Mentre l’Europa cerca di limitarle, le città italiane vogliono più navi da crociera
In diversi porti ci sono progetti per accoglierne di più, l’opposto di quanto succede a Barcellona, Maiorca, Santorini o Dubrovnik
di Isaia Invernizzi
Entro il 2025 il numero dei passeggeri trasportati su navi da crociera in tutta Europa raggiungerà e forse supererà il record raggiunto nel 2019, quando 53,3 milioni di persone acquistarono i biglietti per un viaggio in crociera. Secondo le stime di Clia, la Cruise lines international association, un’associazione che rappresenta le compagnie da crociera, nel 2022 si supererà la soglia di 38 milioni di passeggeri, il 299 per cento in più rispetto al 2021, un anno condizionato dalle misure restrittive dovute alla pandemia. Nel 2023, invece, si prevede che i passeggeri saranno 48,6 milioni.
Spostare tutte queste persone su enormi navi è un’impresa possibile perché nell’ultimo decennio l’industria delle crociere è cresciuta senza limiti e con poche regole: le navi sono sempre più grandi, così come le banchine e i porti. Sono aumentati gli affari, ma anche l’impatto ambientale, e sono peggiorate le condizioni di lavoro dei lavoratori, per la maggior parte provenienti da paesi poveri.
Come è successo in molti altri settori, le conseguenze dell’epidemia hanno costretto compagnie e operatori a riflettere sull’opportunità di ripensare un modello poco sostenibile. Ma dopo la ripresa, avvenuta in parte già nel 2020, sembra che le discussioni non abbiano portato a grandi cambiamenti: l’obiettivo, come dimostrano i dati e le previsioni, è spostare sempre più navi e persone da un porto all’altro.
Più che le compagnie di crociera, sono stati gli enti locali a interrogarsi sull’opportunità di ripensare questo modello.
Per anni in molti paesi europei le città hanno cercato in tutti i modi di incoraggiare l’arrivo dei turisti attraverso accordi con le compagnie e costose campagne di promozione, senza curarsi troppo degli effetti che sono diventati evidenti: il turismo di massa, senza regole o limitazioni, ha reso le città poco vivibili e causato molti problemi alle amministrazioni. Il fenomeno più preoccupante è il cosiddetto overtourism, cioè il sovraccarico di turisti in alcuni periodi dell’anno, favorito anche dalle crociere. Oltre a complicare la gestione della mobilità e dei servizi come lo smaltimento dei rifiuti, la presenza eccessiva di turisti compromette la visita dei luoghi più significativi e in definitiva rischia di causare una cattiva promozione.
Ora che le conseguenze sono più chiare e concrete, molte città europee stanno valutando di limitare l’approdo delle navi da crociera, il modo più immediato per contenere il sovraffollamento.
Non è una scelta facile, perché il controllo più rigido del mercato ha effetti anche sull’economia in un periodo di ripresa dopo le difficoltà dovute all’epidemia.
Durante un incontro organizzato a Genova da Clia, il presidente esecutivo di MSC Crociere, Pierfrancesco Vago, ha detto che il 93 per cento delle 78 nuove navi da crociera commissionate entro il 2027 verrà costruito in Europa con investimenti a carico delle compagnie per 47 miliardi di euro e una ricaduta superiore a 200 miliardi di euro sull’economia europea.
Un mese fa il comune di Barcellona, in Spagna, ha inviato una relazione dettagliata al parlamento della Catalogna per chiedere una regolamentazione urgente sulle navi da crociera. Il comune ha chiesto di limitarne l’arrivo in porto, in modo diretto attraverso un divieto di sbarco oltre una certa soglia oppure in modo indiretto con l’introduzione di una nuova tassa. Nel 2011 Barcellona ha accolto 2,6 milioni di passeggeri sbarcati dalle navi arrivate in porto, nel 2019 i passeggeri sono stati 3,1 milioni e dopo il blocco causato dalla pandemia il numero è tornato a crescere, con picchi di oltre 25mila arrivi in un solo giorno, in particolare da maggio a ottobre.
Secondo gli esperti che hanno lavorato alla relazione, le navi da crociera sono inquinanti, non danno un contributo rilevante all’economia della città e hanno causato una saturazione dei quartieri del centro. L’assessora all’Ecologia, all’Urbanistica e alla Mobilità di Barcellona, Janet Sanz, sostiene che la maggior parte delle navi da crociera porti migliaia di turisti che si fermano soltanto per quattro ore, il tempo di visitare i luoghi principali. «Per queste persone la città è un parco a tema e questo si nota in quartieri come il Gotico o la Barceloneta, dove le attività commerciali locali vengono distrutte e il trasporto pubblico è saturo», ha detto al País.
L’amministrazione di Barcellona ha sollecitato la comunità autonoma catalana a tentare una soluzione simile a quella trovata dalla comunità delle isole Baleari.
