Beeple dopo gli NFT

Grazie a una sua opera d'arte venduta per 69 milioni di dollari gli NFT si sono fatti conoscere al mondo, e ora che sono in crisi lui sta provando a fare altro

(EPA/JUSTIN LANE)
(EPA/JUSTIN LANE)

Mike Winkelmann, più noto come Beeple, è un artista di cui molti vennero a sapere solo nel marzo 2021, quando una sua opera NFT fu venduta da Christie’s per l’equivalente di 69 milioni di dollari in Ether, una criptovaluta. Prima di allora, solo due opere di artisti ancora in vita erano state vendute per un prezzo più alto: Rabbit di Jeff Koons e Portrait of an Artist (Pool with Two Figures) di David Hockney. Everydays: The First 5000 Days, la sua opera da 69 milioni di dollari e 5mila immagini, segnò un netto prima e dopo per gli NFT (da Non-Fungible Token, sigla usata per indicare un certificato di autenticità digitale) e fu descritta da alcuni degli addetti ai lavori di quel settore come «una possibile opera d’arte generazionale».

Da ormai diversi mesi, però, il settore degli NFT e quello delle criptovalute in genere usate per comprarli è in crisi, con attenzioni sempre minori e sempre più drastici cali nella quantità e nel valore complessivo degli scambi. Beeple, tuttavia, non sembra curarsene granché, e anzi, come ha raccontato di recente Vulture, è già al lavoro su quello che dice essere il suo “prossimo capitolo”, slegato dal concetto di NFT – verso il quale era, a dire il vero, già scettico da tempo – e legato invece all’arte fisica.

Prima di diventare milionario grazie all’arte digitale, Winkelmann (che scelse Beeple come nickname e soprannome un paio di decenni fa) era un web designer e lo era diventato dopo aver scartato la possibilità di provare a far carriera come programmatore di videogiochi. Nato in Wisconsin, residente in South Carolina sposato con un’ex insegnante e padre di due figli, Beeple – di cui in genere si evidenziano l’aspetto ordinario e il linguaggio piuttosto sboccato – venne a sapere degli NFT solo nella seconda metà del 2020, quando già da molti anni alternava i suoi lavori grafici e di animazione alla creazione di un’opera d’arte digitale al giorno.

A parlare a Beeple di NFT, qualcosa di cui un certo numero di persone iniziò a occuparsi già nel 2017, fu un responsabile di Nifty Gateway, uno dei più importanti siti per la compravendita di NFT, il quale gli chiese se fosse interessato a vendere sul sito le sue opere. All’inizio Beeple non se ne curò, poi scelse di accettare.

Già prima di Everydays: The First 5000 Days era conosciuto nel settore dell’arte digitale e in quello degli NFT, e già a fine 2020 aveva guadagnato alcuni milioni di dollari grazie alle sue opere. La gran parte dell’interesse nei suoi confronti arrivò tuttavia solo nel 2021, appena prima e subito dopo la vendita di quell’opera digitale in formato NFT.

A proposito di NFT e di chi comprava le sue opere Beeple si disse consapevole del fatto che quelli fossero «investitori, più che collezionisti» e aggiunse: «questa gente avrebbe potuto mettersi a speculare su qualsiasi cosa, ma si è messa a farlo su quello che faccio io». Peraltro, già da prima di Everydays: The First 5000 Days, nella sua carriera artistica Beeple aveva alternato e associato la vendita di opere digitali a quella di oggetti fisici certificati. E nella sua parallela carriera non-solo-artistica di esperto di grafiche e animazioni aveva lavorato con realtà virtuale e realtà aumentata e collaborato con molti marchi e musicisti famosi, e aveva contribuito alle animazioni del Super Bowl del 2020.

– Leggi anche: Da dove è sbucato Beeple

«Non sono mai stato un evangelista degli NFT» ha detto Beeple a Zachary Smallche lo ha intervistato per Vulture, «non sono un crypto bro» (un fanatico di criptovalute). Beeple, che a Vulture si è descritto come «evangelista dell’arte digitale», non è però nemmeno interessato solo a quell’aspetto. Per mesi, nel 2022, ha girato l’Europa per una sorta di tour organizzato da Carolyn Christov-Bakargiev, che dirige il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea. Ancora prima, nel novembre 2021, Beeple aveva invece venduto, per poco meno di 29 milioni di dollari, la sua opera Human One, una grande scultura di oltre due metri, sia fisica che digitale (oltre che associata a un relativo NFT) che lui descrisse come «il primo ritratto di un essere umano nato nel metaverso».

Ad aprile, Artribune ne parlò come di una «scultura video cinetica (fisica e digitale) con un’animazione dinamica di un simil-astronauta che cammina in un paesaggio in evoluzione» e parlando di una sua imminente esposizione proprio al Castello di Rivoli aggiunse che era «un segno di una sua accettazione ufficiale del mondo dell’arte», anticipata un mese prima dall’organizzazione a Londra della sua prima mostra fisica.

Come ha scritto Vulture, Human One è «una scatola rotante che contiene un astronauta che cammina in un mondo immaginario per dei loop che durano 24 ore e che saranno continuamente aggiornati dall’artista durante la sua vita». Una recente scena, per esempio, aveva a che fare con la guerra e l’Ucraina.

Più di recente, ha scritto Vulture, Beeple ha preso un locale grande oltre 4mila metri quadrati all’interno di un anonimo edificio industriale alla periferia di Charleston, South Carolina, nel quale lavorano più di dieci suoi dipendenti. Nell’ufficio di Beeple, ha scritto Small, ci sono sei schermi che mostrano, senza audio, altrettanti canali di informazione all-news. Per lui è un’abitudine, visto che già diversi mesi fa, quando ancora lavorava da casa, era solito farlo da una stanza senza quadri alle pareti e con due schermi affiancati di 65 pollici l’uno: uno sempre acceso su CNN, l’altro su Fox News; entrambi senza audio. «Non cambio mai canale e lascio sempre senza audio», aveva spiegato lui, che ne aveva parlato come delle sue «finestre sul mondo esterno».

Fuori dagli uffici di Beeple, c’è invece quello che Small ha descritto come «il laboratorio matto del più ricco artista digitale al mondo», nel quale Beeple ha investito circa 10 milioni di dollari e da cui intende progettare e realizzare «installazioni artistiche immersive» che a suo dire dovranno far provare ai visitatori «la sensazione di entrare in un videogioco». Small non è entrato granché nei dettagli, ma ha scritto di aver visto, tra le altre cose, almeno cinque sculture in qualche modo paragonabili a Human One e anche «una gigantesca emoji incatenata a una pedana di legno» e una specie di «bambolotto infilato dentro a una grande barattolo». In altre parole, quelle che sembrano essere riproposizioni fisiche di alcune delle immagini che compongono Everydays: The First 5000 Days.