Il Movimento 5 Stelle non voterà la fiducia al Senato
Il leader Giuseppe Conte ha detto che il suo partito uscirà dall'aula sul decreto Aiuti, aprendo una possibile crisi di governo
Il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte ha annunciato che giovedì il suo partito non voterà la fiducia nel voto previsto al Senato sul decreto Aiuti, con una decisione che rischia di aprire una crisi di governo. In una riunione congiunta che si è tenuta nella serata di mercoledì, Conte ha detto che «noi domani non parteciperemo al voto», anticipando che i senatori del M5S usciranno dall’aula.
Il governo con ogni probabilità avrà comunque la maggioranza numerica al Senato, ma in questi giorni il presidente del Consiglio Mario Draghi e altri esponenti politici avevano detto più volte che senza il sostegno del M5S il governo, nato nel febbraio del 2021 con un’alleanza trasversale di partiti, avrebbe perso il suo scopo e sarebbe quindi finito, per una questione di opportunità politica.
Nonostante varie trattative e pressioni, il M5S ha deciso di andare avanti con la decisione di non votare il decreto Aiuti, che contiene una serie di misure sgradite al partito, anche se sembra aver proposto alcune soluzioni per continuare a sostenere il governo. Ci sono in sostanza due scenari principali: il M5S non vota la fiducia, e Draghi si dimette; il M5S non vota la fiducia, Draghi va a parlare col presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e torna alle camere a verificare la maggioranza. Nel primo caso, si andrà con ogni probabilità a elezioni anticipate; nel secondo, c’è la possibilità che il M5S decida di accordare in un secondo momento la fiducia, mantenendo in piedi il governo.
C’è però grande incertezza su cosa voglia fare Draghi, che stando ai retroscena politici sembra più incline a considerare finita l’esperienza di governo, venuta a mancare la fiducia del M5S sul decreto Aiuti. I partiti di destra, sia la Lega che è nella maggioranza sia Fratelli d’Italia che è all’opposizione, hanno chiesto che a questo punto si vada a votare: le elezioni anticipate potrebbero tenersi in autunno.
Gli altri partiti per ora sembrano più cauti, e si stanno con ogni probabilità valutando possibili soluzioni alternative: è probabile che entro la fine di giovedì si capirà se la crisi di governo si concretizzerà.
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La decisione comunicata da Conte è arrivata dopo giorni in cui erano aumentate le tensioni interne alla maggioranza che sostiene il governo Draghi. Molte di queste tensioni ruotano proprio intorno al Movimento 5 Stelle, che già lunedì non aveva partecipato al voto finale alla Camera sul decreto Aiuti, dopo aver votato però la fiducia al governo.
Dopo la scissione interna al M5S seguita all’uscita del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, avvenuta peraltro dopo un risultato molto deludente alle elezioni amministrative di giugno, le tensioni tra Conte e Draghi erano aumentate per via delle dichiarazioni del sociologo Domenico De Masi, considerato vicino a Conte, secondo cui Draghi avrebbe chiesto al fondatore del M5S Beppe Grillo di rimuovere Conte da leader. Queste accuse erano state estesamente smentite, ma avevano creato qualche sommovimento nella maggioranza.
Conte aveva cercato di far riguadagnare una qualche centralità al Movimento avanzando al governo Draghi una serie di proposte politiche vagamente identitarie del partito: su tutte il rinnovo del Superbonus edilizio, un rafforzamento del reddito di cittadinanza, lo stralcio dal decreto Aiuti di una norma che consentirebbe la costruzione di un termovalorizzatore per rifiuti a Roma (a cui il M5S si oppone molto duramente). La settimana scorsa Conte aveva poi parlato con Draghi e subito dopo aveva definito le proposte del Movimento come delle «urgenze che non richiedono una pronta risposta». La crisi, insomma, sembrava tutto sommato rientrata, e le trattative per un compromesso sembravano avviate.
Nell’ultima settimana però sembra siano aumentate le pressioni su Conte perché decida di far uscire il Movimento dalla maggioranza: sui giornali sono uscite sempre più interviste di deputati e senatori del Movimento critiche contro Draghi, mentre quasi quotidianamente i sondaggi registrano cali di consenso per il partito. Sembra che sempre più persone intorno a Conte, insomma, si stanno convincendo che l’unico modo per riguadagnare qualche consenso perduto è proprio quello di assumersi la responsabilità di avere fatto cadere il governo Draghi.
Nei giorni scorsi il M5S aveva votato la fiducia alla Camera al governo, ma si era astenuta sul decreto Aiuti, innescando la crisi che si potrebbe concretizzare giovedì. Non è una crisi parlamentare, perché il governo Draghi dovrebbe continuare ad avere la maggioranza alla Camera e al Senato, bensì politica. Se il governo dovesse cadere, le elezioni si terrebbero con ogni probabilità in autunno, con alcuni mesi di anticipo rispetto alla fine prevista della legislatura, all’inizio del 2023.