In Iraq centinaia di manifestanti hanno occupato il parlamento per qualche ora
Erano sostenitori del politico più potente del paese, Muqtada al Sadr, che da mesi è al centro di una complicatissima crisi
Mercoledì centinaia di manifestanti hanno assalito e occupato per qualche ora il parlamento iracheno, che si trova nella Zona verde della capitale Baghdad, l’area dove sono concentrate la residenza del primo ministro e altri edifici diplomatici e governativi protetti militarmente. I manifestanti erano quasi tutti sostenitori del religioso sciita Muqtada al Sadr, che guida uno dei due principali schieramenti politici del parlamento: la coalizione Sairoon, esplicitamente anti-Iran (l’Iran condivide un lungo confine con l’Iraq e per diverse ragioni ha grande influenza nella politica irachena).
Le proteste erano dirette contro la decisione dello schieramento avversario, la coalizione “Quadro di coordinamento”, guidata dai partiti sciiti sostenuti dall’Iran, di presentare un proprio candidato alla carica di primo ministro, Mohammed al Sudani. L’Iraq è senza un governo da diversi mesi. Le ultime elezioni, tenute lo scorso ottobre, erano state vinte dalla coalizione di al Sadr, uno dei personaggi politici più potenti in Iraq, che però non era riuscito a formare un governo. Da allora la politica irachena è in una situazione di stallo.
I manifestanti sono entrati nel parlamento agitando bandiere irachene, cantando slogan contro al Sudani ed esponendo ritratti di al Sadr. In quel momento non erano presenti parlamentari ma solo le forze di sicurezza, che hanno usato gas lacrimogeni e cannoni d’acqua per disperdere la protesta.
La protesta si è esaurita qualche ora dopo, quando al Sadr ha invitato i suoi seguaci a «tornare tranquillamente alle proprie case», dicendo che il loro messaggio era stato ricevuto e che la protesta non si sarebbe allargata oltre.
NOW – Protestors storm #Iraq’s parliament in Baghdad.pic.twitter.com/BK5FPvG2wk
— Disclose.tv (@disclosetv) July 27, 2022
La situazione di stallo in cui si trova attualmente la politica irachena dipende anche dal fatto che le due principali fazioni del parlamento, cioè la coalizione sostenuta dall’Iran e quella anti-Iran guidata da al Sadr, non sono riuscite finora a mettersi d’accordo per eleggere un presidente, passo necessario per la nomina del primo ministro e la successiva formazione di un governo: per completare questo passaggio serve una maggioranza di due terzi in parlamento, che al momento non c’è.
La situazione si è ulteriormente complicata lo scorso giugno, quando al Sadr aveva ordinato ai 73 parlamentari del suo movimento politico (il Movimento Sadrista, che è anche la componente principale della coalizione Sairoon) di dimettersi.
La mossa era stata giudicata azzardata, perché era una specie di scommessa: i seggi lasciati liberi erano stati infatti attribuiti ai secondi classificati dei collegi uninominali in cui erano stati eletti i parlamentari sadristi, cioè a candidati dell’altro schieramento, quello filo-iraniano. L’idea di al Sadr, avevano scritto diversi commentatori, sembrava quindi essere quella di lasciare l’iniziativa politica agli avversari per dare poi la colpa a loro in caso di insuccesso, spingendo allo stesso tempo i suoi moltissimi sostenitori a protestare estesamente con l’obiettivo di delegittimare lo schieramento avversario.
Le proteste di mercoledì hanno mostrato come al Sadr possa effettivamente contare su un appoggio abbastanza esteso da creare instabilità politica, in un momento in cui è difficile immaginare come si possa uscire dallo stallo iniziato con le elezioni di ottobre.
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