C’è chi vorrebbe cambiare nome alla Nuova Zelanda
Un gruppo di parlamentari ha proposto di adottare il toponimo maori Aotearoa, per rispetto della popolazione autoctona
“Nuova Zelanda” è una denominazione geografica che fu coniata nel Seicento dagli esploratori olandesi, che si ispirarono al nome di una regione nel sud-ovest dei Paesi Bassi, per l’appunto la Zelanda. Due secoli dopo, l’arcipelago che oggi conosciamo con questo nome fu colonizzato dall’Impero britannico, che decise di non imporre un nuovo toponimo (contrariamente a quanto avvenuto con Nieuw Amsterdam, l’attuale New York) ma di conservare quello già in uso tra gli europei. Oggi però un gruppo di parlamentari neozelandesi vorrebbe cambiarlo e sostituirlo con una parola maori, “Aotearoa”, per rispettare maggiormente la storia del paese.
“Aotearoa” si pronuncia come si scrive e fino all’inizio del Novecento indicava l’Isola del Nord, una delle due isole principali che compongono la Nuova Zelanda, quella dove si trovano la capitale Wellington e Auckland, la città più popolosa. Oggi però tra i Maori, i discendenti della popolazione autoctona colonizzata, il nome è usato per indicare anche l’Isola del Sud, compare spesso nelle conversazioni quotidiane ed è già presente sulle banconote, sui passaporti e nei documenti governativi. Etimologicamente la parola fa riferimento alle nuvole che secondo le storie orali della cultura maori aiutarono i primi navigatori polinesiani a trovare l’arcipelago.
La proposta per rinominare la Nuova Zelanda “Aotearoa” è stata oggetto di una petizione che ha raccolto più di 70mila firme (il paese ha 5 milioni di abitanti), a giugno è stata consegnata al parlamento e sarà presa in considerazione da una commissione. Questa deciderà se sottoporla a un voto del parlamento, effettuare un referendum in merito, oppure scartarla.
«Sarebbe un modo per riallinearsi a ciò che siamo come nazione», ha detto Rawiri Waititi, uno dei leader del Māori Party, un piccolo partito che ha sottoscritto la petizione: «Non è nulla di cui aver paura». Secondo i sostenitori della proposta il nome “Nuova Zelanda” fa riferimento solo a una piccola parte della storia del paese, e non rispecchia il modo in cui la sua identità è evoluta da quando, a metà degli anni Settanta, lo stato e la società hanno riconosciuto la cultura maori e introdotto un sistema per compensare i discendenti delle popolazioni indigene per ciò che i colonizzatori britannici avevano tolto ai loro antenati.
Oggi solo il 20 per cento delle persone di etnia Maori parla la lingua maori, cioè solo il 3 per cento dell’intera popolazione neozelandese e secondo Waititi renderla più visibile permetterà di preservarla e diffonderne maggiormente l’uso. La prima ministra neozelandese Jacinda Ardern ha sempre appoggiato un maggiore uso di “Aotearoa” ma il suo governo non ha mai proposto di cambiare ufficialmente il nome del paese.
Un sondaggio della società di ricerche di mercato Colmar Brunton dice che più della metà dei neozelandesi preferirebbe tenere il nome attuale; all’incirca il 40 per cento si divide tra chi vorrebbe cambiarlo in “Aotearoa” e chi in “Aotearoa-New Zealand”. Tra coloro che si oppongono alla proposta di modifica alcuni dicono che “Aotearoa” è un’invenzione moderna, sebbene il termine compaia già in giornali neozelandesi della metà dell’Ottocento. C’è anche chi pensa che sia divisivo, oppure che potrebbe danneggiare il turismo, perché il mondo conosce la Nuova Zelanda con questo nome.