I profumi sono fluidi oltre che liquidi
Per anni sono stati sponsorizzati come mezzo di seduzione e rivolti a sole donne o soli uomini, oggi sono slegati dall'idea di genere e sensualità
Per molti anni l’industria dei profumi ha usato il sesso come poche altre per vendere e promuoversi: dall’associazione sistematica di certe fragranze soltanto alle donne o soltanto agli uomini, alle pubblicità che calcavano sugli stereotipi di genere, come l’uomo macho e la donna fragile da proteggere.
Ultimamente le cose sono cambiate, soprattutto per ragioni culturali: oggi il concetto di “genere” è assai più fluido e la moda e la cosmetica si sono staccate da un’interpretazione esclusivamente binaria (maschile-femminile) dell’abbigliamento e del trucco. Allo stesso modo anche i profumi non sono più categorizzati “per uomini” o “per donne” (la tipica dicitura sulla boccetta di profumo in inglese era “for men/for women” e in francese “pour elle/pour homme”) semplicemente perché alle persone non interessa.
Gli effetti maggiori sull’industria dei profumi sono avvenuti soprattutto negli ultimi 5 anni, dopo la nascita di piccoli marchi indipendenti di profumi artigianali che non hanno mai assegnato un genere alle proprie fragranze, presentandole in alcuni casi come unisex e in altri senza precisare niente. Il New York Times ha fatto un po’ di esempi: Byredo, Le Labo, Escentric Molecules, D.S. & Durga, Malin + Goetz, Aesop. Si sono concentrati di più sulle fragranze, sugli ingredienti e sulle sensazioni che possono dare, lasciando da parte l’immagine e gli aspetti legati al sesso.
Un esempio è l’azienda di profumi World of Chris Collins, che presenta la sua collezione “Anima” dicendo che si ispira a «tutto ciò che si nasconde in una persona, le complessità, i contrasti. I profumi sono nitidi e vividi, ma morbidi e invitanti; maschili ma femminili, nebulosi ma chiari». È nata 4 anni fa e vende 12 fragranze, nessuna delle quali distinta per genere. Byredo, che esiste dal 2006, ha tra i suoi prodotti più venduti profumi che si chiamano “Rosa della terra di nessuno” (Rose of No Man’s Land), “Bianco” (Blanche), “Danza africana” (Bal d’Afrique), “Fantasma del Mojave” (Mojave Ghost). Altri marchi ancora scelgono un nome a partire da un frutto, un fiore o un altro ingrediente.
In passato le grandi aziende avevano lanciato prodotti unisex, rivolti cioè sia alle donne sia agli uomini, ma questa stessa etichetta associava comunque il profumo all’idea di genere, cosa che è scomparsa per alcuni piccoli marchi nati più di recente, i cui prodotti sono slegati dall’idea di genere e di seduzione. In alcuni casi anche le grandi aziende si stanno adeguando a queste nuove esigenze, in altri meno, ma in generale la forte connotazione sessuale che esisteva fino a dieci anni fa sembra molto affievolita.
Questo si riflette anche sulle pubblicità. Fino a non molto tempo fa le pubblicità di profumi erano piene di coppie eterosessuali, rappresentanti di una bellezza fortemente stereotipata, che interpretavano ruoli maschili e femminili secondo schemi un po’ vecchi e lontani dalla sensibilità contemporanea. Le campagne pubblicitarie che hanno avuto più successo avevano per protagonisti attori, attrici, modelli e modelle molto famosi, a volte in coppie che si corteggiavano, altre volte single in cerca di un partner; il desiderio sessuale faceva quasi sempre da sfondo e il profumo era presentato come uno strumento per soddisfarlo. Le pubblicità insomma hanno ampiamente sfruttato l’idea del profumo come mezzo di seduzione: sia con le immagini di corpi scoperti e in atteggiamenti sensuali sia con gli slogan, come il noto “per l’uomo che non deve chiedere mai” usato per il profumo Denim Musk.
Oggi molti marchi non promuovono i profumi in questo modo. Per esempio un profumo di Gucci lanciato con una importante campagna promozionale nel 2018, pur rivolgendosi esplicitamente a sole ragazze, ruotava attorno all’idea della prima adolescenza, delle amicizie di quegli anni e dei tentativi di capire sé stessi: concetti più incentrati sulla persona e in cui era assolutamente assente il rapporto con l’altro sesso. Secondo il New York Times la desessualizzazione del profumo dipende anche da com’è cambiato il modo di incontrarsi: grazie alle app di incontri, molte persone si conoscono prima online che dal vivo e l’idea di attirare qualcuno con un profumo può sembrare piuttosto datata.
Il New York Times ha anche parlato con diverse persone che lavorano nell’industria dei profumi e che dicono di aver notato questo cambiamento di mentalità da parte della clientela, che oggi usa il profumo come un mezzo per esprimere se stessa. La competizione tra i marchi si è quindi spostata: non è più una questione di quale profumo ti renda più sexy, ma di quale profumo crei più ricordi ed emozioni per la persona che lo indossa.
Ci sono sempre più pubblicità che fanno riferimento a un luogo geografico o a un’epoca rievocati dal profumo, a viaggi reali e metaforici, a come si sentirà chi se lo mette. Glossier – un marchio nato come indipendente nel 2014 da un blog di successo su prodotti cosmetici e cura della pelle, ma oggi diventato molto più grande e influente – nel 2017 aveva lanciato You, un profumo che «crescerà con te, non importa dove tu sia nella tua evoluzione personale».
Nonostante i cambiamenti nella sensibilità delle persone e nelle priorità di molti marchi, l’industria del profumo non ha affatto rinunciato del tutto a puntare sul romanticismo, sulla seduzione e più in generale sul sesso: soprattutto alcuni grandi produttori, che spesso hanno continuato a servirsi dei volti degli stessi attori e attrici con cui collaborano da anni e senza rivoluzionare le proprie campagne pubblicitarie, pur con qualche influenza delle recenti novità culturali.
Rachel Herz, una neuroscienziata autrice del libro The Scent of Desire: Discovering Our Enigmatic Sense of Smell (“Il profumo del desiderio: alla scoperta del nostro enigmatico senso dell’olfatto”), ha detto al New York Times che «il romanticismo non è necessariamente passato di moda»: la sua rappresentazione è diventata più astratta perché «le cose sono meno definite eterosessualmente» rispetto a dieci anni fa.
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