Cos’è questa storia della mancanza di anidride carbonica
Alcuni produttori di acqua e bevande gasate dicono di essere in difficoltà, ma non è chiaro quanto sia esteso il problema
La scorsa settimana ASSOBIBE, l’associazione che rappresenta le imprese che producono bevande analcoliche in Italia, ha segnalato che alcuni produttori sono in difficoltà nel reperimento dell’anidride carbonica (CO2) necessaria per rendere gasate l’acqua e varie altre bibite. Al momento non ci sono dati per valutare quanto sia esteso il fenomeno, che alcuni mesi fa si era verificato anche nel Regno Unito. Dalle segnalazioni di alcune aziende, le cause sembrano essere riconducibili ai crescenti costi dell’energia e alla crisi delle materie prime legata alla pandemia da coronavirus.
Alberto Bertone, presidente di Acqua Sant’Anna, uno dei principali marchi di acqua in bottiglia in Italia, in una intervista dell’8 luglio sulla Stampa aveva detto di aver dovuto ridurre la produzione di acqua gasata proprio a causa della mancanza di anidride carbonica «letteralmente introvabile». Circa un terzo della produzione di acqua e bibite dell’azienda viene addizionata con la CO2 per essere resa gasata, di conseguenza potrebbero esserci forniture ridotte nei negozi e nei supermercati.
Altri produttori di CO2 non avevano segnalato grandi difficoltà: in molti casi dispongono di scorte a sufficienza per proseguire la produzione e nel frattempo provare a reperire presso nuovi fornitori l’anidride carbonica. Per questo motivo dare una dimensione al problema è complicato, nonostante alcuni giornali abbiano pubblicato articoli piuttosto allarmati sulla possibilità di un’estate “senza bibite gasate”.
La CO2 che solitamente viene impiegata per rendere gasate acqua e bibite deriva soprattutto dagli impianti che la ottengono come prodotto di scarto da altre lavorazioni in ambito chimico, nella preparazione di fertilizzanti oppure di altri composti chimici. In Italia uno degli impianti più importanti per la produzione di anidride carbonica per il settore alimentare è lo stabilimento di Ferrara della società YARA. L’impianto produce ammoniaca e urea, e da questi processi rimangono grandi quantità di CO2 che invece di essere dispersa nell’atmosfera viene trattenuta, liquefatta ad alta pressione, controllata e poi distribuita alle aziende del comparto alimentare.
Come altri impianti industriali chimici, lo stabilimento di Ferrara impiega grandi quantità di gas metano, una risorsa che negli ultimi mesi è diventata sempre più costosa a causa della forte domanda nella ripresa industriale dopo la pandemia e per via della guerra in Ucraina. Proprio a causa dell’aumento del prezzo del metano, l’impianto di YARA ha ridotto sensibilmente la produzione e di conseguenza distribuisce meno CO2. Al momento non è chiaro quando saranno rivisti e riavviati alcuni cicli produttivi. La società fornisce anidride carbonica anche ad alcuni impianti di Coca-Cola in Italia, che però finora ha comunicato di non avere particolari difficoltà nel reperimento della CO2 necessaria per gasare le proprie bibite.
L’anidride carbonica è presente naturalmente nell’atmosfera terrestre ed è un prodotto di scarto dei processi di respirazione di buona parte degli esseri viventi. Entro certe quantità, permette alla Terra di mantenere il calore assorbito dal Sole, necessario per la vita. Nell’ultimo secolo la concentrazione di CO2 nell’atmosfera è però aumentata enormemente a causa delle emissioni prodotte dalle attività umane, al punto da ridurre molto la capacità del nostro pianeta di cedere parte del calore assorbito.
Anche se la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera è aumentata sensibilmente, con le tecnologie odierne è difficile sottrarne a sufficienza per utilizzarla per altri scopi, compresi i processi industriali per rendere gasate le bibite. Gli impianti devono lavorare per molto tempo prima di sottrarre quantità adeguate di CO2, rendendo il processo economicamente poco sostenibile, soprattutto considerato il basso costo cui viene solitamente venduta questa sostanza. Le tecnologie per migliorare i sistemi di sottrazione dell’anidride carbonica iniziano a essere disponibili, al punto da essere considerate un’importante risorsa per ridurre la quantità di CO2 nell’atmosfera e mitigare il riscaldamento globale.
Anche se alcune aziende producono CO2 con i metodi di sottrazione dall’atmosfera, a oggi tutti i principali fornitori rimangono aziende che producono altre sostanze, o che lavorano proprio per produrre direttamente anidride carbonica. In questo caso si utilizzano metano e vapore d’acqua ad alta temperatura (circa 800 °C), ottenendo CO2 che viene poi impiegata nel settore alimentare. Il prodotto finale ha un prezzo di vendita relativamente basso, di conseguenza se i costi energetici per produrlo aumentano molto viene a mancare la convenienza per l’azienda che se ne occupa.
Secondo ASSOBIBE, i problemi sul reperimento della CO2 per i produttori italiani derivano anche dalle difficoltà di trasporto. Il prodotto deve essere spostato sotto pressione e a temperatura controllata, spesso con camion appositi, in un periodo in cui il settore della logistica è in forte difficoltà sia a causa del costo dei carburanti sia per la mancanza di personale.
Al momento il problema della mancanza di CO2 nel settore alimentare non è stato segnalato in altri paesi ed è comunque difficile fare valutazioni accurate sulla sua dimensione in Italia. Il settore è molto importante, considerato che l’Italia è tra i più grandi paesi consumatori di acqua in bottiglia, ed è in fermento anche a causa della prossima entrata in vigore della cosiddetta “sugar tax”, una imposta sulle bevande che contengono molti zuccheri.
La legge aveva finora subìto numerosi rinvii, ma salvo nuove decisioni del governo dovrebbe entrare in vigore all’inizio del prossimo anno. Come associazione di categoria, ASSOBIBE ha cercato di legare il problema dell’anidride carbonica a quello della “sugar tax”, ricordando che potrebbe aggiungere ulteriori problemi a un settore già in difficoltà, anche se al momento non sembra che rimarremo senza bevande gasate.