Gli errori della polizia a Uvalde
Secondo il rapporto di una commissione d'inchiesta del Texas, nella strage del 24 maggio ci fu una catena di «fallimenti sistemici»
Domenica una commissione d’inchiesta del parlamento del Texas ha pubblicato un rapporto preliminare sulla strage compiuta nella scuola elementare di Uvalde lo scorso 24 maggio, in cui furono uccisi 19 bambini e due insegnanti. Il rapporto si concentra sul ritardo dell’intervento della polizia per fermare l’attentatore (il 18enne Salvador Ramos, successivamente ucciso), e sugli errori e le incomprensioni che ci furono quel giorno, temi che sono stati molto discussi negli ultimi mesi. Secondo il rapporto, tutti gli agenti intervenuti nella scuola, quasi 400, furono responsabili di una catena di «fallimenti sistemici» e di «un processo decisionale estremamente scadente».
Il rapporto sottolinea quanto già era emerso nelle scorse settimane sull’inefficienza della polizia a Uvalde. Tre minuti dopo l’ingresso di Ramos nella scuola c’era già una quantità sufficiente di agenti sulla scena in grado di fermarlo. Ciononostante i poliziotti armati di fucili e con scudi protettivi attesero per circa un’ora nel corridoio della scuola prima di fare irruzione, mentre Ramos si trovava in un’aula dove aveva preso in ostaggio vari bambini.
Secondo il rapporto della commissione, i primi agenti arrivati nella scuola persero minuti decisivi per fermare Ramos, dato che inizialmente trattarono la situazione non come se ci fosse una sparatoria in corso, ma solamente come se una persona si fosse barricata in un’aula. Eppure, si legge nel rapporto, nel corridoio che portava all’aula c’erano le prove che Ramos aveva già iniziato a sparare, a cominciare dalla presenza dei fori di proiettile nei muri.
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La polizia perse tempo nel cercare le chiavi per aprire la porta dell’aula, senza provare a sfondarla. Il rapporto dice inoltre che gli agenti, guidati da Pete Arredondo, capo della polizia del distretto della scuola di Uvalde, cercarono la chiave dappertutto nella scuola e non pensarono di chiamare il preside, che invece ne era in possesso. «È plausibile che alcune vittime sarebbero sopravvissute se non avessero dovuto aspettare» i soccorsi, si legge nel rapporto.
Nel rapporto si dice anche che molti agenti che erano sul posto non sapevano chi fosse a capo delle operazioni in quel momento: alcuni credevano fosse Arredondo ma altri no, in base alle interviste condotte in queste settimane. Questo confermerebbe la tesi di Arredondo, che nel frattempo è stato sospeso in via cautelare, secondo cui lui non sarebbe stato il responsabile delle attività di polizia nel giorno della sparatoria.
Il rapporto evidenzia poi gli errori di comunicazione che ci furono quel giorno tra le forze dell’ordine. In particolare nessuno segnalò agli agenti che molti studenti e insegnanti erano sopravvissuti ai primi spari di Ramos e che avevano ripetutamente chiamato il 911 (il numero di emergenza degli Stati Uniti) descrivendo la situazione e chiedendo aiuto. Nelle settimane scorse Arredondo aveva detto al Texas Tribune che aveva lasciato le sue due radio fuori dalla scuola perché voleva avere le mani libere per tenere la pistola, e che per questo non aveva avuto informazioni sulle telefonate ricevute dal 911.
Il rapporto conferma le gravi accuse già mosse nelle scorse settimane contro la polizia da Steve McCraw, responsabile del Dipartimento di pubblica sicurezza statale, che aveva definito la risposta degli agenti un «fallimento umiliante». Molte di queste accuse sono avvalorate dai video delle telecamere di sorveglianza pubblicati pochi giorni fa, che mostrano come la polizia avesse atteso in tutto 77 minuti prima di intervenire e uccidere Ramos.
Domenica CNN ha pubblicato altri video in esclusiva, registrati dalle bodycam indossate dagli agenti, che sembrano confermare la grande confusione nell’intervento nella scuola di Uvalde.
I video mostrano alcuni agenti che all’inizio della sparatoria dicono di avere la situazione sotto controllo e di aver bloccato Ramos nell’aula, e poi dopo 30 minuti parlargli dicendogli che «tutto può concludersi in modo pacifico». Altri li mostrano discutere tra loro su come intervenire, ma in modo confuso e senza sapere bene se entrare dalla porta dell’aula o dalle finestre. Si vedono anche gli agenti rimanere fermi nel corridoio in attesa di ordini (si vede uno di loro mentre usa il proprio telefono, nell’attesa). A un certo punto si vede anche Arredondo che prova maldestramente una serie di chiavi per aprire la porta, senza riuscirci.