Da spia nella Germania Ovest a leader neonazista
Rainer Sonntag fu informatore dell'allora agente del KGB Vladimir Putin prima di diventare un martire dell'estrema destra
Verso la mezzanotte del 31 maggio 1991, Rainer Sonntag stava andando a un bordello di Dresda, in quella che fino a poco tempo prima era la Repubblica Democratica Tedesca (DDR), ossia la Germania Est. Non ci stava andando come cliente, ma come leader di un movimento neonazista impegnato in un’opera moralizzatrice: lui e i suoi seguaci vigilanti prendevano di mira contrabbandieri di sigarette, spacciatori e bische clandestine, arrestando i responsabili e consegnandoli alle forze dell’ordine. Spesso organizzavano spedizioni violente anche contro persone straniere. Appena arrivarono al bordello comparvero anche i gestori, il greco Nicolas Simeonidis e il suo partner, Ronny Matz, su una Mercedes nera. Simeonidis brandiva una pistola che agitò verso Sonntag gridando: «Lasciateci in pace!».
Sonntag non era armato, ma lo affrontò lo stesso senza paura. Si avvicinò a Simeonidis, che si trovava al posto di guida della macchina, e disse: «Forza, avanti! Spara!», cercando di aprire lo sportello. Ci fu una colluttazione, Matz dal sedile posteriore spruzzò dello spray al peperoncino contro Sonntag e poi partì un colpo. Simeonidis richiuse lo sportello e andò via sgommando, lasciando Sonntag per terra in una pozza di sangue, con un foro alla testa.
Dopo quell’episodio, Sonntag diventò una specie di martire del neonazismo e vennero organizzate in suo onore celebrazioni e manifestazioni. Ma la sua storia, che l’Atavist Magazine ha ricostruito in un lungo articolo, inizia da molto prima delle ronde moralizzatrici a Dresda. È la storia di un criminale che diventò una spia e poi un leader neonazista di un movimento le cui tracce sono ancora visibili nella Germania di oggi. E tra i personaggi principali non ci sono solo molti agenti segreti, ma anche Vladimir Putin, attuale presidente della Russia, e il leader neonazista Michael Kühnen.
Sonntag era nato nel 1955 a Dresda con il nome di Rainer Mersiowsky. Non conobbe mai suo padre e quindi prese il cognome del suo padre adottivo. A scuola ebbe un rendimento discontinuo, gli insegnanti lo descrivevano come menefreghista, incostante e indisciplinato. Ripeté il penultimo anno ma alla fine riuscì a diplomarsi.
Dopo la scuola le strutture politiche della DDR lo indirizzarono nella vita del Partito socialista come agitatore e propagandista. Iniziò anche un apprendistato come operaio, ma la vita del comunista medio con un lavoro onesto non faceva per Sonntag: già tra il 1972 e il 1973 la Stasi, la temibile polizia segreta della DDR, lo aveva messo sotto sorveglianza dopo che aveva aggredito un suo coetaneo a una pista di pattinaggio. Un’altra volta, durante una partita di calcio, Sonntag fece un coro offensivo contro l’Unione Sovietica. Nella Germania comunista dell’epoca tanto bastava per attirare l’attenzione della Stasi.
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Lo stato di sorveglianza permanente serviva anche a impedire che troppi tedeschi oltrepassassero la frontiera con la Germania Ovest. Dalla Seconda guerra mondiale e fino al 1990 la Germania fu divisa in due: la DDR socialista, a est, dipendeva dall’Unione Sovietica; la Repubblica Federale Tedesca, a ovest, era nell’Unione Europea, aveva rapporti con gli Stati Uniti e faceva parte della NATO. La Germania era insomma il paese europeo in cui la Guerra fredda tra blocco occidentale e blocco comunista era più visibile.
