In Cina la reazione alla crisi con Taiwan è durissima
Nei media e sui social network si parla della visita di Pelosi e della reazione militare con una retorica nazionalista molto aggressiva
A Taiwan sono in corso da ieri le massicce esercitazioni militari con cui la Cina ha risposto alla visita fatta all’isola dalla speaker della Camera statunitense Nancy Pelosi: le esercitazioni hanno coinvolto mezzi marittimi e aerei posizionati tutto intorno all’isola, che si è trovata di fatto circondata e soggetta a un blocco navale e aereo. Quella di Pelosi è stata la prima visita di una figura politica americana del suo livello dopo 25 anni, e la Cina, che considera Taiwan parte del suo territorio, l’ha ritenuta una provocazione inaccettabile e un affronto alla propria autorità.
Nelle ultime 24 ore l’esercito cinese ha lanciato 11 missili balistici nei pressi dell’arcipelago taiwanese di Matsu, almeno un missile, secondo varie analisi, è passato sopra l’isola, e venerdì mattina alcune navi e aerei militari cinesi hanno attraversato la linea mediana dello stretto di Taiwan, quello che divide l’isola dalla Cina: è una specie di confine marittimo tra le due parti, e il ministro della Difesa taiwanese ha detto di considerare il suo attraversamento, e più in generale le esercitazioni in corso, una grossa provocazione da parte della Cina.
Nel frattempo Taiwan ha anche dovuto cancellare o riprogrammare una serie di voli da e per Taipei. Le esercitazioni cinesi dureranno almeno fino a domenica, anche se alcuni giornalisti taiwanesi, citando fonti governative, hanno detto che la Cina ha deciso di estenderle fino a lunedì.
In Cina, ad alimentare la crisi ha contribuito una forte retorica nazionalista, che si è diffusa sia su alcuni media tradizionali sia sui social network.
Negli ultimi giorni, numerosi personaggi pubblici cinesi hanno fatto proposte eccezionalmente bellicose contro Taiwan e gli Stati Uniti, e i social network come Weibo, secondo vari osservatori, si sono riempiti di retorica aggressiva, a tal punto che molti cittadini si sono detti delusi del fatto che la reazione effettiva dell’esercito cinese sia stata tutto sommato moderata.
Opinionisti e blogger cinesi sono arrivati a definire Pelosi una «vecchia strega» o «la vecchia americana», e Hu Xijin, noto ex direttore del Global Times (un giornale in lingua inglese che si distingue per le sue posizioni nazionaliste e aggressive), aveva suggerito ai jet cinesi di ostacolare fisicamente il volo di Pelosi verso l’isola: «E se [i jet] non ci riescono, penso che sia giusto abbatterlo, l’aereo di Pelosi», aveva scritto.
Anche le dichiarazioni fatte da diversi personaggi politici cinesi di alto profilo si sono mantenute molto allineate a questi toni. Zhao Lijian, vicecapo della comunicazione al ministero degli Esteri cinese, ha detto che «La volontà del popolo non può essere sfidata, e coloro che giocano con il fuoco ne moriranno»: Zhao ha ripreso, praticamente citandole, le parole del presidente della Cina Xi Jinping, che giorni fa aveva detto al presidente americano Joe Biden, riferendosi all’imminente visita di Pelosi a Taiwan, che «Chi scherza col fuoco muore bruciato».
Hua Chunying, portavoce del ministero degli Esteri cinese, è arrivata invece a riprendere le parole di Mao Zedong, che nel 1946 aveva definito gli Stati Uniti una «tigre di carta», cioè una nazione solo apparentemente temibile.
Here’s the authentic origin and definition of #PaperTiger. pic.twitter.com/yey0mvAKYO
— Hua Chunying 华春莹 (@SpokespersonCHN) July 29, 2022
La stessa retorica bellicosa si è riproposta sui social network.
Manya Koetse, che gestisce il sito web What’s on Weibo, ha detto al Guardian che la visita di Pelosi a Taiwan ha avuto l’effetto di alimentare, anche sui social, una retorica dell’unità nazionale particolarmente compatta e aggressiva. I social sono stati «inondati», ha detto Koetse, di espressioni di sostegno all’esercito cinese e di richieste di procedere con un’unificazione militare di Taiwan: «Non avevo mai visto uno slancio verso l’unificazione così forte» prima di questa settimana, ha aggiunto.
La reazione è stata così notevole che molti utenti cinesi si sono poi detti delusi dal fatto che la Cina non abbia davvero invaso Taiwan: «Sono arrabbiato! Le esercitazioni militari di quattro giorni sono troppo corte», ha scritto uno, mentre un altro ha parlato di «umiliazione» nel caso in cui l’esercito non avesse preso provvedimenti militari più risoluti contro Taiwan.
Anche per questo la propaganda di stato, dopo aver alimentato la retorica nazionalista, ha cercato di limitare la rabbia: sempre Hua Chunying ha invitato la popolazione cinese a comportarsi da «patrioti razionali» e ad avere fiducia nelle capacità del governo cinese di «difendere con fermezza la sovranità e l’integrità territoriale» della Cina.