Le auto elettriche devono trovare un loro suono
Ogni casa automobilistica ne sta cercando uno diverso, e questo potrebbe essere un problema per la sicurezza (e le orecchie) degli utenti della strada
Il rumore dei veicoli con motore a scoppio è sia un problema di inquinamento acustico che una peculiarità a volte ricercata, perlomeno per certi estimatori di alcune auto o moto. Senz’altro, poi, è spesso determinante nel permettere a pedoni, ciclisti e altri utenti deboli della strada di sentire che un veicolo si sta avvicinando e provare a capire, dal suono che emette, da dove arriva, dove sta andando e a quale velocità.
I veicoli ibridi o elettrici, invece, fanno molto meno rumore, soprattutto a velocità relativamente basse: per questo già da qualche anno esistono, sia negli Stati Uniti che in Europa, regole per far sì che emettano anche loro un qualche suono. Resta tuttavia da capire quale suono debbano fare queste auto, che col passare del tempo saranno sempre di più, e se sarà un problema il fatto che, come sembra inevitabile, quel suono sarà diverso tra una casa automobilistica e l’altra e tra un modello di auto e l’altro, con conseguenti problemi di rumore e capacità di percezione del rischio.
Secondo il giornalista John Seabrook, che di recente se ne è occupato per il New Yorker, «l’elettrificazione della mobilità» offre addirittura «una rara occasione con cui l’umanità può reinventare il suono delle sue città». Per altri, invece, basterebbe replicare i suoni che già conosciamo.
Per decenni, chi progettava e assemblava veicoli con motore a scoppio doveva gestire due ordini di problemi in relazione al suono. Da un lato, specie negli ultimi anni, fare veicoli che non fossero troppo rumorosi, in conformità con le apposite leggi. Dall’altro, in particolar modo chi si occupava di auto o moto sportive o di lusso, bisognava comunque far sì che certi suoni ci fossero e fossero ben distinguibili, in quanto parecchio legati alla percezione degli utenti.
In tempi recenti, dopo che leggi ed evoluzione tecnica hanno reso meno rumorosi i motori, molte case automobilistiche hanno addirittura lavorato a rumori finti, in certi casi combinando la necessità di fare auto più silenziose con quella di far comunque sentire, quantomeno dentro l’abitacolo, un certo tipo di suono. A volte – con il disappunto di certi puristi – per ricreare il suono che ci si aspetta da una certa auto; altre per inventarne uno da zero, come nel caso del sistema R-Link con la cui “personalizzazione sonora” una Renault Clio può fare (nell’abitacolo) il rumore di un’auto d’epoca.
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Nel caso delle auto elettriche – che ad alte velocità fanno comunque un rumore paragonabile a quello delle auto con motore a scoppio – all’inizio, quando erano una rara novità, non ci si preoccupò troppo del fatto che a basse velocità o in retromarcia fossero estremamente silenziose. Come racconta il New Yorker, perché l’industria automobilistica fosse obbligata ad aggiungere suono alle auto elettriche ci vollero alcuni anni di dibattiti, tra le altre cose animati da una comunità di non vedenti, e una serie di studi che col tempo dimostrarono la pericolosità di veicoli troppo silenziosi.
Tra chi si occupò di questo problema, una prima ipotesi fu di dotare le auto elettriche di sensori e avvisi rivolti solo a chi si trovava a guidarle, di fatto delegando agli autisti (ancor più che nel caso di auto con motore a scoppio) la responsabilità di evitare incidenti. Sensori e avvisi di quel tipo, simili a quelli ora piuttosto diffusi per facilitare i parcheggi, furono però criticati, in particolare dalla comunità di non vedenti.
Si decise quindi che le auto dovessero fare rumore fuori, non solo dentro, e che così come le auto tradizionali avevano un livello massimo di rumore consentito, allo stesso modo le auto elettriche o ibride dovevano avere un livello minimo di suono emesso. Negli Stati Uniti, questo tipo di approccio fu inserito nel Pedestrian Safety Enhancement Act, firmato da Barack Obama nel 2011 e poi aggiornato, rivisto e integrato negli anni successivi.
In Europa, una simile normativa è in vigore dal 2019 e impone che tutti i nuovi modelli di auto elettriche e ibride abbiano installato di serie l’AVAS, che è acronimo di Audible Vehicle Alert System ed è un sistema che tramite uno speaker emette un suono artificiale personalizzabile dai diversi costruttori. Ogni AVAS deve avere un volume che va da un minimo di 56 decibel a un massimo di 75 decibel ed è obbligatorio (e non disattivabile) in retromarcia e fino a una velocità di 20 chilometri orari.
