Cos’è questo “fronte repubblicano”

È un'espressione che viene dalla politica francese, ripresa da partiti e leader di centro intenzionati ad allearsi contro le destre e i populisti

(ANSA/GIUSEPPE LAMI)
(ANSA/GIUSEPPE LAMI)
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Lunedì mattina alla sede dell’Associazione Stampa Estera è stato presentato un manifesto elettorale (pdf) di Azione e +Europa, un «patto» che riprende un concetto che negli ultimi anni è riemerso ciclicamente negli ambienti dei partiti di centro, e a cui si fa generalmente riferimento con la definizione “fronte repubblicano”. All’evento erano presenti Carlo Calenda e Matteo Richetti, di Azione, ed Emma Bonino, Riccardo Magi e Benedetto Della Vedova, di +Europa, i quali hanno presentato un appello per chiamare a raccolta tutte le forze politiche «liberali, europeiste, atlantiste» compreso, eventualmente, il Partito Democratico.

Di fronte repubblicano avevano parlato anche altri leader centristi, tra cui Matteo Renzi, leader di Italia Viva, e Renato Brunetta, che ha appena lasciato Forza Italia per via del mancato sostegno del suo partito al governo Draghi. Parlando con il Foglio lunedì, Renzi si è detto favorevole a «costruire un fronte repubblicano, mettendo insieme una lista unica di questo fronte. Se il PD non farà una lista unica, siamo disponibili a ragionare anche con Calenda». Brunetta, durante la trasmissione di Rai 3 Mezz’ora in più, aveva parlato invece di una «lista, un listone, che abbia un programma comune» e aveva detto che «serve un rassemblement repubblicano che abbia l’agenda Draghi come base, per salvare il Paese».

L’espressione “fronte repubblicano” è stata mutuata dalla politica francese, dove viene usata fin dagli anni Cinquanta per indicare le alleanze tra diverse forze politiche allo scopo di difendere la Repubblica e fare argine all’estrema destra, collocata da questo punto di vista politicamente fuori dall’arco dei partiti che accettano e rappresentano i principi democratici su cui si fonda la repubblica. In particolare, negli scorsi decenni e fino a oggi, con “fronte repubblicano” ci si riferisce agli appelli per unire trasversalmente le forze politiche che hanno come primario obiettivo non far vincere il Front National, il partito di Marine Le Pen diventato Rassemblement National nel 2018.

Anche alle ultime elezioni presidenziali e alle ultime legislative il presidente Emmanuel Macron aveva invocato il fronte repubblicano per impedire a Le Pen di vincere, riuscendoci nonostante il calo dei consensi: tra le elezioni del 2017 e quelle del 2022, Macron ha perso 2 milioni di voti e Le Pen ne ha guadagnati 2,6 milioni, che comunque non le sono bastati per evitare la sconfitta.

Tornando al contesto italiano, il fronte repubblicano di cui si parla in questi giorni si ispira a quello francese, con l’intenzione di ostacolare le forze politiche più estremiste e antieuropeiste. Durante la conferenza stampa di lunedì, Bonino e Calenda hanno fatto un appello agli altri partiti, ma tracciando una linea di divisione che esclude i populisti e tutte quelle forze politiche non schierate apertamente a favore dell’invio di armi all’Ucraina e contro l’invasione russa: quindi il centrodestra e il Movimento 5 Stelle, principalmente.

(ANSA/GIUSEPPE LAMI)

Bonino ha spiegato che l’intento è di creare una federazione «che non è un carcere e neanche una chiesa», intendendo dire che l’alleanza sarebbe libera e ciascuna forza politica manterrebbe la propria identità. Tra i principi fondamentali del patto ci sono: il posizionamento internazionale dell’Italia, inderogabilmente legato all’Unione Europea e alla NATO; il rigore di bilancio e la limitazione della spesa in deficit, con investimenti soprattutto su istruzione e sanità e non sul taglio delle tasse e sull’aumento della spesa pensionistica; la necessità di costruire rigassificatori e termovalorizzatori (un tema assai divisivo e molto presente nel dibattito durante la crisi di governo).

Inoltre, ha aggiunto Calenda, «siamo consapevoli che bisogna intervenire sulla povertà lavorativa, quindi siamo favorevoli al salario minimo».

L’iniziativa di Azione e +Europa appare come un tentativo di concretizzare e circoscrivere l’idea del fronte repubblicano emersa alla fine della scorsa settimana. Alla proposta ha già aderito Mariastella Gelmini, che come Brunetta ha appena lasciato Forza Italia, mentre Renzi ha mantenuto una posizione interlocutoria, mandando segnali di interesse ma non esprimendo un’adesione piena. La situazione insomma è ancora in evoluzione e le trattative tra i partiti sono appena iniziate, quindi ancora non è chiaro chi intenda davvero partecipare.

Matteo Renzi al Senato (ANSA/FABIO CIMAGLIA)

Rimangono però due grosse incognite sul futuro di questo progetto: la prima è che il centro è diventato ormai un’area politica non solo affollata ma anche frammentata, e tra i vari partiti ci sono sfumature e interessi politici diversi che non è scontato far stare insieme. Alcuni partiti preferirebbero presentarsi alle elezioni in autonomia, altri tendono di più verso sinistra e altri verso destra, e tra di loro ci sono pure dei veti incrociati, cioè alcune forze non vogliono partecipare ad alleanze che ne includano determinate altre. La seconda incognita è il Partito Democratico. Da una parte, dopo la crisi di governo, il segretario Enrico Letta ha rotto l’alleanza con il M5S, cosa che potrebbe riavvicinare Letta a quei partiti di centro che sostengono la cosiddetta «agenda Draghi», un non meglio specificato programma ispirato all’azione dell’ultimo governo.

– Leggi anche: Il centro è diventato un posto assai affollato

Dall’altra però il PD in questi giorni starebbe cercando a sua volta di formare un raggruppamento elettorale, scrive Francesco Verderami sul Corriere della Sera, che tenga dentro i partiti alla sinistra del PD, i Verdi, i fuoriusciti dal M5S e Articolo 1, il partito del ministro della Salute Roberto Speranza. Sembra che il PD voglia raggruppare tutte queste forze politiche sotto il simbolo “democratici e progressisti”, ma alcune di loro sono di fatto incompatibili con il fronte repubblicano, almeno per come lo intendono Azione e +Europa: i Verdi, per esempio, difficilmente accetterebbero senza condizioni la parte del manifesto inerente ai rigassificatori e ai termovalorizzatori.

Durante l’incontro di lunedì mattina, Bonino ha detto che «è appena iniziata, da 24 ore, la prima interlocuzione col PD, che in tutti questi anni ha preferito altri interlocutori, i 5 Stelle fino all’inverosimile e l’estrema sinistra». Secondo Bonino, che ha fatto capire di essere incaricata di portare avanti questo dialogo, «sta anche al PD aprire se vuole un’interlocuzione con noi, che noi auspichiamo con forza, però non è che mi posso presentare in sede del PD con un bazooka».

Anche Calenda si è mostrato disponibile nei confronti del PD, dicendo che «a Letta gli vogliamo bene, è una persona seria» e che «siamo disponibili a discutere con tutti sulle cose da fare». Alla domanda di un giornalista su un’eventuale leadership di Letta sull’intera coalizione, Calenda ha detto: «Forzare su questo punto rischia di chiudere la discussione. C’è una sola persona che bisogna tenere a fare il presidente del Consiglio e si chiama Mario Draghi». Ma in realtà nemmeno si sa se Draghi voglia considerare quest’offerta, e anzi al momento sembra più probabile di no.