Da quando il muro di Berlino era stato costruito, nel 1961, circa 150mila cittadini della DDR erano riusciti a scappare nella Germania Ovest. In molti sognavano l’abbondanza e il benessere che sembrava ci fosse al di là della frontiera, e che i cittadini della DDR ogni tanto riuscivano a captare sintonizzando le antenne dei televisori sulle frequenze occidentali, per guardare le trasmissioni e le pubblicità trasmesse dall’altra parte. Tra questi c’erano anche Sonntag e tre suoi amici, che progettarono una partenza clandestina verso la Germania Ovest per l’estate del 1973.
Alla fine solo uno degli amici seguì Sonntag, ma il viaggio fu breve. La Stasi sapeva tutto e fermò i due quando ancora erano in Cecoslovacchia. Sonntag venne condannato a 18 mesi di prigione e lavori forzati, la prima condanna di una lunga serie.
L’Atavist Magazine, che ha basato la sua ricostruzione su decine di interviste fatte a militanti neonazisti, ex spie e testimoni, scrive che non è chiaro quando Sonntag sia diventato di estrema destra. Ma di certo nelle prigioni della DDR era impossibile non essere esposti a certe tendenze politiche: «Il sistema carcerario della Germania dell’Est in pratica era un’università del nazismo; le celle erano piene di estremisti e criminali di guerra che facevano bella mostra dei propri ideali e raccoglievano nuove reclute». Per alcuni detenuti il nazismo era più che altro una forma di opposizione al regime della DDR che li aveva incarcerati, il modo più semplice per manifestare dissidenza e – paradossalmente – ribellione nei confronti dell’autorità.
Uscito di prigione, Sonntag fu costretto a diventare informatore della polizia di Dresda. Accettò, perché rifiutarsi significava tornare in prigione, ma nel frattempo continuò a progettare la sua fuga dalla DDR. Ci riprovò nel 1975 nascondendosi nel bagagliaio di una macchina, ma di nuovo fu fermato, stavolta in Polonia. Si fece tre anni e mezzo di prigione, uscì, ma dopo poco si fece arrestare di nuovo per furto. Uscì definitivamente dal carcere solamente nel 1981. Il suo proposito di rifarsi una vita al di là della frontiera, comunque, resisteva.
After drifting through Frankfurt’s red-light district, Sonntag became chief enforcer to Michael Kühnen, West Germany’s top neo-Nazi.
Together they set out to make the town of Langen, their base, ‘ausländerfrei’ – foreigner free. (6/13) pic.twitter.com/IQvVcXJM1C
— SourceMaterial (@Source_Mat) July 7, 2022
La sua occasione arrivò quando le autorità decisero di incrementare il numero di prigionieri scambiati con la Germania Ovest in cambio di un riscatto. Era una pratica che andava avanti da anni: in teoria i leader della Germania federale accettavano di accogliere dissidenti politici che si opponevano alla DDR, ma di fatto non avevano il modo di controllare chi fossero. Alla frontiera, i funzionari verificavano che non si trattasse di spie e poi venivano lasciati liberi di farsi una vita nel paese.
Ovviamente le domande che le autorità della DDR ricevevano per andare in Germania Ovest in questo modo erano molte di più di quelle accettate, tuttavia negli anni Ottanta le maglie si erano allargate e Sonntag fece un tentativo. Era il 1986. Per sua fortuna, la domanda di Sonntag venne intercettata da Georg Johannes Schneider, l’agente di polizia che l’aveva reclutato anni prima come informatore. Schneider nel frattempo era diventato ufficiale del K1, una divisione speciale delle forze di polizia alle dipendenze del Ministero dell’Interno che collaborava con il KGB, il servizio segreto sovietico.
Il ruolo del K1 era di supportare il lavoro di sorveglianza interna della Stasi, in particolare sulle persone sospettate di voler uscire dalla Germania Est. Il compito del KGB in Germania, invece, e in particolare a Dresda, era di reclutare nuovi agenti, collaborando per quanto possibile con il K1 e la Stasi. Vladimir Putin era uno degli agenti che aveva questo compito: era arrivato a Dresda nell’agosto del 1985 da San Pietroburgo, aveva fatto una rapida carriera ed era arrivato in poco tempo a diventare il referente diretto della Stasi per il KGB. Era anche a capo di una piccola squadra di agenti del K1 e del KGB che collaborava con l’ufficio di Schneider.
