Stavolta è il Superbonus a mettere in difficoltà il governo

A causa del mancato accordo su una misura proposta dal M5S: ma dopo un colloquio tra Draghi e Conte la crisi sembra rientrata

Il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, e dietro una foto del presidente del Consiglio Mario Draghi
(ANSA/FABIO FRUSTACI)
Il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, e dietro una foto del presidente del Consiglio Mario Draghi (ANSA/FABIO FRUSTACI)
Caricamento player

Dopo le tensioni e i litigi avvenuti nelle scorse settimane dentro alla maggioranza per via della risoluzione sull’invio di nuove armi all’Ucraina – discussione che aveva provocato tra le altre cose una scissione all’interno del Movimento 5 Stelle (M5S) – adesso è il cosiddetto Superbonus edilizio a mettere in difficoltà il governo di Mario Draghi. Il governo ha deciso di porre la questione di fiducia sul “decreto aiuti”, escludendo dal testo alcune modifiche chieste dal M5S. Il voto sulla questione di fiducia sarà giovedì verso le 12.30. Inizialmente si pensava che a questa decisione il M5S potesse rispondere decidendo di uscire dal governo ma, dopo un incontro tra il presidente del Consiglio Mario Draghi e il leader del M5S Giuseppe Conte, questo pericolo sembra rientrato.

Martedì alla Camera sarebbe dovuta iniziare la discussione per convertire in legge il “decreto aiuti” approvato a maggio dal governo: è quello che contiene, tra le altre cose, il bonus da 200 euro per lavoratori e pensionati. La discussione è stata però posticipata a mercoledì pomeriggio, dopo che i partiti non sono riusciti a trovare un accordo su una proposta di modifica da parte del M5S, che chiedeva di eliminare dalla norma sul Superbonus la responsabilità sulla cessione dei crediti.

Il Superbonus permette a chi ristruttura un immobile di cedere le detrazioni fiscali (ovvero il credito di imposta) a banche o professionisti, e in cambio può avere subito i soldi necessari per avviare i cantieri. Il M5S aveva chiesto che nel decreto venisse tolta la responsabilità dell’ultimo titolare del credito da eventuali irregolarità o frodi. Nei mesi scorsi sono stati infatti accertati vari casi di frode, nei passaggi dei crediti da un soggetto a un altro, in cui sono stati venduti o riscossi crediti per lavori mai fatti. Anche per questo motivo il governo aveva limitato prima a una e poi a tre il numero massimo di cessioni del credito consentite.

– Leggi anche: L’ennesimo cambio delle regole sui crediti del superbonus

Al momento chi acquista un credito può essere ritenuto responsabile se non fa i dovuti controlli sulla provenienza dei soldi, ma questo può complicare molto le procedure amministrative per poter accedere al Superbonus: c’è infatti il rischio che banche o professionisti decidano di non acquistare crediti per via del rischio di essere ritenuti responsabili di frodi per non aver fatto controlli, che sono piuttosto lunghi e impegnativi. La proposta del M5S avrebbe reso quindi più semplice la cessione del credito, sollevando gli acquirenti da questi rischi.

Dopo molte discussioni tra i partiti di maggioranza, non è stato però trovato nessun accordo sulla proposta del M5S. Secondo fonti del governo riportate da diversi giornali, il motivo dell’accordo saltato sarebbe la mancanza di fondi per approvare una misura come quella voluta dal M5S, che costerebbe allo Stato circa 3 miliardi di euro.

Dato che il decreto deve essere approvato in via definitiva dal Senato e convertito in legge entro il 16 luglio, per non perdere tempo e rischiare di arrivare all’ultimo momento il governo ha deciso di porre la fiducia sul provvedimento così com’è, quindi senza la misura richiesta dal M5S.

Inizialmente nella giornata di martedì fonti del governo avevano fatto sapere che non sarebbe stata posta la fiducia, e che si sarebbe trovato un accordo con il M5S. Ma un’eventuale concessione su quella proposta, che avrebbe costretto il “decreto aiuti” a tornare in discussione alla commissione Bilancio, era stata fortemente criticata da altri partiti della maggioranza, in particolare Lega, Forza Italia, Italia Viva e Insieme per il futuro (il nuovo gruppo fondato da Luigi Di Maio), che avevano accusato il governo di fare favoritismi al M5S.

Martedì sera l’ipotesi della fiducia era diventata però più concreta, come confermato dal ministro per i Rapporti con il parlamento, Federico D’Incà, del M5S, che ha detto: «In stretto collegamento con la presidenza del Consiglio ho sondato tutte le forze della maggioranza per capire se fosse possibile trovare un accordo per evitare di porre la questione di fiducia sul “decreto aiuti”. La complessità della vicenda ha determinato un ritardo nell’andamento dei lavori. Valuteremo nelle prossime ore come procedere». Fino all’ultimo momento era sembrato che ci fosse ancora spazio per trovare una soluzione, ma alla fine il governo ha deciso di porre la questione di fiducia.

Da settimane si parla di una possibile uscita del M5S e di un appoggio esterno al governo, un modo per poter arrivare alle elezioni politiche del prossimo anno da una posizione migliore di quella attuale e provare quindi a recuperare voti. Draghi nei giorni scorsi aveva escluso del tutto questa possibilità, dicendo che «il governo è nato con i 5 Stelle, non si accontenta di un appoggio esterno», ma i nuovi litigi sul Superbonus sembrano mettere in crisi nuovamente il fragile equilibrio nella maggioranza.

Nel pomeriggio di mercoledì il M5S ha diffuso un documento in cui Conte, rivolgendosi a Draghi, parla della «condizione di profondo disagio politico che la Comunità del Movimento 5 Stelle sta vivendo ormai da tempo, ancor più acuita dagli accadimenti più recenti» e in cui presenta, divisi in nove punti, alcuni temi che il M5S vorrebbe venissero affrontati affinché il MS5 resti nel governo. Uno dei nove punti riguarda il Superbonus, altri riguardano, tra gli altri, cashback, salario minimo e reddito di cittadinanza.

– Leggi anche: Fare una scissione conviene?