La raccolta delle firme sarà un problema per i piccoli partiti
Devono raccoglierle in meno di un mese, ad agosto e in mezzo alle altre incombenze necessarie per candidarsi alle elezioni di settembre
La caduta del governo di Mario Draghi e la decisione di fissare le elezioni il 25 settembre, in anticipo rispetto alla scadenza naturale della legislatura, costringerà i partiti ad accelerare i tempi della campagna elettorale e delle incombenze necessarie per presentarsi al voto. Ci sono infatti scadenze, procedure burocratiche e requisiti senza i quali non è possibile candidarsi: è un grosso problema soprattutto per i partiti più piccoli, che hanno pochi rappresentanti e una limitata organizzazione sul territorio.
L’ostacolo maggiore è la raccolta delle firme da presentare insieme a molti altri documenti un mese prima del voto. Ne servono molte ed è complicato raccoglierle in poco tempo, a maggior ragione in agosto, un mese in cui molte persone sono in vacanza e in cui le procedure rischieranno di essere più lunghe. Secondo molti rappresentanti dei partiti più piccoli, gli obblighi legati alla raccolta delle firme mettono a rischio la validità del processo democratico.
La data scelta per le elezioni, il 25 settembre, consente di individuare alcune scadenze: secondo la legge, infatti, i partiti dovranno presentare i simboli da inserire nella scheda elettorale tra le ore 8 del 44° giorno e le ore 16 del 42° giorno precedente il voto, quindi tra il 12 e il 14 agosto. Le liste dei candidati e tutti i documenti relativi alle candidature, invece, dovranno essere depositati tra il 21 e il 22 agosto alla cancelleria della Corte d’appello.
I tempi sono molto stretti: meno di un mese per decidere con quale simbolo presentarsi alle elezioni, un mese per stilare le liste dei candidati dei collegi plurinominali e decidere i candidati dei collegi uninominali. In quest’ultimo caso la scelta è ancora più complicata in caso di alleanze con altre forze politiche, in quanto è necessario scegliere un solo candidato o una sola candidata.
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L’obbligo che più impegna i partiti (non tutti: ci arriviamo) in vista delle elezioni è la raccolta delle firme da presentare insieme ai documenti per le liste. Il numero delle firme dipende dal numero di collegi plurinominali disegnati nella legge elettorale, diminuiti con il taglio del numero dei parlamentari.
Prima del 2020 a un partito o a una coalizione servivano almeno 1.500 firme, e non più di 2.000, per ognuno dei 63 collegi plurinominali della Camera, quindi complessivamente 94.500 firme per presentarsi in tutta Italia, e sempre almeno 1.500 firme per ognuno dei 33 collegi del Senato. Visto che si può firmare per entrambe le liste, solitamente la raccolta delle firme per il Senato non è un problema.
Dopo il referendum i collegi plurinominali alla Camera però sono solo 49: per presentarsi in tutta Italia servirebbero in teoria almeno 73.500 firme (ovviamente correttamente ripartite in modo da superare la soglia in ogni collegio). Ma con le elezioni in anticipo di oltre quattro mesi rispetto alla normale scadenza della legislatura, la legge prevede che il numero delle firme richieste sia dimezzato: devono essere almeno 750 invece che 1.500 per ogni collegio plurinominale. In definitiva, per presentarsi alle prossime elezioni in tutta Italia bisognerebbe raccogliere almeno 36.750 firme per la Camera e 19.500 per il Senato.
I partiti che si candidano in tutti i collegi sono i più grandi e organizzati, mentre i piccoli possono presentare liste anche soltanto nei collegi dove raccolgono abbastanza firme: questo complica però la possibilità di superare la soglia di sbarramento del 3% su base nazionale e quindi conquistare seggi.
A complicare le cose ci sono due requisiti: le firme devono essere autenticate, quindi raccolte in presenza di sindaci, amministratori locali o funzionari comunali, notai o avvocati, e devono essere di elettori o elettrici iscritti nelle liste elettorali dei comuni che fanno parte del collegio plurinominale in questione. Insomma, non si può firmare per una lista lontano da dove si abita.
Con il decreto Elezioni, approvato a inizio maggio dal Consiglio dei ministri e discusso poi da Camera e Senato in vista delle elezioni amministrative, sono state introdotte alcune regole che limitano l’obbligo di raccolta firme per «le prime elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica successive alla data di entrata in vigore della legge», e che quindi valgono per le elezioni del 25 settembre.
In particolare l’articolo 6-bis definisce i motivi di esonero dalla raccolta delle firme. Possono presentare le candidature senza raccogliere le firme «i partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in almeno una delle due Camere al 31 dicembre 2021»: è il caso di Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, PD, Movimento 5 Stelle, Liberi e Uguali, Italia Viva e Coraggio Italia.
L’esonero è stato esteso anche ai partiti «che abbiano presentato candidature con proprio contrassegno alle ultime elezioni della Camera dei deputati o alle ultime elezioni dei membri del parlamento europeo spettanti all’Italia in almeno due terzi delle circoscrizioni e che abbiano ottenuto almeno un seggio assegnato in ragione proporzionale», come +Europa-Centro Democratico, o che «abbiano concorso alla determinazione della cifra elettorale nazionale di coalizione avendo conseguito, sul piano nazionale, un numero di voti validi superiore all’1 per cento del totale», come Noi con l’Italia di Maurizio Lupi.
Rimangono molti partiti, dentro e fuori il parlamento, obbligati a raccogliere le firme: per esempio Insieme per il futuro, il gruppo guidato dal ministro Luigi Di Maio dopo la scissione dal Movimento 5 Stelle, Alternativa c’è, che raggruppa altri scissionisti del Movimento 5 Stelle molto critici nei confronti di Draghi, Italexit di Gianluigi Paragone, Potere al Popolo, Verdi Europei, Ancora Italia, il Partito Comunista di Marco Rizzo e Riconquistare l’Italia. Anche Azione di Carlo Calenda dovrebbe raccogliere le firme, a meno che non trovi un accordo con un altro gruppo, per esempio +Europa.
Andrea Colletti, parlamentare di Alternativa c’è, spiega: «per noi sarà molto difficile raccogliere le firme in pieno agosto». «Nella settimana di Ferragosto è impensabile depositare tutti i documenti, anche perché dipendiamo dal rilascio dei certificati elettorali da parte degli uffici pubblici, che in questo periodo dell’anno hanno personale ridotto».
Anche Massimiliano Iervolino, segretario dei Radicali italiani, sostiene che l’obbligo della raccolta delle firme sia un grosso problema in agosto. «Capiamo le urgenze e le scadenze ravvicinate, però la democrazia viene prima di tutto», dice. «Questo è un vulnus democratico che denunciamo da anni, tuttavia oggi però è ancora peggio di ieri, infatti una tornata elettorale così ravvicinata con l’estate di mezzo mette in serissima difficoltà chiunque voglia tentare di presentarsi». Per Italexit, invece, i partiti di maggioranza «hanno preparato una trappola per far sì che il partito di Gianluigi Paragone non partecipi alla tornata elettorale».
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