Francina Armengol, la presidente delle isole Baleari, ha trovato un accordo con le compagnie di crociera per diminuire la pressione sul porto di Palma di Maiorca, l’isola più grande dell’arcipelago: dall’inizio del 2022 non possono approdare più di tre navi al giorno, di cui al massimo una con più di cinquemila passeggeri. L’accordo, che comunque prevede alcune deroghe, vale per i prossimi cinque anni e porterà un graduale calo degli arrivi: secondo le prime stime, nel 2022 ci sarà una diminuzione del 14 per cento rispetto al 2019.
La limitazione, però, è stata contestata da commercianti e ristoratori che hanno chiesto più volte alla presidente di revocare le nuove regole. Le associazioni che rappresentano gli imprenditori del turismo hanno definito il provvedimento «la demonizzazione di un mezzo di trasporto che è stato ampiamente dimostrato come utile per promuovere un turismo di qualità» con un giro d’affari di 250 milioni di euro all’anno. Inoltre, le associazioni sostengono che il centro di Palma di Maiorca non sia saturo a causa dei passeggeri delle navi da crociera e che i livelli di inquinamento del porto siano sotto le soglie di allerta.
Altre limitazioni sono state introdotte in porti crocieristici molto importanti come Dubrovnik, in Croazia, Santorini, in Grecia, Dublino, in Irlanda, e a Bruges, nelle Fiandre occidentali, in Belgio. In tutti questi casi le soluzioni scelte sono molto simili: una limitazione degli approdi per ottenere il medesimo risultato, cioè ridurre il turismo di massa.
In Italia l’unica città che ha introdotto regole per impedire l’arrivo delle grandi navi è Venezia. Le navi da crociera sono uno dei molti modi in cui i turisti (nel 2019 sono stati 32 milioni) arrivano a Venezia e contribuiscono all’enorme indotto di un settore su cui si basa quasi totalmente l’economia della città. Ma sono anche navi enormi, lunghe fino a 300 metri e larghe più di 40, che causano tantissimi problemi in un contesto architettonico e ambientale molto complesso: occupano spazi enormi, inquinano molto e creano il moto ondoso che alla lunga danneggia le fondamenta della città.
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Fino all’inizio dell’epidemia da coronavirus, le navi da crociera – seppur di peso non superiore alle 96mila tonnellate – hanno continuato a transitare per il canale della Giudecca, talvolta provocando incidenti, come quello della nave “Opera”.
I governi che si erano succeduti negli ultimi anni avevano promesso soluzioni permanenti al problema del transito delle navi da crociera nella laguna, e in particolare nel canale della Giudecca e davanti a San Marco, ma senza arrivare a qualcosa di concreto. I tentennamenti non avevano solamente ricevuto critiche da parte delle associazioni, ma anche in ambito internazionale con appelli di ambientalisti e storici dell’arte per preservare Venezia.
Dallo scorso anno, con l’approvazione di un decreto da parte del governo, le navi da crociera non possono più transitare nel canale della Giudecca e nel bacino e canale di San Marco anche se serviranno molti anni per trovare una soluzione alternativa definitiva al passaggio in laguna.
Oggi le navi approdano a Marghera e a Fusina. «Si è fatta la scelta forte di eliminare il traffico dalla Giudecca ma non si sono gestite le conseguenze», ha detto Francesco Galietti, direttore di Clia Italia durante un’audizione alla Commissione Infrastrutture del Senato. Nel 2019 Venezia faceva registrare 496 approdi e 1,6 milioni di passeggeri. Nel 2022 tra i 130 e i 135 approdi. «In questo momento il terminal passeggeri veneziano vive nell’incertezza sull’infrastruttura e sul traffico», ha detto Galietti. «L’intervento su Venezia non è organico, nessuno ha mai voluto attribuirsi la leadership decisionale su Venezia e le conseguenze sono preoccupanti».
Sabato si è aggiunta una variante che rischia di scontentare tutti. La nave Norwegian Gem si è fermata in rada e ha fatto sbarcare i suoi 1.500 passeggeri con delle lance, imbarcazioni più piccole che servono per trasportare le persone in porto: i passeggeri sono rimasti per poche ore a Venezia, prima di tornare sulla nave. È la prima volta che una compagnia chiede l’autorizzazione per questo tipo di sbarco e l’iniziativa non è piaciuta al comune. «Non è il modello di crocierismo e turismo che vogliamo per Venezia», ha detto l’assessore al Turismo, Simone Venturini. L’obiettivo del comune è spingere i turisti a rimanere più giorni a Venezia, esattamente l’opposto rispetto alla soluzione trovata dalla compagnia Norwegian cruise line.
