La Santa Sede contro le riforme della Chiesa tedesca
Su temi come il celibato sacerdotale e il ruolo delle donne nella Chiesa: le proposte non piacciono a molti, nemmeno al Papa
Negli ultimi giorni il Vaticano ha preso di nuovo una posizione molto critica contro la Chiesa cattolica tedesca, che all’inizio del 2020 aveva avviato un “cammino sinodale” per proporre delle riforme su temi come il celibato sacerdotale, il ruolo delle donne nella Chiesa, il magistero sulla vita affettiva e sessuale e la riduzione del potere clericale (il cammino sinodale è una specie di assemblea incaricata di rivedere alcune pratiche e insegnamenti interni alla Chiesa). Per la Conferenza episcopale tedesca e gli altri movimenti cattolici locali che fanno parte di questo cammino sinodale, queste questioni erano diventate fondamentali dopo la crisi iniziata dallo scandalo sugli abusi commessi per decenni dal clero, nel silenzio generale e in alcuni casi con la complicità dei vertici ecclesiastici, e che in Germania aveva coinvolto anche Joseph Ratzinger.
Dalla Santa Sede, così come dalle aree più conservatrici delle gerarchie ecclesiastiche, il cammino sinodale della Germania è stato guardato con preoccupazione e anche con molta ostilità: alcune delle proposte in discussione sono infatti piuttosto progressiste e mettono in discussione gli insegnamenti tradizionali della Chiesa. Ci sono anche vescovi e cardinali che pensano che il cammino sinodale della Chiesa tedesca porterà a uno scisma o comunque a un grave rischio per l’unità della Chiesa cattolica.
Il sinodo – parola che viene dal greco e che letteralmente significa “camminare insieme” – è un’assemblea rappresentativa di cardinali e vescovi della Chiesa cattolica presieduta dal Papa: fu istituito nel 1965 ed è una specie di organo “consultivo” di cui dispone il Papa, il quale però non è vincolato a rispettarne le decisioni.
Il sinodo dei vescovi è attualmente in corso (è iniziato nell’ottobre del 2021) e, come tema centrale, ha scelto se stesso, cioè il ruolo della sinodalità. Il cammino sinodale iniziato in Germania nel 2020 è autonomo rispetto al sinodo globale convocato dal Papa, ed è stato presentato come un cammino «di conversione e rinnovamento» dovuto anche alla «grave crisi» causata dallo scandalo degli abusi sessuali nella Chiesa in generale e nella Chiesa tedesca in particolare (il rapporto commissionato dalla Conferenza episcopale tedesca nel 2018 segnalava più di 3.600 casi di abusi sessuali compiuti da parte di più di 1.600 membri del clero nell’arco di circa settant’anni).
Al cammino sinodale tedesco partecipano i vescovi della Conferenza episcopale (Dbk), i membri del Comitato centrale dei cattolici (Zdk, un organismo laico composto da rappresentanti di varie organizzazioni cattoliche in Germania) e alcuni rappresentanti di altre realtà ecclesiali. L’Assemblea conta circa 230 membri, e tra loro ci sono una settantina donne.
I quattro grandi temi su cui si è svolto il confronto sono: “potere e divisione dei poteri nella Chiesa”, “vita sacerdotale oggi”, “donne nei servizi e nei ministeri della Chiesa”, “amore e sessualità”.
Inizialmente il cammino prevedeva quattro assemblee generali che si sarebbero dovute svolgere a Francoforte tra il 2020 e il 2021. La pandemia ha però rallentato i lavori, che sono ancora in corso. Il prossimo incontro si terrà a settembre quando verranno anche votate alcune “risoluzioni” pensate e scritte fino a qui. Per la loro approvazione servirà il voto favorevole dei due terzi dell’assemblea, composta da vescovi e laici, e quello dei due terzi dei soli vescovi. Se le risoluzioni saranno approvate, la loro esecuzione pratica spetterà poi ai singoli vescovi diocesani.
Qualche tempo fa Avvenire, riprendendo un’intervista all’arcivescovo di Bamberga, Ludwig Schick, aveva riassunto il dibattito interno al cammino sinodale tedesco spiegando come su tutti i temi ci fossero delle posizioni differenti, ma anche come su ciascuno risultasse prevalente la posizione più progressista.
Nel dibattito la differenza fondamentale delle varie posizioni riguarda l’analisi delle cause della crisi ecclesiale nata dalla questione degli abusi sessuali. Alcuni, aveva spiegato Ludwig Schick, «dicono che la radice è interna alla Chiesa: il celibato, il non accesso delle donne al diaconato e al sacerdozio, lo scandalo degli abusi sessuali e finanziari. Altri invece affermano: no, le cause sono la secolarizzazione, il consumismo, l’individualismo, le scienze che mettono in discussione la nostra dottrina. Gli esponenti di questa opinione sostengono che quindi è necessaria una nuova evangelizzazione, un nuovo modo di annunciare il Vangelo, un nuovo dialogo con il mondo scientifico, forse una differente forma della Chiesa, ma in senso tradizionale, ottimizzando le strutture che ci sono. Gli altri invece ritengono che per uscire dalla crisi va introdotta una nuova forma della Chiesa con, ad esempio, il sacerdozio femminile, la democrazia nel governo della Chiesa con un maggior controllo del potere dei sacerdoti».
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Nelle discussioni del cammino sinodale tedesco si è parlato, ad esempio, della necessità di una profonda democratizzazione della vita ecclesiale, del possibile ripensamento del divieto dell’ammissione delle donne al sacerdozio, dell’ipotesi di abolire il celibato obbligatorio o della benedizione alle coppie omosessuali. Ipotesi, quest’ultima, che aveva già creato dei problemi tra parte della Chiesa tedesca e la Santa Sede.
