Romanzi d’oggi
Secondo lo scrittore costaricano Carlos Fonseca diventeranno archivi, almanacchi, raccolte di fotografie: lui ne ha fatto uno così
«Un’intuizione luminosa gli dice che un giorno i romanzi saranno così: almanacchi illustrati, grandi cataloghi, gabinetti di curiosità sui quali gli autori, semplici copisti, scriveranno dei commenti»
Carlos Fonseca, Museo animale, pubblicato nel 2022 da Sellerio nella traduzione di Gina Maneri e originariamente, nel 2017, in Spagna, con il titolo Museo animal
La definizione si adatta benissimo allo stesso Museo animale, il secondo romanzo dello scrittore Carlos Fonseca, nato nel 1987 in Costa Rica, cresciuto a Porto Rico, si è laureato negli Stati Uniti a Princeton e poi si è trasferito a Londra, dove insegna al Trinity College di Cambridge. Fonseca è considerato tra i giovani scrittori in castigliano più interessanti e originali. Non è facile rendere l’idea di cosa sia Museo animale: il suo autore lo ha definito un “romanzo archivio”, che cataloga e custodisce aneddoti, tematiche, personaggi e fotografie, e lo ha paragonato a una matrioska, dove ogni storia porta a un’altra, quasi all’infinito. Dentro ci sono molte tematiche ricorrenti: il mimetismo di umani e insetti, le ossessioni, le rovine, i tormenti dell’insonnia, l’inquietante incendio sotterraneo di Centralia, la vita distrutta dalle utopie e dalle notizie false, il bilico tra farsa e tragedia, la ricerca di sé dietro alle maschere.
È anche un libro che riflette estesamente sul significato dell’arte. La parte centrale racconta di un’artista a processo per aver pubblicato per anni notizie false su piccoli giornali locali sudamericani con l’obiettivo di farle riprendere dalla stampa internazionale che le ingigantiva e diffondeva, finendo per danneggiare le grandi banche mondiali: lei lo definisce un progetto artistico ma è accusata di voler sovvertire il sistema.
Per finire, Museo animale è tra i pochi romanzi in cui la moda è presente e centrale nella trama e nei temi: una dei protagonisti è un’affermata stilista di moda di New York che per organizzare una mostra sul mimetismo animale assume come consulente un curatore di un museo di storia naturale del New Jersey. Fonseca ha raccontato al Los Angeles Review of Books – in un’intervista che è forse il modo migliore per raccontare il sul libro – che iniziò a immaginare questo personaggio nel 2011, quando la moglie lo trascinò alla mostra Savage Beauty organizzata dal Metropolitan Museum, dedicata al lavoro dello stilista britannico Alexander McQueen, visionario e rivoluzionario come pochi, morto suicida l’anno prima.
«Inframmezzate tra le fotografie degli animali, vidi una serie di foto che – come il testo del curatore mi chiarì – documentavano l’interesse che Abbott Thayer aveva dimostrato negli ultimi anni per le culture indigene. Secondo il curatore, Thayer aveva teorizzato che in quelle culture il vestiario avesse la stessa funzione del colore nel regno animale: un elemento mimetico, di protezione. L’idea, palesemente assurda ed erronea, che i popoli indigeni fossero più vicini al mondo naturale mi sorprese, ma non mi fermò. Volli vedere le decine di fotografie sul mimetismo indigeno, intervallate da studi sulla pratica del tatuaggio in quelle culture. Secondo Thayer, la cultura occidentale aveva dimenticato l’antico effetto mimetico del tatuaggio e del vestiario, preferendo, insieme all’abito monocromatico, la semplicità della pelle disadorna.»