Per le edicole le cose andavano meglio durante la pandemia
Negli ultimi mesi i dati sulla chiusura delle edicole sono tornati ai livelli pre-pandemia, e al momento non sembrano esserci soluzioni
di Maria Teresa Sabatini
Con la fine delle restrizioni legate alla pandemia, la diminuzione delle edicole, soprattutto quelle “esclusive” che possono vendere solo giornali, ha subìto una grande accelerazione. Al calo costante della vendita dei quotidiani cartacei, in corso da molti anni, si è aggiunta la fine dei bonus concessi dal governo durante il periodo della pandemia e il mancato aggiornamento di un importante accordo nazionale tra editori e giornalai. Oggi ci sono tentativi da parte di privati di mantenere attive soprattutto le edicole storiche di città come Venezia, Bologna e Milano, ma si pensa che questo tipo di aiuti non sia applicabile in tutto il paese, né sia una misura efficace nel lungo periodo.
In Italia le edicole sono in difficoltà da molto tempo: quindici anni fa erano circa 40mila, ma fino alla fine del 2019 chiudevano a ritmo di quasi 4mila l’anno, secondo Giuseppe Marchica, segretario del Sindacato Nazionale Giornalai Italiani (SINAGI). La causa principale era, e continua a essere, la diminuzione progressiva della vendita dei quotidiani cartacei, documentata dai dati di diffusione dei maggiori quotidiani ad aprile 2000, confrontati con gli ultimi dati disponibili, quelli di aprile 2022.
Le copie dei quotidiani di carta dichiarate nei dati di diffusione nel 2000 erano tra cinque e nove volte maggiori di quello che sono oggi. La diffusione della copia cartacea di alcuni dei maggiori quotidiani italiani in edicola, Repubblica, Corriere della Sera e La Stampa, è diminuita rispettivamente del 78,2%, 86%, 88%. La sproporzione tra costi di stampa e distribuzione e ricavi dalle vendite ha inoltre iniziato a spingere diverse testate nazionali a non far arrivare più le copie in diverse regioni d’Italia, causando così un’ulteriore diminuzione delle vendite in edicola. Alcuni giornali hanno deciso poi di non stampare più l’edizione cartacea, sempre meno sostenibile, tra le altre cose, per l’aumento del costo delle materie prime.
Quando è iniziata la pandemia nel 2020, le edicole sono state incluse dal governo nelle attività essenziali e nei mesi successivi sono state aiutate da alcune misure straordinarie adottate per arginare la crisi economica. Nell’emergenza, e mentre molte altre attività nel paese erano in grossa difficoltà, il numero delle chiusure delle edicole è diminuito, per diverse ragioni.
Le edicole esclusive hanno continuato a rimanere aperte grazie all’essere state incluse tra gli esercizi commerciali ritenuti necessari e ai servizi essenziali forniti, come la distribuzione alle persone delle mascherine gratuite inviate dal governo. Anche la vendita di giochi per bambini, assai utili durante il periodo di chiusura delle scuole, è aumentata molto. Marchica ha detto che rimanere aperti è stata una grande opportunità, perché «se la gente si fosse disabituata ad andare in edicola, poi non ci sarebbe andata più. Le persone lo prendevano come un’occasione per fare due chiacchiere e comprare magari anche un giornale».
Anche gli aiuti del governo sono stati preziosi per il settore. Marchica ha detto che sono arrivati grazie soprattutto all’influenza del sottosegretario di Stato con delega all’editoria Andrea Martella, che ha spinto verso provvedimenti come i contributi a fondo perduto erogati tutto l’anno, i crediti di imposta fino a quattromila euro e un bonus una tantum di circa mille euro.
Nel 2021, invece, le edicole hanno ripreso a chiudere. Gli ultimi dati sono di nuovo in linea con la tendenza del 2019, dal momento che i bonus del governo non vengono più erogati e non sono ancora stati pubblicati i bandi relativi all’editoria del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), il documento con cui il governo italiano spiega come intende spendere i finanziamenti che arriveranno dall’Unione Europea.