Diversi vescovi della Chiesa tedesca si erano infatti espressi a favore di una forma di benedizione per le unioni omosessuali, e alcuni sacerdoti l’avevano anche messa in pratica. All’inizio del 2021, però, la Congregazione per la dottrina della fede, l’organo interno della Chiesa che si occupa di dottrina cattolica, aveva indirettamente risposto alla Chiesa tedesca stabilendo che i sacerdoti non potessero dare alcuna forma di benedizione a una coppia formata da persone dello stesso sesso sposata oppure legata da un’unione civile.
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Negli ultimi tempi, la questione è tornata al centro del dibattito e anche del cammino sinodale.
Il cardinale Reinhard Marx, una delle figure più progressiste della Chiesa tedesca, ha fatto ad esempio riferimento alla possibilità di cambiare il catechismo e di modificare l’insegnamento della Chiesa sull’omosessualità («L’omosessualità non è un peccato», e «il catechismo non è scolpito nella pietra», ha detto). Sempre Marx ha poi celebrato messa con la comunità LGBT+ di Monaco di Baviera, e lo scorso maggio l’arcivescovo di Berlino, Heiner Koch, ha chiesto pubblicamente scusa alle persone omosessuali per le discriminazioni subite nel corso del tempo dentro l’istituzione di cui fa parte.
Negli ultimi anni, per questi motivi e anche per la decisione di affrontare in modo aperto e sinodale la discussione su temi su cui la Chiesa fatica a pronunciarsi, la Conferenza episcopale tedesca è stata criticata e attaccata quotidianamente: dai vescovi polacchi, ultraconservatori, da alcuni vescovi del nord Europa e da diversi vescovi statunitensi, ma anche da alcuni cardinali tedeschi e dai movimenti cattolici tradizionalisti. Ed è stata disapprovata anche dal Papa e dalla Santa Sede.
Lo scorso 15 luglio il Papa ha parlato delle istanze proposte dal cammino sinodale tedesco, dicendo: «In Germania c’è una Chiesa evangelica molto buona. Non ce ne vogliono due».
Giovedì 21 luglio la Santa Sede è infine intervenuta con una dichiarazione molto netta: «Per tutelare la libertà del popolo di Dio e l’esercizio del ministero episcopale, pare necessario precisare che il “cammino sinodale” in Germania non ha facoltà di obbligare i vescovi ed i fedeli ad assumere nuovi modi di governo e nuove impostazioni di dottrina e di morale. Non sarebbe lecito avviare nelle diocesi, prima di un’intesa concordata a livello di Chiesa universale, nuove strutture ufficiali o dottrine, che rappresenterebbero una ferita alla comunione ecclesiale e una minaccia all’unità della Chiesa».
La dichiarazione riprendeva poi le parole del Papa contenute nella Lettera al popolo di Dio che è in cammino in Germania: «La Chiesa universale vive in e delle Chiese particolari, così come le Chiese particolari vivono e fioriscono in e dalla Chiesa universale, e se si ritrovano separate dall’intero corpo ecclesiale, si debilitano, marciscono e muoiono. Da qui il bisogno di mantenere sempre viva ed effettiva la comunione con tutto il corpo della Chiesa».
Il giorno dopo i presidenti del cammino sinodale tedesco, monsignor Georg Bätzing, presidente della Conferenza episcopale locale, e Irme Stetter-Karp, presidente del Comitato centrale dei cattolici tedeschi, hanno criticato il messaggio ricevuto dalla Santa Sede, a partire dalla modalità di comunicazione: «Non è un modo corretto di relazionarsi. Non è ciò che vogliamo che si verifichi all’interno della nostra Chiesa. Lanciare attacchi non firmati da nessuno non è un buon modo di comunicare». Non è così, hanno aggiunto, che «funziona per noi una Chiesa sinodale».
Dopodiché, entrando nel merito della comunicazione vaticana, hanno scritto: «Non ci stancheremo mai di sottolineare che la Chiesa in Germania non percorrerà una “via speciale tedesca”. Tuttavia, consideriamo nostro dovere indicare chiaramente dove siano necessari cambiamenti». Tanto più, hanno aggiunto, che non si tratta di problemi locali: «Abbiamo già potuto constatare che i problemi e le domande che abbiamo individuato sono molto simili a quelle che tutto il mondo si pone». Il cammino sinodale tedesco, hanno infine ricordato, nasce come risposta al cosiddetto “Rapporto MHG” del 2018 sui casi di pedofilia nella Chiesa, una risposta comune di laici e responsabili ecclesiastici.
Diversi esperti di storie vaticane hanno fatto notare come, a causa di queste costanti pressioni, l’esito del percorso dei cattolici tedeschi risulti sempre più compromesso. È cioè molto probabile che la dichiarazione della Santa Sede influirà pesantemente sulle prossime assemblee sinodali.
Thomas Schüller, professore di diritto canonico all’Università di Münster, ha detto: «Lo stop arrivato da Roma rischia di spingere i vescovi finora indecisi a votare contro i progetti di riforma che si discostano troppo dalla dottrina della Chiesa». C’è dunque il rischio che, al momento del voto sulle riforme, non si raggiunga la maggioranza necessaria. E questo, secondo Schüller, non farebbe che «consolidare l’autorità di Roma» contro le istanze più riformiste e confermare che la sinodalità ha una direzione ben precisa: dall’alto in basso.