Un’ex spia che conobbe Putin all’epoca scrisse che «sapeva come essere educato, amichevole, altruista e discreto» e che era anche in grado «convincere chiunque» di qualunque cosa. Non era un ideologo, anche se sapeva come comportarsi da vero comunista. Secondo l’ex spia, però, in fondo era «un pragmatico, uno che pensa una cosa ma ne dice un’altra».
In questo contesto opaco e informale di agenzie di sicurezza che un po’ si ostacolavano e un po’ collaboravano, Schneider riuscì a tirare dentro la sua squadra anche un agente della Stasi, Klaus Zuchold. In poco tempo, i tre svilupparono una rete di una ventina di informatori e potenziali reclute a Dresda assai preziose per Putin, che infatti ottenne ulteriori avanzamenti di carriera.
Nella loro rete di informatori, uno come Sonntag sarebbe stato utile. Schneider sapeva che Sonntag era ormai diventato un convinto estremista di destra, uno che come secondo lavoro contrabbandava oggetti e memorabilia nazisti. Perché non mandare uno come lui in Germania Ovest, rendendolo un elemento in grado di portare caos al clima politico ma anche mandare informazioni al KGB e alla Stasi dal blocco occidentale?
Sonntag venne mandato a Francoforte, dove si mischiò con la scena criminale della città. D’altra parte era stato in carcere, sembrava non avere paura di niente e faceva a cazzotti facilmente. Trovò lavoro come portiere in un bordello, e mentre acquisiva informazioni sulla piccola criminalità di Francoforte le riferiva a Schneider e a Putin, non è chiaro come. All’epoca la Stasi restava in contatto con le proprie spie incontrandole in Ungheria o in Cecoslovacchia, oppure alle stazioni di servizio lungo l’autostrada che collegava l’Est e l’Ovest. I più fidati ricevevano una radio per comunicare, ma forse non era questo il caso di Sonntag, almeno ai primi tempi.
Non è chiaro neanche il perché Sonntag decise di continuare a fare da informatore: al di là della frontiera nessuno lo obbligava, avrebbe potuto benissimo far perdere le sue tracce, ma non lo fece.
Nel 1988, Sonntag entrò in contatto con il principale leader neonazista tedesco dell’epoca, Michael Kühnen. Kühnen tra gli anni Settanta e Ottanta aveva fondato una serie di partiti neonazisti che puntualmente venivano dichiarati illegali dal governo e che puntualmente ricomparivano con un nuovo nome: Assemblea Nazionale, Lista Nazionale, Alternativa Tedesca, Patto del Nuovo Fronte.
L’attività politica di Kühnen si concentrò in particolare in una piccola città a sud di Francoforte, Langen, dove c’era un grosso centro di accoglienza per i rifugiati. In una dinamica classica della propaganda di estrema destra, il movimento di Kühnen sfruttò la presenza dei rifugiati e la lentezza dell’amministrazione nel trasferirli dal centro di accoglienza, radicalizzando i residenti di Langen e aizzandoli contro i migranti.
