A Marano di Napoli l’acqua c’è, ma finisce per strada
Nel comune con il record di scioglimenti per infiltrazione mafiosa la rete idrica è disastrata per le perdite e gli allacciamenti abusivi
A Marano, comune di poco più di 57 mila abitanti a nord di Napoli, al confine con il quartiere di Chiaiano, molti cittadini sono da mesi senz’acqua. Altri ne hanno poca, dai rubinetti ne scende appena un rivolo per poche ore al giorno. Ma la siccità non c’entra: ci sono strade, a Marano, che si sono trasformate in torrenti, alcune sono perennemente allagate. L’acqua c’è, solo che non arriva nelle case.
La causa, spiega il consigliere regionale di Europa Verde Francesco Emilio Borrelli, è «una delle reti idriche peggiori d’Italia, insieme a quella fognaria». Gli impianti della rete idrica sono rotti, per anni lasciati senza manutenzione; gli allacciamenti abusivi sono migliaia, e le falle nell’acquedotto moltissime. In Campania è stimata una perdita di rete di circa il 50% del totale dell’acqua, ma fare stime a Marano è ancora più difficile.
Marano ha, tra i comuni italiani, un primato: quello degli scioglimenti per infiltrazioni della criminalità organizzata, quattro. Il comune venne sciolto una prima volta nel 1991 quando furono coinvolti tutti i partiti. Accadde ancora nel 2004: a essere sciolta fu allora una giunta di sinistra (il Tribunale amministrativo regionale poi annullò lo scioglimento). Nel 2016 fu invece sciolta la giunta di centrodestra. Nel 2021 nuovo scioglimento di una giunta di centrosinistra.
Le motivazioni che hanno portato allo scioglimento del 2021 sono, per fare alcuni esempi: mancati abbattimenti di beni riconducibili a soggetti contigui alla camorra; mancata attuazione di procedimenti disciplinari nei confronti di dipendenti rinviati a giudizio; mancata rilevazione di abusi edilizi; permessi per costruire illegittimi rilasciati a soggetti collegati, direttamente o indirettamente, a famiglie di camorra; immobilismo degli uffici e della macchina amministrativa su temi particolarmente delicati come beni confiscati alla mafia e strutture abusive, come una scuola parificata e un garage di proprietà di boss o familiari di boss.
«Qui», dice ancora Borrelli, «la camorra è sempre stata presente e determinante, sia che abbia governato la sinistra sia la destra. Le logiche e le dinamiche sono sempre state le stesse. I soldi sono stati depredati e dei servizi per i cittadini non si è mai occupato nessuno. Con gli anni è andato tutto in malora, e la rete idrica ne è l’esempio».
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L’ultimo scioglimento è stato deciso con decreto del presidente della Repubblica nel giugno del 2021. Quando subito dopo,si insediarono i tre commissari prefettizi, in Comune arrivò una busta con tre proiettili: «Erano proprio tre, come tre siamo noi, indirizzati chiaramente a noi», ha detto a Sky Tg24 uno dei tre commissari, Valentino Antonetti.
Il problema dell’acqua, a Marano, è antico. Il centro della cittadina viene rifornito da un impianto che si trova a Chiaiano, mentre le zone periferiche ricevono acqua da un impianto che si trova nel quartiere Camaldoli con un sistema antiquato e in pessimo stato. L’acqua scende in invasi e poi viene fatta risalire utilizzando pompe di sollevamento che però non funzionano, oppure funzionano a singhiozzo. Le pompe avrebbero bisogno di nuovi pezzi che sostituissero quelli vecchi e malridotti. In più le falle sono tantissime, le perdite continue hanno bisogno di rattoppi ma è un inseguimento infinito: si chiude una falla e se ne apre un’altra.
Fino a qualche anno fa i dipendenti comunali erano 300: tra questi c’erano anche tecnici fontanieri che, assieme a ditte private, si occupavano delle riparazioni urgenti. Ora i dipendenti comunali sono 90 e i tecnici per le riparazioni non ci sono più. In più, in uno dei tre impianti di sollevamento è stato rubato tutto il rame e sono stati portati via anche alcuni pezzi: è stato reso, insomma, inutilizzabile.
A tutto questo si aggiunge il fatto che gli allacciamenti abusivi sono tantissimi: molte utenze non sono mai state censite e i canoni quindi mai pagati. La precedente gestione commissariale, nel 2016, aveva accertato che le utenze idriche mai censite erano circa il 30% del totale. Secondo quanto ha scritto il quotidiano Il Mattino, il comune acquistava dal sistema di acquedotto regionale circa 10 milioni di litri d’acqua ma nei bilanci ne risultavano pagati tre milioni. A versare il canone erano solo 16 mila cittadini.
