Il fuggitivo di Como è stato arrestato in Montenegro
Massimo Riella, accusato di rapina, era rimasto a lungo nascosto nei boschi dopo essere sfuggito alla polizia penitenziaria
Massimo Riella, l’uomo accusato di rapina che lo scorso 12 marzo era sfuggito a quattro agenti della polizia penitenziaria a Brenzio, in provincia di Como, ed era stato a lungo nascosto nei boschi, è stato trovato e arrestato sabato a Podgorica, la capitale del Montenegro. Ha passato più di quattro mesi da latitante, prima nelle prealpi del comasco, probabilmente ricevendo l’aiuto di conoscenti, poi all’estero, dove in qualche modo era arrivato. È stata fatta una richiesta per estradarlo in Italia.
Prima di fuggire Riella, che ha 48 anni, si trovava in carcere a Como con l’accusa di aver minacciato, gettato a terra e rapinato due anziani a Consiglio di Rumo, un paese sul lago di Como vicino al confine con la Svizzera, lo scorso ottobre. Aveva dichiarato di essere innocente, ma nella casa delle due persone rapinate erano state trovate le sue tracce biologiche. Mentre era detenuto sua madre era morta e successivamente Riella aveva protestato perché non gli era stato dato il permesso di visitare la sua tomba, salendo sul tetto del penitenziario.
Era stato convinto a scendere e il permesso gli era stato accordato: per questo il 12 marzo fu portato nel cimitero di Brenzio, frazione di Gravedona ed Uniti (Como). Dopo essersi soffermato alcuni istanti davanti alla tomba della madre era corso via, sfuggendo ai quattro agenti che lo avevano accompagnato.
Si pensa che l’evasione fosse stata pianificata, che Riella abbia ricevuto inizialmente l’aiuto di alcune persone e che nelle settimane successive alla fuga sia rimasto nascosto nei boschi a nord ovest del lago di Como. Avendo esperienze di bracconaggio e conoscendo bene la zona è possibile che fosse in grado di procurarsi da mangiare restando nascosto.
La polizia penitenziaria, che cercava Riella da marzo, sapeva però da un po’ che ormai l’uomo si trovava all’estero: da fine giugno aveva segnalato la sua presenza tra Montenegro e Serbia al servizio di cooperazione internazionale dell’Interpol. Non si sa se per uscire dall’Italia sia stato aiutato da qualcuno e se abbia usato documenti falsi.