

La proliferazione è stata così forte da provocare una moria delle stesse alghe causata dall’assorbimento di tutti i nutrienti presenti nell’acqua. Senza più nutrienti, le alghe muoiono e si decompongono. «E qui inizia la vera crisi dei molluschi, perché il processo di decomposizione assorbe moltissimo ossigeno, essenziale per la crescita delle vongole e delle cozze», continua Turolla. «Altri animali, come pesci e granchi, riescono a spostarsi in zone più ossigenate. Una vongola non può muoversi molto: resta sul fondo e muore».

In 20 anni di rilevazioni, Turolla non ha mai osservato una situazione così preoccupante. «Speriamo che sia soltanto un’anomalia, un fatto eccezionale, altrimenti la produzione continuerà a essere limitata», dice. L’unica soluzione tentata finora è stata la raccolta e la rimozione delle alghe morte, anche se spesso questo lavoro molto faticoso non fa altro che creare spazio per la crescita di nuove alghe. Rimedi definitivi non esistono: negli anni sono state trovate soluzioni al problema opposto, cioè alle grandi piene del Po, con la realizzazione di un sistema di canali che consente di portare l’acqua dolce direttamente in mare senza passare dalla laguna. Fermare l’acqua del mare, tuttavia, è impossibile.

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Gianella spiega che il consorzio formato dalle cooperative che rappresentano 1.700 allevatori e pescatori di vongole ha più volte proposto alla Regione Emilia-Romagna di farsi carico di parte degli interventi di manutenzione dei canali che portano l’acqua del Po nella laguna. Grazie a questi lavori si potrebbero limitare gli effetti della siccità. «Bisognerebbe tenere i canali scavati per far sì che non si ostruiscano», sostiene Gianella. «C’è però un eccesso di burocrazia. Per fare manutenzione in un canale già esistente, non per scavarne uno nuovo, servono molte autorizzazioni tra cui una valutazione di incidenza ambientale. In queste condizioni non possiamo fare nulla e le istituzioni purtroppo sono molto lontane: in pochi si stanno interessando dei nostri problemi».

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