Dieses Foto aus dem Jahr 1990 zeigt damalige Neonazi-Größen in Dresden. Links neben Gottfried Küssel (rechts) steht Rainer Sonntag, der für den russischen KGB arbeitete, sein Führungsoffizier war damals Wladimir Putin. Mehr dazu in dieser Recherche: https://t.co/RR8M6E6cHN pic.twitter.com/1HQXEG7zwQ
— Markus Sulzbacher (@msulzbacher) July 2, 2022
Sonntag scalò velocemente le posizioni all’interno del movimento, guadagnandosi la fiducia di Kühnen e diventando in pratica il suo secondo. Quando Kühnen si ammalò di AIDS, alla fine degli anni Ottanta, Sonntag di fatto passò al comando del movimento diventando un asset preziosissimo per Schneider e Putin: il loro obiettivo era avere informatori ai più alti livelli politici, e tutto sommato il movimento neonazista fondato da Kühnen stava acquisendo forza dopo il radicamento a Langen. I documenti consultati dall’Atavist Magazine tuttavia non specificano che genere di informazioni fornì Sonntag ai suoi referenti.
Con la caduta del muro di Berlino nel 1989, la struttura con cui Sonntag si era interfacciato per anni si dissolse e si aprì la strada per mettere in atto un piano che i neonazisti in Germania Ovest organizzavano da tempo: una rivoluzione neonazista nella DDR, che prese il nome di Arbeitsplan Ost, “Piano Est” in tedesco. Nessuno meglio di Sonntag, con i suoi contatti a Dresda, poteva mettere in atto questo piano. Perciò, nel 1990, quando la Germania si era ormai riunificata, tornò nella sua città di origine. Trovò nuovamente Schneider, che era tornato a fare quello che faceva quando si erano conosciuti: il poliziotto.
Nonostante i tempi fossero cambiati, il rapporto tra Schneider e Sonntag restò immutato. Il primo voleva tenere sotto controllo la situazione che si era creata in città a seguito della dissoluzione della DDR: era in corso una guerra tra bande di anarchici e neonazisti contro bande estremisti di sinistra, ma Schneider voleva che nessuna delle due fazioni avesse la meglio sull’altra, e usava Sonntag per alimentare il caos. A Sonntag invece faceva comodo avere dalla sua la polizia, perché significava non essere disturbato mentre portava avanti la sua opera di radicalizzazione nei quartieri più poveri di Dresda.
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In poco tempo, Sonntag rese Dresda la nuova capitale tedesca del neonazismo: organizzava ronde, spedizioni violente contro esercizi commerciali e frequenti attacchi violenti contro migranti e stranieri. La polizia intanto «si girava dall’altra parte», scrive l’Atavist Magazine, proprio in virtù del rapporto che si era sviluppato tra Sonntag e Schneider. Ma presto quest’ultimo si rese conto che la situazione gli stava sfuggendo di mano, perché Sonntag continuava ad attrarre nuove reclute. Dresda diventò la meta dei militanti neonazisti di tutto il paese che andavano lì per vedere e conoscere “lo Sceriffo”, come i militanti avevano preso a chiamare Sonntag.
Quando Sonntag morì, Schneider ne fu probabilmente sollevato. Ma la morte lo rese un martire, al suo funerale si radunarono più di duemila persone che inneggiarono a Sonntag, urlando “Rainer Sonntag è morto, ma la Germania vive!” e “Sieg Heil!”. Secondo l’Atavist Magazine, se c’è qualcuno che sicuramente ha tratto vantaggio da questa storia è Putin, che da presidente della Russia ha mantenuto la tendenza a sfruttare l’estrema destra per i propri scopi politici:
Da quando è diventato presidente per la prima volta nel 2000, ha distillato la neonata democrazia del suo paese in un’autocrazia, uccidendo politici e giornalisti rivali e sostituendoli con oligarchi e con una spietata macchina di propaganda. Nel frattempo ha più volte strumentalizzato l’estrema destra a suo vantaggio. […] L’influenza di Putin può essere avvertita anche nella Germania di oggi, dove il Cremlino ha stretto legami con i membri dell’Alternative für Deutschland [AfD], un partito politico nazionale che abbraccia ideali di antisemitismo e razzismo così aggressivi da essere messo sotto sorveglianza dall’intelligence interna. Il centro dell’AfD è in Sassonia, la regione che comprende Dresda, rimasta roccaforte dell’estrema destra tedesca sin dai tempi di Sonntag.