L’eterno successo dei video che reagiscono ad altri video
Su internet sono parte del panorama da un sacco di tempo, e ora sono inglobati nelle funzioni dei social network
di Pietro Minto
Tra il 2006 e il 2007, nei primi anni di vita di YouTube, cominciò a diffondersi sulla piattaforma un tipo di video che mostrava le reazioni spontanee delle persone di fronte a un evento inaspettato. Si trattava nella maggior parte dei casi di scherzi che puntavano a stupire e spaventare qualcuno, registrandone la reazione per condividerla online.
Il legame tra contenuti di questo tipo e scene spaventose è stato fondamentale nello sviluppo di quello che oggi chiamiamo reaction video, il tipo di filmato che mostra la reazione (in teoria spontanea e genuina) di qualcuno a qualcosa. Già nel 2011 il critico Sam Anderson analizzò sul New York Times Magazine il fenomeno allora nascente, notando come alla sua base ci fosse un circolo continuo: persone che «reagiscono, di fronte a degli schermi, ad altri video che stanno guardando sugli schermi». Un tipo di esperienza che, scriveva Anderson, «nella sua regressione potenzialmente infinita, mi sembra contenere l’esperienza fondamentale di internet».
Lo studioso Mitch Therieau ha invece notato come «il reaction video sia stato probabilmente il primo genere veramente nuovo e duraturo a emergere dal brodo primordiale del primo YouTube» e da allora si sia diffuso in ogni piattaforma, app e social network. Osservando il panorama mediatico attuale, «si potrebbe cominciare a sospettare che oggi qualsiasi contenuto è contenuto di reazione».
Il genere della reaction quindi racconta un pezzo della storia recente del Web, fatta anche di contenuti sorprendenti, spaventosi o orripilanti – alcuni dei quali, per esempio quello che mostrava due ragazze intente in atti di coprofagia, sono diventati a loro modo leggendari – che hanno avuto successo proprio perché «ripugnanti, così apertamente in violazione di ogni basico tabù di noi mammiferi da costringere a una sorta di scisma psicologico», come scrisse Anderson. «Erano inguardabili, eppure bisognava guardarli. Le persone risolvevano questo paradosso “guardandoli”: mostrando la propria visione, via webcam, come un servizio pubblico».
La fama di PewDiePie, che fino al 2019 è stato l’account YouTube con più iscritti al mondo, è iniziata grazie ad alcuni suoi video in cui giocava a videogame spaventosi, con reazioni molto teatrali. I cosiddetti «jumpscare», quei sussulti che si hanno quando avviene qualcosa di spaventoso durante un film, hanno contribuito a far crescere il canale dello svedese Felix Kjellberg, vero nome di PewDiePie, dando inizio alla sua carriera.
Un altro tipo di reazione di successo si basa sulle differenze generazionali e mostra bambini alle prese con prodotti di consumo risalenti a molti anni prima, come iPod o GameBoy, per loro quasi incomprensibili. Oppure, al contrario, esistono molti video in cui persone più anziane reagiscono a contenuti più recenti con espressioni stupite o costernate. In questi casi è l’attrito tra la rilevanza culturale che certi oggetti hanno per alcune generazioni e lo smarrimento di chi appartiene a un’altra a rendere questi contenuti così virali.
Un canale YouTube chiamato Fine Bros si è specializzato a partire dal 2010 in questo tipo di contenuti con la serie Kids React. Nel 2016 i proprietari del canale, i fratelli Benny e Rafi Fine, lanciarono una piattaforma (React World) con cui qualunque utente poteva realizzare reaction video sul loro stile. I due presentarono anche una domanda per fare del termine «react» un marchio registrato, nonostante il suo utilizzo fosse diffuso da tempo in tutta la piattaforma. La loro richiesta fu molto criticata e i Fine furono costretti a rinunciare all’operazione.
Non è del tutto chiaro cosa spinga le persone a consumare e produrre contenuti simili. A rendere queste reazioni affascinanti potrebbero essere i neuroni specchio, una classe di neuroni motori (quelli localizzati all’interno del sistema nervoso centrale) la cui attivazione involontaria avviene sia quando un individuo esegue una data azione, sia quando lo stesso individuo osserva la stessa azione compiuta da un altro soggetto. Questo meccanismo sarebbe alla base dell’empatia e, in generale, della capacità di riconoscersi nelle altre persone e nei loro sentimenti. È una tesi molto discussa e controversa, quella dei neuroni specchio, anche perché la loro esistenza, teorizzata negli anni Novanta da un team di ricercatori italiani, viene messa in discussione da parte della comunità scientifica.
Una spiegazione alternativa viene data da Andrea Weinstein, professoressa associata di psichiatria presso la University of Pittsburgh, che al sito Ars Technica ha spiegato il successo delle reazioni online sottolineando come la comprensione dei sentimenti altrui sia alla base della nostra capacità di creare legami sociali: «Quando guardiamo qualcuno rispondere a qualcosa con una reazione eccessiva, è molto più facile entrare in empatia con loro perché sappiamo esattamente quello che stanno provando». Questo genere di «conoscenza mutuale» dell’altro spiegherebbe anche il successo del concetto di cringe, il forte imbarazzo provato per conto degli altri, protagonista di molti reaction video.
Negli ultimi anni social network come Instagram e soprattutto TikTok hanno inglobato il formato della reazione a contenuti altrui nelle loro applicazioni: su TikTok sono molto comuni i video a “duetto”, nei quali è possibile riprendersi mentre si osservano e commentano i video altrui. Lo schermo è diviso in due sezioni verticali: una parte per il contenuto originale, l’altra per la reazione in tempo reale. Su altri social, come YouTube o Twitch, il formato delle reaction è costituito da una schermata principale (che mostra il contenuto originale che si sta visionando) e una finestrella più piccola, in basso a destra, che mostra il punto di vista della persona che sta reagendo.
Lo scorso anno, lo streamer italiano Edoardo Magro, conosciuto come ilMasseo, aveva basato sulle reaction la campagna d’abbonamento al suo canale (Twitch offre la possibilità di abbonarsi e sostenere economicamente i creatori di contenuti). In vista della messa in onda della sesta edizione del Collegio, una trasmissione in onda su Rai2, Magro decise che l’avrebbe commentata solo se avesse ricevuto 17.500 iscrizioni al canale. L’operazione ebbe successo, tanto da spingere il canale oltre il «sub-goal», l’obiettivo prestabilito di abbonati.
In molti casi, le reaction assolvono una funzione più semplice e diretta, come il commento critico o lo sberleffo. Il canale YouTube Italia Squisita ha pubblicato nel corso degli anni alcuni video in cui alcuni chef italiani reagivano alle versioni straniere di piatti della tradizione, come la carbonara. Questo formato si ritrova oggi su TikTok (e nei Reels di Instagram), dove anche lo chef Bruno Barbieri, detentore di sette stelle Michelin e storico giudice di Masterchef Italia, reagisce ai TikTok altrui, perlopiù mostrandosi affranto da alcune trovate gastronomiche.
Le cronache recenti hanno dimostrato quanto il meccanismo delle reaction sia ormai diventato parte della cultura digitale contemporanea. Il recente processo tra Johnny Depp e Amber Heard ha avuto grande risalto mediatico grazie anche alla copertura garantita da profili YouTube e TikTok, dove presunti psicologi o analisti sono arrivati a reagire alle testimonianze degli imputati, spesso inerpicandosi in discutibili tentativi di diagnosi a distanza.