I cereali ucraini saranno un problema ancora per molto
Ieri è partita la prima nave carica di mais, ma ristabilire le esportazioni ai livelli di prima della guerra resta quasi impossibile
Lunedì, poco dopo la partenza della prima nave carica di cereali ucraini da quando è iniziata la guerra, il ministro delle Infrastrutture ucraino Oleksander Kubrakov ha un po’ ridimensionato l’ottimismo con cui era stata accolta la notizia. Kubrakov ha detto che la partenza della nave è solo un primo passo e che ci vorranno mesi prima che le esportazioni di cereali ucraini possano tornare ai livelli precedenti alla guerra, alleviando così la grave crisi alimentare che sta colpendo i molti paesi importatori. Rimangono ancora vari dubbi anche sul fatto che l’accordo tra russi e ucraini per il passaggio delle navi cargo reggerà sul lungo periodo.
La prima nave carica di cereali ucraini è partita lunedì 1° agosto intorno alle 8.30 di mattina dal porto di Odessa. La nave, che si chiama Razoni, batte bandiera della Sierra Leone ed è diretta in Libano, paese in cui l’80 per cento dei cereali importati è ucraino e che si trova da tempo in una crisi economica e alimentare molto grave.
La partenza della nave era prevista dall’accordo fatto lo scorso 22 luglio da Ucraina e Russia, con la Turchia come garante e firmato anche alla presenza del segretario generale dell’ONU António Guterres. L’accordo era stato raggiunto dopo settimane di mediazione ed era stato accolto in maniera molto positiva: l’Ucraina è uno dei principali esportatori al mondo di grano e il blocco delle esportazioni provocato dalla guerra sta generando una crisi alimentare grave in vari paesi del mondo, soprattutto in Medio Oriente e Africa.
Sulla tenuta dell’accordo c’erano molti dubbi, ed è stato chiaro fin da subito che andava considerato il primo di una lunga serie di condizioni necessarie a ristabilire del tutto la catena di approvvigionamento che collega l’Ucraina ai paesi importatori. Il discorso vale anche per la partenza della prima nave: benché sia senz’altro un segnale positivo e un risultato concreto dell’accordo, va preso con un bel po’ di prudenza, come confermato ieri anche dal ministro Kubrakov.
Un primo problema, molto concreto, riguarda il numero di navi necessarie a ristabilire il livello delle esportazioni. Nei porti ucraini al momento sono fermi circa 20-25 milioni di tonnellate di cereali: la nave che è partita ieri ne trasportava circa 26mila, quindi circa l’1 per mille del totale.
Si ritiene che per esportare tutti i cereali fermi nei porti ucraini servano quasi 400 imbarcazioni in grado da portare carichi che vanno dalle 40mila alle 70mila tonnellate: la Razoni portava circa 26mila tonnellate, ne servirebbero quindi circa il doppio di quella dimensione. Anche tenendo conto del fatto che le rotte di navigazione che vanno dal Mar Nero ai porti subsahariani non passano in acque particolarmente profonde, e servono quindi navi più piccole.
Al momento si stima che le navi presenti nei porti ucraini siano molte meno del necessario, e molte in questi mesi di guerra non hanno inoltre ricevuto la manutenzione necessaria.
Anche sul numero di navi in partenza ci sono molti dubbi: ieri James Waterhouse, corrispondente di BBC in Ucraina, diceva che secondo quanto riferito dalla Turchia dovrebbe partire un’altra quindicina di navi entro i prossimi due giorni. Il ministro Kubrakov, invece, ha detto che si aspetta che dai porti ucraini «non partiranno più di cinque navi nel giro delle prossime due settimane». Lo scorso agosto, prima della guerra, dai porti ucraini ne erano partite 194, sempre secondo Braemar.
C’è poi tutto un altro ordine di problemi, di sicurezza. Vanno creati passaggi sicuri per le navi ucraine che usciranno dal Mar Nero, le cui acque sono state in buona parte minate dai due eserciti per impedire l’avanzamento delle navi da guerra. Non è chiaro quanto lavoro sia già stato fatto per sminarle o per pianificare percorsi sicuri.
Non è certo, infine, che la Russia rispetti gli accordi e permetta alle altre navi ucraine di uscire dai porti ed esportare i cereali: negli ultimi mesi aveva violato decine di volte accordi fatti con l’Ucraina sul cessate il fuoco o sui passaggi per le evacuazioni dei civili.
I problemi non riguardano solo i cereali che attualmente sono fermi nei porti ucraini, ma anche quelli che si prevede arriveranno nei prossimi mesi. Se i container non verranno svuotati non si saprà dove metterli, e a loro volta gli agricoltori ucraini che porteranno i raccolti nei porti dovranno fare i conti con strade e infrastrutture danneggiate dalla guerra.