Il peso economico di chi evade il canone si riversa insomma anche su chi è in regola, e questa situazione esisteva anche quando l’acqua ai rubinetti arrivava. I controlli sugli abusi sono in realtà pochissimi: in una città di 57 mila abitanti gli agenti della polizia locale sono solo nove. I tre commissari prefettizi hanno ora chiesto di «potenziare l’attività di accertamento, poiché il tasso di evasione e morosità risulta essere eccessivamente elevato».
«In alcuni negozi e supermercati», dice Borrelli, «le confezioni d’acqua da sei bottiglie da un litro e mezzo vengono vendute a dieci euro invece che a 2,50 o 3 euro». Molti hanno poi aperto attività abusive con autobotti e vendono in nero l’acqua anche a 150 euro al mese, a cui fanno ricorso anche cittadini che pagano regolarmente per l’allacciamento.
Le autobotti della Protezione civile tentano di arginare la situazione come possibile. Alcuni condomini si sono dotati di una cisterna condominiale, altri vanno a recuperare l’acqua in comuni vicini, dove però non sempre la situazione è migliore. «Nel vicino comune di Giugliano», dice ancora Borrelli, «ci sono famiglie che hanno costruito la piscina abusiva nella propria villa rubando l’acqua agli altri».
I commissari prefettizi hanno detto a Sky Tg24 di «aver trovato cinque milioni di euro per rifare gli impianti di sollevamento dell’acquedotto, cosa che non è mai stata fatta in questo comune». Quando si insediarono, i commissari trovarono un disavanzo superiore agli otto milioni di euro: «Non potevamo muovere un euro. Ora il bilancio è stato approvato e i problemi, anche se complicati, stiamo cercando di risolverli».
Ci vorrà tempo, e c’è sempre il rischio che la camorra tenti di inserirsi negli appalti che assegneranno i lavori di rifacimento degli impianti. A Marano il clan dominante è stato a lungo quello dei Nuvoletta, potentissimo fino agli inizi degli anni Duemila. I Nuvoletta erano tra l’altro clan di punta della Nuova Famiglia, l’organizzazione che si opponeva alla Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo. Tra il 1979 e il 1983, nella guerra di camorra che si concluse con la vittoria della Nuova Famiglia, ci furono 900 omicidi. Ora ai Nuvoletta, sempre presenti ma meno potenti, nella zona di Marano si sono affiancati i Polverino, guidati da Beppe o’barone, e gli Orlando il cui capo storico è Antonio o’ mazzolino.
Per dare un’idea dell’influenza che ancora i clan camorristici possono avere a Marano, Borrelli ricorda che nella chiesa principale della città era esposto un quadro regalato dal clan dei Nuvoletta che è stato rimosso solo dopo anni, grazie a una campagna del quotidiano il Mattino e all’intervento di don Mimmo Battaglia, dal 2020 arcivescovo di Napoli.
Un’idea dell’influenza dei clan camorristici a Marano la dà anche il fatto che la polizia municipale quest’anno ha emesso un’ordinanza per impedire che la statua della Madonna delle Grazie, il 3 luglio, passasse in processione sotto casa del boss Giuseppe Polverino. Un’usanza difficile da sradicare: la processione passa sotto casa del boss per rendere omaggio e dare quasi un segnale di sottomissione. La polizia locale ha modificato il tracciato comunicato dal parroco al comune perché, è stato scritto nell’ordinanza, «era fondato il sospetto che la statua potesse entrare in viali, anche privati, dove tuttora risiedono stretti congiunti del capoclan Giuseppe Polverino».
L’ordinanza ha dovuto ribadire che «sul territorio di Marano, e in particolare nel quartiere Torre Caracciolo, valgono esclusivamente le regole imposte dallo Stato italiano e giova pertanto ribadire che la processione deve attenersi scrupolosamente al percorso che vi abbiamo proposto, in considerazione del fatto che la vostra richiesta, di discostarsi da via Marano-Pianura e via Romano, non può in alcun modo essere accolta».
Il comune ha il timore che si ripetano imbarazzi istituzionali come quello avvenuto quattro anni fa quando Francescopaolo Di Menna, commissario prefettizio, presiedette la giuria di un evento legato al concorso di bellezza di Miss Italia in cui c’era anche Vincenzo Polverino, figlio di Beppe o’barone. Quando un collaboratore lo avvertì, il prefetto si alzò dal tavolo della giuria e se ne andò.