È un campionato ma sembra la Super League
La Premier League inglese inizia venerdì con sette squadre londinesi, due favorite del Nord e un livello generale mai così alto
Tra le proprietà delle venti squadre della Premier League inglese, il campionato di calcio più seguito al mondo, la cui nuova stagione inizia venerdì sera con Crystal Palace-Arsenal, ci sono due fondi sovrani arabi, sei gruppi di investitori americani, un armatore greco, l’uomo più ricco della Serbia, due gruppi cinesi. E poi una famiglia thailandese, un milionario russo nel settore della petrolchimica, il terzo imprenditore più ricco della Repubblica Ceca e alcuni dei principali imprenditori e investitori britannici.
Tra chi fiutò l’affare anni fa e chi ha trovato il modo di subentrare di recente, tutte queste proprietà operano in un campionato che nel tempo ha staccato di gran lunga la concorrenza europea, Italia compresa, diventando di fatto un prodotto ineguagliabile e tra i migliori che il calcio ha da offrire, se non il migliore.
Il traino a questo successo commerciale è derivato principalmente dal costante aumento delle entrate legate ai suoi diritti di trasmissione, che vengono venduti in tutto il mondo e in modo sempre più articolato: nelle prossime tre stagioni la lega riceverà più soldi dall’estero (un totale di circa 7,2 miliardi di dollari) che dal mercato nazionale.
Con queste entrate la Premier League distribuisce alle sue squadre più soldi di qualsiasi altro campionato europeo. Nell’ultimo accordo triennale la vendita dei diritti aveva fruttato complessivamente quasi 9 miliardi di sterline, circa 2 miliardi e 670 milioni di euro per una singola stagione: quasi un miliardo in più del campionato spagnolo, uno e mezzo in più di quello italiano e due in più della Ligue 1 francese.
La ventesima squadra in Premier League può contare di ricevere dalla sua partecipazione annuale al campionato circa 117 milioni di euro: più di qualsiasi altra squadra europea, ad eccezione di Real Madrid e Barcellona. Per la stagione 2018/19 — l’ultima completa prima della pandemia — l’Huddersfield Town ultimo classificato ricevette più soldi dai diritti televisivi di Bayern Monaco, Juventus e Paris Saint-Germain.
Oltre a questo, la Premier League mantiene una distribuzione equa tra le sue venti squadre: tra la prima e l’ultima in classifica c’è solo una decina di milioni di differenza. Questo fa sì che le piccole e le neopromosse spendano da sole più di tanti altri grandi club europei, potendosi permettere di conseguenza l’acquisto di giocatori di prima fascia (che poi questi giocatori si integrino in squadre fatte funzionare a dovere è un altro discorso).
Nella finestra estiva del calciomercato, non ancora conclusa, questa disparità si è notata parecchio. Il difensore olandese Sven Botman, per esempio, ha preferito andare al Newcastle e non al Milan campione d’Italia o in altri grandi club europei perché attratto dalle ambizioni di una proprietà ricchissima, il fondo sovrano saudita, nonostante la squadra sia ancora in costruzione e reduce da un undicesimo posto in campionato. Un altro esempio viene dal Nottingham Forest, promosso dalla seconda divisione, che fin qui ha speso oltre 90 milioni di euro, venti dei quali soltanto per l’attaccante Taiwo Awoniyi dall’Union Berlino, la quarta cessione più redditizia di tutta la Bundesliga tedesca.
Tra i venti acquisti più costosi fatti quest’estate nel calcio, undici sono di squadre inglesi, tra i quali appunto il Newcastle e poi il West Ham, rispettivamente undicesima e settima nella passata stagione. Uno di questi acquisti è stato quello di Gianluca Scamacca, probabile prossimo attaccante titolare della nazionale italiana, comprato dal West Ham per oltre quaranta milioni di euro dal Sassuolo.
Appena sotto c’è il Leeds United di proprietà del manager italiano Andrea Radrizzani, che nell’ultima stagione si era salvato per un pelo e ora, dopo aver venduto il brasiliano Raphinha al Barcellona per circa 60 milioni di euro, ne ha spesi più di cento per rinforzarsi e cercare di rimanere il più a lungo possibile nel campionato più redditizio al mondo.
Per tutti questi motivi, a cui si aggiungono le caratteristiche proprie del calcio inglese, intenso e spettacolare, fatto di partite che raramente si chiudono prima del tempo, le analogie tra la Premier League e il progetto non riuscito — ma non definitivamente svanito — della Super League sono inevitabili.
Finora era la Champions League il torneo considerato più vicino all’idea di una Super League, ovvero una competizione esclusiva della durata di una stagione e riservata alle più grandi squadre d’Europa, creata per ottenere maggiori profitti del sistema attuale. A partire dal 2024 la Champions si avvicinerà a quel formato, restando però aperta a tutte le federazioni del calcio europeo, anche le più piccole. Nel frattempo, anche la Premier League si sta avvicinando da sola a quel modello di competizione.
Nella nuova stagione che inizia venerdì e finirà il 28 maggio 2023 le favorite per il titolo sono ancora Liverpool e Manchester City, i cui recenti confronti hanno di fatto sostituito per rilevanza e seguito i vecchi “classici” di Spagna tra il Real Madrid di Cristiano Ronaldo e il Barcellona di Lionel Messi. Entrambe si sono rinforzate, soprattutto in attacco, con gli acquisti di Darwin Núñez e Erling Haaland, i due centravanti più promettenti in circolazione.
Altre quattro squadre — Chelsea, Tottenham, Manchester United e Arsenal — hanno il potenziale per vincere qualcosa. Da tutte ci si aspetta molto. Il Manchester United proverà a rilanciarsi con l’allenatore olandese Erik ten Hag, arrivato dall’Ajax. Il Tottenham inizierà la sua prima stagione completa con Antonio Conte, mentre l’Arsenal continua con il progetto tecnico affidato all’allenatore spagnolo Mikel Arteta. Per il Chelsea sarà invece la prima stagione dopo vent’anni senza Roman Abramovich come proprietario, sostituito da un gruppo di investitori a prevalenza americana.
Dietro queste ci sono le squadre che si contendono i posti rimanenti nelle coppe europee, e che proveranno a inserirsi tra le difficoltà altrui. Sono West Ham, Leicester e l’ambizioso Newcastle. Southampton ed Everton hanno bisogno di rilanciarsi, mentre Brentford, Brighton e Wolverhampton sono le possibili sorprese. Delle venti squadre del campionato, sette sono comprese nell’area di Londra, dopo il ritorno del Fulham dalla seconda divisione. Le retrocesse a fine stagione saranno tre.
Come tutti gli altri campionati, anche la Premier League si fermerà dal 13 novembre, data delle ultime partite prima della sosta per i Mondiali in Qatar, e riprenderà giusto per il tradizionale boxing day del 26 dicembre. Per la concomitanza con i Mondiali, ci si aspetta una stagione inglese ancora più impegnativa per le squadre e i calciatori, alcuni dei quali inizieranno a giocare in questi giorni e non si fermeranno più fino al prossimo maggio.
– Leggi anche: Che cos’è il Boxing Day