L’indagine sull’assalto al Congresso si concentra sul Secret Service
La commissione vuole vedere i messaggi scambiati in quei giorni nell'agenzia che protegge il presidente, misteriosamente scomparsi
L’indagine della commissione d’inchiesta della Camera statunitense sull’attacco al Congresso del 6 gennaio 2021, in cui centinaia di sostenitori del presidente Donald Trump occuparono il Campidoglio a Washington per interrompere la ratifica della vittoria di Joe Biden alle presidenziali del 2020, si stanno concentrando su una serie di messaggi scambiati all’interno del Secret Service, l’agenzia governativa americana responsabile della sicurezza del presidente, che è misteriosamente sparita.
La commissione ha emesso un “subpoena”, come si chiama nel linguaggio giuridico anglosassone l’ordine di comparire in giudizio o di presentare una determinata documentazione, affinché il Secret Service renda disponibili i messaggi scambiati il 5 e il 6 gennaio, e che si ritiene possano aiutare a capire meglio cosa successe prima e durante l’attacco. Il problema è che quei messaggi non si trovano più: il Dipartimento di Sicurezza Nazionale, che supervisiona il Secret Service, ha accusato l’agenzia di averli cancellati dopo aver ricevuto la richiesta di renderli pubblici.
Secondo il Secret Service, invece, i messaggi sono andati persi solo in parte, e durante una “sostituzione di dispositivi programmata” – cioè dopo aver rimpiazzato gli smartphone dove erano archiviati – avviata prima che arrivasse la richiesta di presentarli: ma in ogni caso, dice l’agenzia, nessuno era rilevante per le indagini.
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La commissione la pensa diversamente e vuole leggere questi messaggi, e ha quindi intimato all’agenzia di recuperarli in qualche modo. I parlamentari vogliono anche capire se la versione sulla loro presunta cancellazione sia vera oppure se sia avvenuta in un tentativo di insabbiare quanto accaduto.
In particolare, i messaggi interessano alla commissione per via delle rivelazioni di Cassidy Hutchinson, 26enne assistente del capo di gabinetto di Trump Mark Meadows. Secondo Hutchinson, dopo l’ormai famoso comizio che precedette l’assalto, Trump chiese al suo autista (del Secret Service) di condurlo al Congresso, verosimilmente per guidare la folla, nonostante fosse al corrente che c’erano persone armate. Quando il suo autista si rifiutò, secondo Hutchinson, Trump lo prese per il collo cercando di impossessarsi del volante dell’auto presidenziale.
La commissione sospetta che quei messaggi, se fosse possibile recuperali con una procedura informatica, potrebbero fornire informazioni importanti su come il Secret Service programmasse di assicurare la sicurezza di Trump e del vice presidente Mike Pence il 6 gennaio. E che sulla base di quelle informazioni e di quelle su come sono andate poi effettivamente le cose si possano ottenere delle prove a sostegno della tesi secondo cui l’attacco non fu semplicemente una manifestazione di protesta sfuggita di mano, bensì facesse parte di un piano più ampio portato avanti da Trump e dai suoi collaboratori per ribaltare il risultato delle elezioni presidenziali del 2020.