Marta, la donna pratica
Cioè la sorella di Lazzaro e tra i protagonisti dello spassoso "Catalogo dei santi ribelli", il nuovo libro di Leonardo Tondelli
Catalogo dei santi ribelli è una raccolta di vite di santi e martiri della Chiesa scritta da Leonardo Tondelli, insegnante, giornalista e collaboratore del Post. Il libro, pubblicato dalla casa editrice UTET, si sviluppa proprio dal blog tenuto da Tondelli sul Post, che dieci anni fa iniziò a scrivere una rubrica sul santo del giorno.
Nell’introduzione, Tondelli ha spiegato che allora «ero soltanto in cerca di un pretesto per scrivere più storie possibile, e i santi mi sembravano di gran lunga il pretesto migliore» oltre che un punto di partenza accessibile perché «da bravo italiano […] come il calcio e la pasta, i santi da sempre fanno parte del mio paesaggio. Li troviamo sui calendari, nell’onomastica e nella toponomastica». Ora la rubrica si è trasformata in una selezione delle biografie dei santi meno conformisti e più ribelli, che da santini statici sono stati trasformati in persone con ossessioni, convinzioni, debolezze e grandi storie.
Leggendolo, si scoprirà per esempio che l’evangelista più conservatore è Marco e il più progressista Luca, che in Sicilia la pelle scura indicava la santità, che a San Pietro venne attribuita una figlia – Santa Petronilla – poi rimossa per convenienza, che nell’Ottocento San Sebastiano divenne protettore degli uomini gay, pur non essendolo stato.
Di seguito, la biografia di Santa Marta, che si celebra il 29 luglio.
Marta, la donna pratica
Comincia tutto nel vangelo di Luca, con un episodio che sta in cinque versetti (10,38-42): Gesù predica in casa di due sorelle, Marta e Maria. Maria resta seduta ai suoi piedi ad ascoltarlo, mentre Marta attende ai lavori domestici, finché non sbotta: ehi, Gesù, lo vedi come sono messa? di’ a mia sorella che mi aiuti.
Ma Gesù le rispose: “Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta”.
Luca, lo abbiamo visto, è l’evangelista liberal: ha un debole per i poveri, gli extracomunitari, le donne. Forse, come ogni liberal che si rispetti, a casa aveva pure dei domestici, che trattava con molta gentilezza, versando i contributi e usando la frusta solo in caso di estrema necessità. Ogni progressismo ha un limite, e quello di Luca riguarda i lavori domestici: tutti possono seguire Gesù, tutti possono entrare nel Regno dei Cieli, però gli sguatteri restano in seconda fila. Non è che il loro lavoro sia inutile, anzi. Però qualcuno si è scelto la parte migliore: un modo educato per dire che a chi fatica è rimasta la peggiore.
Luca non immaginava forse che la religione che stava contribuendo a fondare avrebbe attecchito nelle metropoli proprio presso un ceto sradicato, senza tradizioni e senza prospettive, la servitù. Gli schiavi che venivano comprati e venduti nei porti del mediterraneo si mescolavano tra loro, si riconoscevano, cercavano un’identità comune e un riscatto almeno ideale: lo trovarono in una fede religiosa che implicava l’uguaglianza di schiavi e padroni davanti a Dio.
A quel punto l’episodio di Marta cominciò a creare difficoltà. Per ogni vergine che si consacrava alla vita contemplativa, all’estasi e alle rivelazioni mistiche, dovevano esserci una o più Marte che continuassero a rigovernare le case. Tra la sorella incantata ai piedi del Salvatore, e quella indefessa e brontolona che continua ad andare su e giù tra cucina e lavatoio, lo zoccolo duro dei fedeli ha sempre istintivamente tifato per la seconda.
Anche personaggi insospettabili, come Agostino e persino Teresa d’Avila, hanno lasciato scritto che la “parte” di Marta è fondamentale, irrinunciabile, complementare a quella di Maria. Se torniamo alla lettera del vangelo, però, vediamo che il Gesù di Luca la mette giù molto più semplice: Marta è una che si agita per molte cose inutili. Se a qualcuno non piace… dovrà trovarsi un altro vangelo.
