Il referendum che potrebbe decidere il futuro della Tunisia
Oggi si vota per approvare una nuova Costituzione che potrebbe riportare il paese verso l'autoritarismo
Il 25 luglio del 2021, durante la crisi politica peggiore del decennio in Tunisia, il presidente Kais Saied rimosse il primo ministro e bloccò i lavori del parlamento, assumendosi gli incarichi di governo e cominciando di fatto a governare da solo, per decreto. Oggi, esattamente un anno dopo, in Tunisia si vota un referendum per approvare una nuova Costituzione, proposta proprio da Saied: il testo dà enormi poteri alla carica del presidente e limita molto quelli di governo, parlamento e magistratura. Nonostante si preveda che la maggior parte dei tunisini non andrà a votare, ci sono pochi dubbi sul fatto che il referendum passi.
Con l’approvazione, il rischio è che la Tunisia si trasformi sempre di più in un paese autoritario, cancellando i progressi democratici cominciati con le cosiddette “Primavere arabe”, le grandi proteste popolari che nel 2011 portarono alla destituzione dell’allora presidente Zine El Abidine Ben Ali, che governava in maniera autoritaria da oltre vent’anni.
La proposta di Costituzione è stata redatta da un gruppo di esperti nominati personalmente da Saied e assegna al presidente il pieno potere esecutivo. Gli dà inoltre l’autorità di proporre le leggi e di nominare il governo senza la necessità di un voto di fiducia in parlamento, oltre che la facoltà di nominare i giudici, superando l’indipendenza degli organi giudiziari sancita dall’attuale Costituzione.
I partiti che si oppongono a Saied hanno annunciato di voler boicottare il voto, sostenendo che la nuova Costituzione accentri troppi poteri attorno alla figura del presidente. La maggior parte degli osservatori si aspetta comunque che il nuovo testo venga approvato, anche perché non è stato fissato un quorum. Secondo l’analista Youssef Cherif, citato da France24, voteranno in favore della nuova Costituzione sia le persone che apprezzano Saied, sia quelle che sono rimaste deluse dai governi degli ultimi dieci anni, accusati di non aver fatto abbastanza per risolvere le crisi economiche e sociali del paese.
L’attuale Costituzione della Tunisia fu scritta in seguito alla Primavera araba del 2011, che portò alla destituzione dell’allora presidente Ben Ali, al potere dal 1987; entrò in vigore nel 2014 e fu pensata in modo da accrescere i poteri del parlamento e della magistratura e di limitare invece quelli del presidente. La Costituzione per cui si vota nel referendum riproporrebbe un equilibrio dei poteri simile a quello che c’era in Tunisia con Ben Ali.
Saied, eletto nel 2019, ha progressivamente eroso ed eliminato le libertà che erano state ottenute dopo la Primavera araba: nel 2021, dopo aver rimosso il primo ministro e bloccato i lavori del parlamento, aveva limitato anche l’autonomia del potere giudiziario, sciogliendo il Consiglio superiore della magistratura. A settembre aveva firmato un provvedimento di emergenza che gli permetteva di governare per decreto, ignorando i limiti imposti dall’attuale Costituzione. Nei mesi successivi aveva ordinato di reprimere duramente le proteste dei movimenti che lo accusavano di voler riportare il paese verso l’autoritarismo; ha anche fatto imprigionare vari oppositori politici e fatto rimuovere decine di giudici critici nei suoi confronti.
Isabelle Werenfels, ricercatrice al think tank tedesco SWP, ha detto che con il progressivo smantellamento delle istituzioni democratiche nel paese Saied sta spingendo la Tunisia verso un sistema sempre più autocratico, e secondo il giurista tunisino Sadeq Belaid l’approvazione della nuova Costituzione potrebbe permettergli di instaurare un nuovo regime dittatoriale. Venerdì e sabato a Tunisi centinaia di persone hanno manifestato contro il referendum, sostenendo che il nuovo testo non riconosca né rispetti le attuali istituzioni e che Saied stia cercando di trasformare il paese in senso sempre più autoritario. In qualche caso ci sono stati scontri anche violenti, e almeno 10 persone sono state arrestate.