Marchica ha detto che oggi i punti vendita rimasti in cui trovare quotidiani e periodici sono circa 25mila, e di questi circa 18mila sono esclusivi, un dato che proviene dai conteggi di editori e sindacati.
Secondo SINAGI, uno dei motivi di crisi per le edicole è il mancato rinnovo dell’accordo nazionale, scaduto da dodici anni, che comprende l’aggio per gli edicolanti, ovvero il guadagno dell’edicolante sulla copia venduta di quotidiano o periodico. L’accordo non viene rinnovato dal 2005, e quindi è da allora che l’aggio non viene aumentato. Il sindacato sostiene di aver da tempo proposto un aumento di dieci centesimi di guadagno a singola copia, ma non si è raggiunto un accordo tra i sindacati e la Federazione Italiana Editori Giornali (FIEG). Il segretario nazionale Marchica sostiene che «ci sia un paradosso visto che il prezzo di molti quotidiani è comunque aumentato nell’ultimo anno, facendo guadagnare di più gli editori che pensano a risanare i loro bilanci, ma non si è arrivati ad un accordo per aiutare gli edicolanti».
In alcune grandi città italiane ci sono da tempo tentativi di salvare le edicole storiche, grazie soprattutto a iniziative di privati.
A Venezia, Walter Mutti è il proprietario della storica edicola alla Fondamenta delle Zattere, che era stata trascinata nel canale da una delle mareggiate più forti del 2020. Grazie a una raccolta fondi e all’aiuto del Comune di Venezia con le operazioni di recupero è stata di nuovo posizionata sul terreno ed è riuscita a non chiudere. «L’edicola è stata aiutata nel 2020 grazie al costo calmierato della concessione del suolo pubblico da parte del comune, ma ha anche influito non pagare le tasse sull’immobile, dal momento che è un chiosco, ovvero una struttura rimovibile. Non ha però aiutato la riduzione dei costi degli abbonamenti online dei maggiori quotidiani, che ha portato le persone a comprare molte meno copie cartacee», aggiunge Mutti.
Un aiuto importante deriva dal fatto che molte edicole veneziane, compresa quella di Walter Mutti, vendono prodotti utili ai turisti, ad esempio mappe della città o biglietti per i mezzi di trasporto pubblici. Questo modello però non è applicabile allo stesso modo in comuni meno turistici.
A Bologna, l’edicola in via del Pratello, in uno dei quartieri più noti della città dove sono presenti centri culturali e circoli politici, rischia di chiudere in breve tempo. Il proprietario Lino Neri è molto conosciuto e ha ereditato l’edicola dalla madre, che ha aperto il negozio nel 1985. Su iniziativa del vicino circolo del Partito Democratico e delle reti sociali Pratello R’esiste e Centro sociale per la Pace, è stata avviata una raccolta fondi ancora in corso per sostenere i costi dell’edicola, una iniziativa che però potrebbe non essere sufficiente.
Che si salvi o no l’edicola del Pratello, il segretario nazionale SINAGI sostiene che nel corso del prossimo anno il 10% delle edicole presenti nel territorio bolognese invece chiuderà, «questo perché l’edicola di Neri è un punto di riferimento per la città, ma un aiuto del genere non è una cosa che si può estendere al territorio».
A Milano, Quotidiana, società fondata a fine 2020, ha rilevato e rinnovato 24 chioschi a Milano, e uno a Torino. Quotidiana ha per ora trasformato alcune edicole in punti vendita non solo di prodotti editoriali, ma anche di alimentari, vini, bevande, parafarmacia e articoli per l’igiene personale. Proposte che però non sono estendibili a tutto il territorio nazionale e non sono sostenibili per le edicole fuori dai centri più abitati. Per questo è assai probabile che anche nei prossimi anni le chiusure delle edicole in Italia non si fermeranno.
Questo e gli altri articoli della sezione Tra cultura e pandemia sono un progetto del workshop di giornalismo 2022 del Post con la Fondazione Peccioliper, pensato e completato dagli studenti del workshop.