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In molte altre città italiane, invece, l’orientamento delle amministrazioni locali è opposto rispetto alle riflessioni fatte a Venezia e in altri paesi europei. Nell’ultimo anno, nonostante l’incertezza dovuta all’epidemia, sono stati presentati progetti per la realizzazione di nuovi grandi porti dedicati alle grandi navi o per l’ampliamento degli scali esistenti. Come era successo in passato, a livello nazionale non c’è stato molto dibattito, soprattutto sulle conseguenze sul turismo.
Uno dei piani più rilevanti è stato presentato a Fiumicino, vicino a Roma. Lo scorso ottobre il gruppo crocieristico americano Royal Caribbean ha acquisito dalla Regione Lazio la concessione demaniale del porto turistico di Fiumicino per 11 milioni e 450mila euro dopo il blocco dei lavori di riqualificazione a causa di vicende giudiziarie risalenti al 2013. La società ha spiegato che gli obiettivi sono due: creare un porto crocieristico di nuova generazione per far sbarcare turisti diretti a Roma e riqualificare le banchine per l’approdo di yacht di grandi dimensioni.
Secondo le previsioni, verranno fatti investimenti ingenti, pari a 350 milioni di euro, con ricadute economiche potenzialmente molto favorevoli: è anche per questo che il comune di Fiumicino ha dato un primo parere favorevole. Al momento, però, mancano diversi documenti (come il progetto definitivo) e molte autorizzazioni (come la valutazione di impatto ambientale). Secondo il sindaco Esterino Montino, il progetto consentirebbe di riprendere il cantiere abbandonato nel 2013 e riqualificare la zona del porto.
Già da diverso tempo una rete composta da 32 tra comitati e associazioni, chiamata Tavoli del Porto, sostiene che il porto di Fiumicino non sia adatto all’approdo di grandi navi. I lavori, infatti, avranno un impatto notevole a causa dello scavo dei fondali per consentire il passaggio delle navi da crociera. Ma molti dubbi riguardano anche la mobilità dei turisti e più in generale il senso di un altro porto per le crociere nel Lazio oltre a Civitavecchia.
«Fiumicino si troverà nella situazione in cui le navi da crociera scaricheranno migliaia di turisti che con buona ragione vogliono andare a Roma», dice David Di Bianco, portavoce della rete Tavoli del Porto. «A Fiumicino ci sono già molti problemi di inquinamento dovuti all’aeroporto e traffico per via dello sviluppo urbanistico incontrollato. Con le crociere diventeremo a tutti gli effetti una semplice piattaforma di trasferimento, con nuove conseguenze difficili da prevedere. Purtroppo su questi temi non c’è stata nessuna discussione pubblica».
Ad Ancona, nelle Marche, l’autorità portuale vuole costruire una nuova banchina sul fronte esterno del molo chiamato Clementino: l’obiettivo del progetto, da 22 milioni di euro, è consentire l’approdo di crociere e lo sbarco di quasi 400mila turisti ogni anno. Il nuovo terminal del porto dovrebbe essere progettato e finanziato da MSC Crociere. La giunta regionale delle Marche ha recentemente finanziato con 70mila euro il progetto dell’autorità portuale. «Quello del turismo crocieristico è un settore strategico, il quale, oltre a richiamare i turisti stessi, svolge un ruolo fondamentale a favore delle imprese turistiche, manifatturiere e commerciali del territorio», è la motivazione del finanziamento.
Anche il porto di Trieste, approfittando delle limitazioni introdotte a Venezia, vuole aumentare il traffico crocieristico con un secondo terminal per le grandi navi da realizzare nell’attuale area chiamata Adria. Il piano punta ad allungare la banchina di Adria fino a 760 metri, 230 in più rispetto all’attuale.
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Stefano Landi, presidente SL&A Turismo e territorio, già componente del comitato Permanente di promozione del turismo in Italia del ministero della Cultura, si dice perplesso dell’entusiasmo di molte città italiane intorno alle crociere. Le considera una distorsione del fenomeno turistico.
«Sfruttano gli elementi di attrazione del turismo stanziale, ma la maggior parte dei crocieristi dorme a bordo delle navi, facendo concorrenza agli alberghi», spiega. «Gli unici benefici sono per le autorità portuali. Per il resto, i turisti delle crociere alimentano l’overtourism perché arrivano nelle città alla mattina e se ne vanno alla sera, con una concentrazione massima nei luoghi più noti e scontati».
Provare a capire cosa succederà a Roma quando sarà operativo il nuovo porto di Fiumicino può essere un esercizio utile a valutare l’opportunità di sostenere il turismo crocieristico. «Innanzitutto le crociere porteranno alcune centinaia di pullman sull’autostrada che porta da Fiumicino a Roma e poi in città», dice Landi. «Serviranno aree parcheggio e molti altri servizi per accogliere tutti questi turisti ogni giorno. Sono previsioni che chi amministra qualsiasi comune deve fare. Le crociere non portano soltanto affari e benefici, ma anche impegno e costi».