E qualcuno lo ha trovato. Nel Vangelo di Giovanni scopriamo che la sorella di Marta è la donna che unge i piedi di Gesù e li asciuga coi capelli: la Maddalena, dunque? Giovanni non lo dice. Non sembra considerarla nemmeno una peccatrice: l’unico a sdegnarsi per la scena è Giuda, il disonesto tesoriere degli apostoli, che si lamenta dei 300 denari buttati via per l’unguento, invece di darli ai poveri. Non solo, ma Maria e Marta hanno anche un fratello, Lazzaro, che Gesù risuscita al capitolo 11, creando qualche imbarazzo nei sommi sacerdoti che deliberano di far crocifiggere il sedicente Messia. Le due sorelle da comparse sono promosse insomma a personaggi di rango, e Marta è quella che parla di più.
Però c’è sempre il sospetto che Giovanni stia scrivendo una fan-fiction, utilizzando personaggi e nomi già noti per imbastire una storia coerente, ma che non ha riscontri negli altri vangeli, e a ben vedere li contraddice (nei sinottici i sacerdoti decidono di sbarazzarsi di Gesù dopo l’incidente del tempio). Persino il nome di Lazzaro non è una novità: nel vangelo di Luca era il nome di un mendicante in una parabola. Giovanni insomma sembra conoscere Luca, ma non lo cita. Del breve alterco sulla “parte migliore” non c’è traccia, però le due sorelle sembrano modellate da Giovanni proprio su quel precedente. Quando Gesù arriva, Marta è quella che si muove di più, mentre Maria in un primo momento resta ferma.
E se Gesù con Maria si scioglie in lacrime, preso dalla commozione più pura, è Marta quella che dice le parole che devono essere dette:
“Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederà”. Gesù le disse: “Tuo fratello risusciterà”. Gli rispose Marta: “So che risusciterà nell’ultimo giorno”. Gesù le disse: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?”. Gli rispose: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo”.
Guardandosi bene dal pretendere un miracolo qui-e-ora, Marta pronuncia la professione di fede necessaria a ottenerlo. È l’ultimo dei sette “segni” che nel vangelo di Giovanni attestano la divinità di Gesù; è anche quello che ne causa il martirio: siamo insomma al centro di tutta la buona novella, e al centro c’è una sguattera.
Dai tempi di Luca sono passati venti o trent’anni, ma ormai i servi hanno preso il sopravvento, e si stanno forse plasmando un Salvatore a loro uso e consumo: più gentile di quello dei sinottici, più umano, un amico che piange i fratelli morti, e che si fa intenerire dai discorsi di una colf. Marta dentro è rimasta una colf, come si vede bene qualche versetto più giù, dove ribadisce la sua essenza di donna pratica nell’esatto momento del prodigio della resurrezione. Senza apertamente dubitare della divinità del Cristo, si permette di far notare che se si scopre la tomba dopo quattro giorni probabilmente ne uscirà un cattivo odore.
Dopo il miracolo Gesù torna nel capitolo 12 a trovare la famiglia e a farsi ungere i piedi da Maria (Marta serve in tavola). Lazzaro a quel punto è una celebrità, vengono da lontano per vederlo; però di lui e delle sue sorelle nessuno parla più.
Successivamente le leggende li localizzano qui e là per tutto il Mediterraneo: Lazzaro sarebbe diventato il vescovo di Kittim, a Cipro, oppure di Marsiglia, in Francia. Quest’ultima ipotesi è compatibile con lo sbarco di Marta e delle tre Marie tra Provenza e Camargue, dove avrebbero compiuto varie imprese. A Marta ovviamente è assegnata una delle più pedestri: sconfiggere il Tarasque, uno di quei mostri medievali dal fiato mefitico che rendevano malsani gli acquitrini. Alla fine si trattava di fare le pulizie, come al solito.
Marta è la protettrice delle casalinghe, delle collaboratrici domestiche, degli albergatori, dei ristoratori, dei cuochi, delle cognate, di tutte le donne e gli uomini che si lamentano perché non li stai aiutando e allora tu ti alzi e loro ti dicono che tanto ormai è troppo tardi e hanno già finito e dopo un’ora sono ancora lì che passano qualcosa sul pavimento e brontolano ma non puoi più alzarti perché sporcheresti dappertutto, e poi non c’è proprio niente da fare, è la parte peggiore, se la sono scelta.
(©UTET 2022)