La centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia è troppo vicina ai combattimenti
Le Nazioni Unite dicono che l'impianto occupato dalla Russia è «fuori controllo», e potrebbe essere coinvolto negli scontri
La centrale nucleare di Zaporizhzhia, situata nel sud dell’Ucraina e occupata dalle truppe russe da marzo, si trova sulla linea del fronte e al centro di una zona di combattimenti. La situazione della centrale è, secondo Rafael Grossi, il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, «completamente fuori controllo». «Tutti i princìpi di sicurezza nucleare sono stati violati in un modo o nell’altro e non possiamo permettere che questo continui», ha detto Grossi.
Il governo ucraino accusa i russi di aver trasformato la centrale in attività in una base militare che ospita armi pesanti e da cui partono attacchi. La Russia invece sostiene che gli ucraini avrebbero a più riprese attaccato la base, anche con droni.
Secondo il segretario di Stato americano Antony Blinken la Russia sta usando la centrale come uno «scudo nucleare»: starebbe cioè proteggendo armi e truppe all’interno di Zaporizhzhia contando sul fatto che gli ucraini non possono attaccarla per non rischiare un incidente atomico. L’Agenzia internazionale per l’energia atomica chiede di poter effettuare un’ispezione e un controllo dell’impianto, ma ha bisogno della collaborazione delle due parti in guerra.
Zaporizhzhia è la più grande delle quattro centrali nucleari attive in Ucraina e la più vicina alla zona di guerra. Due si trovano nella parte nord-ovest del paese, l’altra a 400 chilometri dalla linea del fronte. La centrale ha sei reattori, di cui due attualmente attivi, che a pieno regime possono erogare una potenza totale di 5.700 megawatt, e produce un quinto di tutta l’elettricità dell’Ucraina. L’impianto si trova sul fiume Dnepr, ed è a circa 550 chilometri dalla capitale Kiev.
Fu occupata dall’esercito russo nella seconda settimana dell’invasione: allora il presidente ucraino Volodymyr Zelensky disse che temeva un’esplosione che sarebbe stata «la fine per tutti, la fine del’Europa, l’evacuazione dell’Europa». Dopo i timori e i bombardamenti russi dei primi giorni, che provocarono un incendio all’interno della centrale che non coinvolse i reattori, la centrale passò saldamente sotto il controllo russo. Da allora parte degli undicimila lavoratori ucraini della centrale convivono con le truppe occupanti: in questi mesi sono stati segnalati vari episodi di violenza e secondo fonti ucraine i russi starebbero cercando di staccare la centrale dalla rete ucraina per fornire energia solo ai territori da loro controllati.
L’esercito russo in questi mesi avrebbe poi trasformato parti delle centrale in una base militare, minando la sponda del fiume dove sorge l’impianto, sistemando al suo interno mezzi blindati, artiglieria e lanciarazzi e facendo partire da lì alcuni attacchi. Secondo il segretario di Stato americano Blinken la Russia «ha toccato nuove vette di irresponsabilità», trasformando il concetto di “scudo umano” (ossia la pratica di nascondere forze militari all’interno di zone abitate da civili come deterrente per attacchi avversari) in “scudo nucleare”.
Le forze militari ucraine stanno portando avanti una controffensiva in questa parte del paese e la centrale, che non può essere attaccata per gli evidenti rischi di un disastro nucleare, potrebbe diventare così un importante punto di difesa per la Russia. Il governo di Mosca, attraverso il funzionario Yevgeny Balitsky, invece denuncia attacchi alla centrale: «Siamo pronti a dimostrare che il nostro esercito sta solo difendendo la centrale e che l’Ucraina, che riceve armi dall’Occidente, le usa per compiere attacchi, anche con droni, a Zaporizhzhia».
Nessuna delle due parti in causa ha ancora risposto ufficialmente alle richieste dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica: alcune resistenze arriverebbero anche dal governo ucraino che teme che una visita di organismi internazionali possa essere considerata come un implicito riconoscimento dell’occupazione russa. Il direttore Rafael Grossi ha detto che alcuni suoi funzionari sono in contatto con lo staff ucraino della centrale che vive una situazione «pericolosa e paradossale» e che non ci sono certezze che i rifornimenti necessari al funzionamento dell’impianto stiano arrivando, ribadendo la necessità di un’ispezione in tempi stretti.
Non è la prima volta che la guerra in Ucraina provoca preoccupazioni relative alle centrali nucleari. Nei primi giorni dell’invasione le truppe russe avevano occupato l’impianto dismesso di Chernobyl, chiuso dopo il disastro del 1986: i soldati russi erano arrivati il 24 febbraio e avevano abbandonato la zona cinque settimane dopo. Avevano danneggiato alcuni laboratori e saccheggiato parti del sito, ma dopo una visita dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica erano stati esclusi danni strutturali.