Le coalizioni cominciano a spartirsi i collegi
La destra ha trovato un accordo per i candidati nelle circoscrizioni uninominali, mentre il centrosinistra sta facendo i conti mentre concorda le alleanze
In questi giorni i partiti stanno discutendo di alleanze e coalizioni per definire le liste dei candidati per le elezioni politiche del 25 settembre, che dovranno essere consegnate entro il 22 agosto. Accanto ai discorsi sul posizionamento politico e su cosa inserire in un eventuale programma comune ce n’è uno molto più concreto che riguarda la spartizione delle candidature nei 221 collegi uninominali che assegneranno un terzo dei seggi del prossimo Parlamento, come previsto dall’attuale legge elettorale.
I collegi uninominali sono 147 alla Camera e 74 al Senato. In ognuno di questi ciascuna coalizione o ciascun partito che si presenta individualmente può presentare un solo candidato o candidata. Nel decidere chi candidare e in quale collegio, i leader delle coalizioni devono quindi comporre un incastro assai delicato tenendo conto del peso elettorale dei singoli partiti, del loro radicamento geografico e di chi candideranno le coalizioni avversarie, fra le altre cose.
È una questione sia di quantità sia di qualità: Italia Viva, il partito di Matteo Renzi, avrebbe per esempio più probabilità di entrare in Parlamento se una volta stabilita un’eventuale alleanza col centrosinistra candidasse una persona in un collegio in Toscana – regione storicamente di centrosinistra, e in cui Renzi conserva una certa popolarità – piuttosto che dieci persone in altrettanti collegi fra Calabria e Sicilia, dove è meno radicata. Insomma: per un partito ottenere la candidatura in un seggio facile da vincere è meglio che ottenerne cinque in seggi in cui una vittoria è molto difficile.
Mercoledì la coalizione della destra ha tenuto una lunga riunione alla Camera alla fine della quale ha annunciato di avere trovato un accordo su come spartirsi le candidature nei seggi uninominali. Secondo quanto detto ai giornali, Fratelli d’Italia otterrà 98 candidature in altrettanti collegi, la Lega 70, Forza Italia e l’UDC 42, mentre 11 andranno a piccoli partiti centristi. Fratelli d’Italia ha ottenuto il 44,3 per cento dei collegi. Secondo il Corriere della Sera partiva da una richiesta iniziale del 50 per cento. La spartizione ha evidentemente tenuto conto soprattutto dei sondaggi, che ormai da un anno danno stabilmente Fratelli d’Italia come il partito più popolare della coalizione. Un dato certificato anche alle ultime elezioni amministrative di giugno, spesso condizionate però da dinamiche più locali rispetto alle elezioni politiche.
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La coalizione della destra non ha rivelato ai giornali quanti dei collegi assegnati ai vari partiti siano “blindati” – cioè considerati così favorevoli per una coalizione da rendere quasi certa la vittoria – e in quanti invece si stima un maggiore equilibrio nell’elettorato. Una simulazione diffusa lunedì dall’Istituto Cattaneo (PDF) dice che il centrodestra dispone di diversi collegi “blindati” soprattutto in Lombardia, nel Nordest e nel Lazio. Repubblica scrive che Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, avrebbe deciso di candidarsi nel collegio uninominale di Latina, la città laziale fondata durante il ventennio fascista e storico bacino di voti dell’estrema destra post fascista.
La situazione nel centrosinistra è più confusa e per i leader non sarà facile venirne a capo. Il Partito Democratico sta cercando di mettere insieme una coalizione il cui perimetro però non è ancora chiaro: di praticamente certo c’è che non comprenderà il Movimento 5 Stelle, con cui il segretario del PD Enrico Letta ha escluso ogni alleanza nel breve periodo per via della decisione di mollare il governo sostenuto da Mario Draghi, a metà luglio. Sono in corso trattative e negoziati con una serie di partiti e raggruppamenti più piccoli, nessuno dei quali però ha ufficializzato un’alleanza col PD.
In questi giorni il principale interlocutore del PD sembra siano i centristi di Azione e +Europa, due partiti alleati da qualche mese e guidati rispettivamente da Carlo Calenda ed Emma Bonino. Nei discorsi sulla costruzione di una possibile coalizione si è parlato anche di come spartirsi i collegi uninominali. Repubblica scrive che Calenda avrebbe chiesto per Azione e +Europa un terzo delle candidature nei collegi uninominali, quindi circa una settantina, «equamente distribuiti tra sicuri, contendibili e persi». Calenda stesso ha annunciato di volersi candidare nel collegio principale di Roma, dove però secondo il Corriere della Sera aveva già deciso di candidarsi Nicola Zingaretti, presidente della regione Lazio ed ex segretario del PD.
Non è chiaro quante candidature nei collegi uninominali il PD sia disposto ad assegnare ai potenziali alleati, alcuni dei quali sanno già che difficilmente supereranno la soglia del 3% nazionale necessaria per ottenere seggi in Parlamento con la parte proporzionale. Gli eventuali seggi uninominali concessi dalla coalizione a queste forze, insomma, sono la loro unica possibilità di accedere al Parlamento.
Il Corriere della Sera scrive che Letta avrebbe chiesto alle segreterie regionali di Toscana ed Emilia-Romagna – due regioni in cui il centrosinistra parte storicamente avvantaggiato – di lasciare «una quindicina di posti liberi nei collegi uninominali per Azione e +Europa». Un’altra manciata di collegi dovrebbe essere riservata alla cosiddetta lista “cocomero”, di cui si parla molto sui giornali in questi giorni e che dovrebbe comprendere alcune figure a sinistra del PD provenienti da Sinistra Italiana e dai Verdi (di qui il nome cocomero, un frutto verde fuori e rosso dentro).
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Circola maggiore incertezza invece su Italia Viva, il partito centrista dell’ex segretario del PD Matteo Renzi. I sondaggi la danno intorno al due per cento a livello nazionale: quindi irrilevante in certe regioni e più alta e potenzialmente decisiva in altre, soprattutto la Toscana. Al momento però un accordo col PD sembra lontano. «Renzi vorrebbe avere troppe candidature», scrive la Stampa: «per sè, Bonifazi, Boschi, Bellanova, Rosato e Faraone», cioè i principali parlamentari che nel 2019 lasciarono il PD per seguire Renzi dentro Italia Viva, con l’esplicito obiettivo di svuotare di consensi il PD. Sembra difficile che Letta e il suo gruppo dirigente, oggi, accettino di sostenere le loro candidature, e peraltro il centrosinistra potrebbe puntare a ottenere i seggi in Toscana anche senza allearsi con Italia Viva.