Vista la relativa libertà consentita dalle normative in vigore, vista la novità che le auto elettriche continuano a rappresentare e dato che è oggettivamente complicato definire legalmente un suono, ancora non si è affermato uno standard sonoro, anzi: diversi costruttori stanno collaborando con esperti dedicati e aziende specializzate per provare a trovare un suono che, rispettando le linee guida attualmente in vigore, possa essere efficace, riconoscibile e a suo modo unico e legato a un determinato brand.
Per creare quella che il New Yorker definisce «una palette sonora», Ford sta collaborando per esempio con Listen, un’azienda newyorkese di “audio-branding”, dedicata cioè a creare e associare suoni a determinati marchi o prodotti.
Da oltre dieci anni, Renault collabora invece con il “Sound Perception and Design group” dell’IRCAM, l’Istituto per la ricerca e la coordinazione acustica/musicale, che ha sede a Parigi e dagli anni Settanta studia la produzione musicale con mezzi elettronici e informatici. Nicolas Misdariis, che guida il gruppo dedicato al design e alla percezione sonora, ha parlato al New Yorker di alcune delle questioni più complicate che ha dovuto gestire. Una prima difficoltà sta nel capire come definire un suono prima di averlo creato: «se un graphic designer ti dice “questo è un triangolo rosso”, non ci sono molte interpretazioni possibili» mentre è tutto più complicato se «dici “vorrei un suono caldo, rotondo, ruvido o verde».
Un successivo ordine di problemi sta nel capire se i rumori delle auto elettriche devono essere “metafore sonore” (come quando i cellulari fanno il suono di vecchi telefoni, o come quando il “cestino” del computer produce un suono di carta buttata nel cestino) o se invece bisogna creare e imporre un suono nuovo e più astratto, che possa col tempo associarsi simbolicamente alle auto elettriche, o perlomeno alle Renault elettriche. «Le metafore» ha detto Misdariis «sono facili da capire ma difficili da ricordare, mentre i simboli sono difficili da capire ma più facili da assimilare».
Tra gli altri, IRCAM ha collaborato con il produttore e compositore italiano Andrea Cera il quale – secondo la sintesi del New Yorker – «immagina un paesaggio sonoro urbano modellato sul canto degli uccelli, in cui anziché competere uno con l’altro per farsi sentire, suoni diversi si integrano insieme in un generale ecosistema acustico».
Sempre il New Yorker cita poi casi di musicisti e compositori – dal compositore di colonne sonore Hans Zimmer al musicista elettronico da Richard Devine – con cui diverse cause automobilistiche (in questo caso BMW e Jaguar) hanno collaborato o ancora collaborano per creare i loro suoni, non solo quelli AVAS. Già nel 2021, invece, la Nuova 500 elettrica aveva un suono basato sul tema di Nino Rota per Amarcord.
Tra gli altri, c’è chi come Nissan sta provando a distinguersi con suoni più “naturali”, chi come Tesla potrebbe avventurarsi in suoni piuttosto creativi (già ora le Tesla consentono di registrare e riprodurre all’esterno certi suoni quando l’auto è ferma), chi invece pensa a suoni un po’ più futuristici e legati alla fantascienza (anche se in realtà spesso fatti, nei film in questione, partendo proprio dai suoni reali di certe auto) e chi pensa invece a suoni in qualche modo personalizzabili, cosa che al momento è in genere vietata.
Il rischio è che le case automobilistiche si possano concentrare troppo sulla ricerca di un’identità sonora e che, per distinguersi dalle altre, finiscano per creare tanti suoni tra loro diversi. Con problemi di riconoscibilità per chi si troverà a doverli riconoscere, oltre che il rischio di una per nulla piacevole cacofonia di AVAS diversi tra loro.
Tutti questi ragionamenti si incontrano poi con quelli relativi ai rumori che un’auto deve fare all’interno: da quelli classici di chiusura della portiera e di avviamento (a cui certe case automobilistiche dedicano parecchie attenzioni) a quelli più recenti e in genere relativi alle auto a guida semi autonoma, in cui i suoni sono considerati imprescindibili per far sì che chi si trova nell’auto percepisca, come ha scritto il New Yorker, «che l’auto in questione sta seguendo un piano, non facendo cose a caso».
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