Il M5S ha deciso di confermare il limite dei due mandati

Dopo mesi di discussioni interne: non potranno ricandidarsi tra gli altri Roberto Fico, Paola Taverna e Alfonso Bonafede

(ANSA/ALESSANDRO DI MEO)
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Il Movimento 5 Stelle ha scelto di confermare senza deroghe la regola dei due mandati, cioè il divieto di candidarsi una terza volta per i politici del partito con incarichi istituzionali, sia nella politica nazionale che in quella locale. La decisione impedirà a molti esponenti importanti del M5S di candidarsi alle prossime elezioni politiche del 25 settembre. Per Giuseppe Conte, il leader del partito, potrebbe essere un problema: ha il difficile compito di dover recuperare consensi in questi due mesi di campagna elettorale, e senza alcuni candidati considerati “forti” la situazione potrebbe ulteriormente complicarsi.

Tra chi non potrà ricandidarsi con il M5S ci sono il presidente della Camera Roberto Fico, la senatrice Paola Taverna, gli ex ministri Danilo Toninelli, Giulia Grillo e Riccardo Fraccaro, e altri esponenti molto vicini a Conte come Vito Crimi e Alfonso Bonafede. In questi giorni sembrava che Conte stesse cercando di convincere il fondatore Beppe Grillo, grande sostenitore della regola, a fare delle eccezioni solo per alcuni di questi esponenti più noti, in modo da poterli inserire nelle liste elettorali.

Annunciando la decisione, Conte ha descritto la regola come «una forma di garanzia affinché gli eletti possano dedicarsi al bene del Paese, senza lasciarsi distrarre dai propri destini personali». «Lasciando il seggio non potranno più fregiarsi del titolo formale di “onorevoli”. Ma per noi, per la parte sana del Paese, saranno più che “onorevoli”» ha detto a proposito di chi sarà escluso dalle prossime liste elettorali. «Il patrimonio di competenze ed esperienze con loro maturate non andrà disperso. Continueranno a portare avanti, insieme a noi, le battaglie del Movimento. Abbiamo bisogno della loro esperienza, della loro competenza, della loro inguaribile passione».

Secondo i retroscena politici Conte aveva proposto anche di passare per il voto online degli iscritti al Movimento, ma evidentemente anche questa soluzione non ha convinto Grillo. Fare delle eccezioni tra i candidati al secondo mandato sarebbe comunque stato un grosso rischio, perché quelli esclusi dalla deroga avrebbero avuto di che lamentarsi con i vertici del partito.

La regola dei due mandati è stata uno dei cardini del Movimento fin dalla sua fondazione, e uno dei punti su cui il partito ha costruito maggiormente la sua identità antisistema, oltre che la credibilità agli occhi degli elettori. Nella visione di Beppe Grillo e degli altri fondatori del partito doveva impedire agli eletti di fare della politica una “professione”, e li avrebbe portati a mantenere un contatto con la società fuori dai “palazzi della politica”, perché ci sarebbero tornati una volta esauriti i due mandati.

Il M5S era nato opponendosi ai i politici “attaccati alle poltrone”, cioè quelli che ricoprivano da tempo incarichi istituzionali senza favorire un ricambio nei ruoli di responsabilità: scegliendo la via del limite dei due mandati si distingueva nettamente da tutto quello che era venuto prima.

Già all’inizio di questa legislatura, che per molti parlamentari del M5S era la seconda, erano però emersi chiaramente gli svantaggi della regola, soprattutto a livello locale: per i consiglieri comunali eletti all’opposizione, per esempio, spesso dopo due mandati si acquisisce abbastanza competenza e visibilità per candidarsi a governare, magari dopo anni all’opposizione. A luglio del 2019 era stato introdotto per questo il “mandato zero”: in sostanza un modo per non considerare il primo mandato degli eletti a livello locale e permettergli di farne fino a 3.

Questa possibilità dovrebbe restare aperta per i rappresentanti locali, mentre per gli eletti a livello nazionale continuerà a valere la regola dei due mandati.